Editoriale | 03 marzo 2024, 12:15

Se pubblichi atti giudiziari ti mando a processo; se li conservi, pure...

Se pubblichi atti giudiziari ti mando a processo; se li conservi, pure...

Il controllo su un popolo non può prescindere dal controllo sulla stampa. Sulle notizie, sulle informazioni. Non sulle bufale, ci mancherebbe: quelle sono auspicate e anzi molto spesso organizzate ad hoc da poteri centrali. Quello che fa paura sono le notizie fondate, quelle vere e innegabili perché comprovate da documenti circostanziati. La riforma Nordio - che vieta la pubblicazione anche parziale di ordinanze di custodia almeno sino al termine dell'udienza preliminare - sembra costruita proprio su questa paura, ma ne è soltanto uno dei tentacoli.

Ecco che allora dai cilindri di alcuni Torquemada schizzano inchieste su dossieraggi fantomatici anzi totalmente inesistenti, contestati a giornalisti che hanno il solo 'torto', per chi li accusa ingiustamente, di svolgere con scrupolo e onestà il loro lavoro. Obiettivo non secondario è anche quello di colpire le loro fonti anzi, nel caso dell'inchiesta avviata dalla denuncia di Crosetto si è partiti proprio dalla fonte, il finanziere Pasquale Striano, per arrivare a perseguire, o meglio a perseguitare, i cronisti. I quali tutte le informazioni ricevute da Striano (senza, da parte loro, alcuna violazione o abuso del sistema informatico) le hanno pubblicate non appena è stato possibile, non se le sono tenute chiuse nei cassetti e men che meno se ne sono serviti per ricattare chicchessia. Quindi Trocchia, Tizian e Vergine non hanno 'dossierato' nessuno e niente, devono rispondere di un reato che sta soltanto nelle elucubrazioni di chi li accusa. La 'fabbrica di dossier' è risultata come le armi chimiche di Saddam Hussein: non c'è! 

Curioso e contraddittorio questo Potere, che non potendo impedire ai giornalisti di trovare e possedere atti di indagini vieta loro di pubblicarli ma, se ritiene che li posseggano, li accusa di dossieraggio asserendo che li conservano nei cassetti!

E allora che ne faremo delle tante carte di inchieste giudiziarie custodite negli armadi delle redazioni? Delle chiavette, alcune mai aperte perché non siamo guardoni, contenenti centinaia di intercettazioni? Dei PDF delle ordinanze di custodia o dei 415 bis? Li teniamo nei cassetti con il rischio di essere accusati di pericoloso dossieraggio o pubblichiamo tutto e vediamo cosa succede? La domanda è seria e richiede una risposta non soltanto istituzionale ma etica e responsabile. Fortunatamente ce la siamo data, una risposta e la rispettiamo, ma non certo per timore delle procure.

Ben venga la solidarietà di Usigrai e del sindacato giornalisti (in Valle d'Aosta si chiama Asva ed è guidato da giovani di penna sincera e provata professionalità) ai tre cronisti sotto accusa, ma solidale con loro deve esserlo anche e soprattutto il Paese, la comunità democratica, i cittadini. Perché l'accusa non di aver diffamato o pubblicato notizie false ma quella mostruosa di aver pubblicato FATTI VERI è qualcosa che mette a repentaglio non soltanto il diritto di cronaca ma il diritto alla verità stessa, quindi alla libertà, quindi alla democrazia, quindi alla Costituzione. 

La fine dei diritti, di qualunque democrazia, passa dalla fine della libertà di informare.

patrizio gabetti