Cronaca | 12 maggio 2025, 07:20

Consiglio di Stato, 'il Centro cinofilo a Montjoux di Gignod non si doveva fare'

'Illegittimo il doppio incarico pubblico-privato allo stesso architetto per occuparsi della pratica'; accolto il ricorso di quattro residenti che rovescia una precedente sentenza del Tar della Valle d'Aosta

Il logo del Centro cinofilo di Angelo Lodato

Il logo del Centro cinofilo di Angelo Lodato

"In parte inammissibile, per il resto rigettato". Con questa formula, nel marzo del 2023, il Tar della Valle d’Aosta aveva rigettato il ricorso presentato da 26 residenti contro il Comune di Gignod, assistito dagli avvocati Herbet D’Herin e Denise Zampieri, e contro il Centro cinofilo 'Amici a 4 zampe' di Milena Pastoret e Angelo Lodato (allora assistiti dai legali Andrea Giunti e Maria Rita Bagalà), proprietari della struttura edificata nel villaggio Montjoux sui terreni di proprietà della famiglia Pastoret. Poi, però, quattro firmatari di quel ricorso si erano rivolti al Consiglio di Stato (tramite l'avvocato Pier Carnelli di Aosta), che ha dato loro ragione: per concedere l'autorizzazione alla realizzazione del Centro il Comune ha seguito un iter illegittimo, quindi la struttura a Montjoux non doveva essere realizzata. 

Una pratica singolare e controversa

I 26 ricorrenti nel 2023 chiedevano l’annullamento di tre delibere approvate dal Consiglio comunale tra il 25 novembre 2021 e il 22 luglio 2022 che autorizzavano una procedura di variante non sostanziale al Piano regolatore generale comunale decisa dal Comune di Gignod su richiesta di Angelo Lodato e concernente "le destinazioni d’uso nella sottozona Montjoux (originariamente quelle di stalla bovina) al fine di includervi anche le attività di pensioni per cani, allevamento senza terra, agility dog". In tal modo Lodato avrebbe potuto delocalizzare l’attività che già svolgeva in località Chez Roncoz. 

Per i ricorrenti, invece, il 'sì' del Comune alla sostituzione della destinazione da stalla bovina sarebbe stata discordante con il quadro normativo locale vigente e sarebbe stata causa inoltre di "disturbo della quiete, della salubrità e della qualità della vita della comunità locale", era scritto nel ricorso. 

I giudici del Tar però rilevavano che nel ricorso non vi era "alcun elemento documentale di supporto alle doglianze mosse circa il paventato inquinamento acustico, la temuta insalubrità dell’attività in spregio agli standard igienico-sanitari e la prospettata svalutazione degli immobili".

Ma su questo tema il Consiglio di Stato non si è nemmeno pronunciato, fermandosi al mero profilo di illegittimità procedurale non essendo stata mantenuta, nell'iter avviato dal Comune di Gignod, "una posizione che eviti situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi". I giudici del CdS hanno evidenziato che l'architetto incaricato dai titolari del Centro cinofilo di redarre la variante al Piano regolatore aveva susseguentemente ricevuto incarico anche dal Comune per occuparsi della stessa pratica.

"Emerge  - si legge nella sentenza del Consiglio di Stato - che il professionista ha svolto la propria attività oltre che nella predisposizione dell'istanza di variante per il privato, anche in quella svolta per conto del Comune in relazione alla medesima, ruolo indirettamente confermato dallo stesso assessore (del Comune di Gignod ndr). I giudici hanno ricordato che il "modus di comportamento che l'amministrazione deve assumere" non deve dare addito a "qualunque dubbio sull'operato della medesima", trattandosi "di un dovere che è posto a tutela della trasparenza dell'azione dell'amministrazione che va ricondotta al principio costituzionale dell'imparzialità (...). 

pa.ga.