Cronaca | 12 gennaio 2024, 10:00

Una sentenza del Tar mette ordine sui superamenti di derivazione acqua delle concessionarie idroelettriche

Si tratta del primo procedimento che arriva a conclusione tra quelli che erano stati avviati dalle sei società valdostane alle quali era stata complessivamente richiesta la restituzione di circa 11 milioni di euro di incentivi

Una sentenza del Tar mette ordine sui superamenti di derivazione acqua delle concessionarie idroelettriche

Il contestato superamento, nel 2016, della derivazione della portata media annuale di un torrente valdostano da parte della concessionaria idroelettrica Cape srl  di Champdepraz non fu illegittimo e pertanto la riduzione degli incentivi connessi alla produzione di energia stabilita dal Gestore dei Servizi Energetici GSE nei confronti della stessa Cape non doveva essere applicata. Lo ha stabilito, con sentenza notificata in questi giorni, il Tar del Lazio (competente per le acque), ponendo fine a una querelle amministrativa durata otto anni. Ora il GSE dovrà rifondere alla Cape srl le somme indebitamente trattenute dagli incentivi, ovvero un milione e 900 mila euro (centomila la società di Champdepraz e il grosso della cifra a una concessionaria collegata) per gli anni dal 2016 ad oggi. 

Si tratta del primo procedimento che arriva a conclusione tra quelli che erano stati avviati dalle sei società idroelettriche valdostane alle quali era stata complessivamente richiesta la restituzione di circa 11 milioni di euro di incentivi.

Il Gestore dei Servizi Energetici aveva tolto parte degli incentivi perché secondo alcune comunicazioni della Regione del 2015-2016, il superamento dei prelievi di acqua da parte della società idroelettrica avrebbe dato luogo ad un esercizio della concessione in modalità difforme da quanto previsto nella stessa. La Cape era ricorsa al Tar per l'annullamento del provvedimento causa “eccesso di potere per irragionevolezza e perplessità della motivazione; carenza di istruttoria; violazione di una serie di articoli di legge sulle concessioni; contrarietà ai principi comunitari in materia di produzione di energie rinnovabili".

Il Tar ha rilevato che la stessa Regione Valle d’Aosta ha precisato chiaramente in questi anni che  il superamento della portata media annuale incide sul canone di concessione ma non rappresenta di per sé un esercizio illegittimo della concessione stessa.

"In particolare appare ragionevole ritenere come sia fisiologico che in alcuni anni la portata media possa essere superata, ad esempio a causa di maggiori precipitazioni -  si legge nella sentenza - mentre in altri anni il concessionario debba invece tenersi a portate inferiori".

Secondo i giudici del Tar "l'avvenuto superamento del limite di potenza nominale media e del limite di portata media derivabile previsti dal decreto di concessione, non solo non compromette la validità ed efficacia dei titoli autorizzativi e concessori, ma nemmeno comporta l'esercizio dell'impianto in difformità dai titoli autorizzativi e concessori. Ciò in quanto tale portata media di concessione costituisce un parametro volto esclusivamente alla quantificazione forfettaria del canone, senza rappresentare un limite alla derivazione concessa. Limite che, semmai, potrebbe essere considerato stabilito nella portata massima concessa, ma mai nella media". La disposizione di legge "appare precisa nel determinare che il concessionario non deve derivare un quantitativo d'acqua maggiore della quantità massima indicata dal disciplinare, mentre la portata media serve soltanto per la determinazione dei canoni da pagare quale corrispettivo della concessione".

Il Ta ha dunque accolto il ricorso della Cape e ha annullato gli atti 'punitivi' del GSE, compensando le spese di lite.

pa.ga.