Editoriale | 05 febbraio 2023, 10:00

Non beviamo fango credendolo acqua di sorgente

Non beviamo fango credendolo acqua di sorgente

Quando, ben prima dell'avvento dei social media, i giovani della mia generazione si muovevano in Valle, la sera, da un locale da ballo all’altro (agli under 40 potrà sembrare incredibile, ma era così che andavano le cose…) di virtuale c’erano solo le nostre fantasie relazionali, i progetti che avevamo in testa. Distinguere il vero dal falso era piuttosto semplice rispetto all’odierno groviglio dell’informazione.

Le notizie e le relative immagini di qualunque accadimento degno di nota erano diffuse da chi lo faceva per mestiere e doveva ben guardarsi dal pubblicare ‘fake news’ (neologismo post Duemila che ha accompagnato lo sviluppo dei social), pena severe condanne e radiazione dall’Albo dei giornalisti.

Mi spiego: se negli anni Settanta/Ottanta i giornali scrivevano che era scoppiata una bomba (e quante ne sono esplose…), potevano certamente ‘condire’ o meno i loro articoli con particolari non veritieri (rischiando sanzioni su querela di parte, come giustamente accade anche oggi) ma certamente quella bomba era scoppiata. Il fatto era successo. Assai raramente capitava che un giornalista l’ordigno se lo inventasse di sana pianta, perché la ‘bufala’ l’avrebbe poi pagata a carissimo prezzo. Oggi invece le notizie totalmente inventate, le ‘disinformazioni’ su fatti mai accaduti o inesistenti, le fakes insomma o comunque si vogliano chiamare rappresentano ben oltre il 50% della comunicazione circolante quotidianamente nei nostri smartphone, sui social, nelle chat, in passa-parola virtuali.

Non siamo più di fronte a notizie semplicemente (ed è già grave) edulcorate, ‘modificate’, imprecise bensì a totali mistificazioni della realtà, pure invenzioni, Bugie con la ‘b’ maiuscola, truffe  virali vere e proprie. Di questi pericolosi virus se ne serve il Potere quand’è corrotto, ma anche le opposizioni quando sono corrotte tanto quanto il Potere e ciò che è più grave, il vero problema, è l’assuefazione della popolazione a questa imponente onda di disinformazione, a queste balle spaziali spacciate per verità bibliche.

Per chi come me cerca di fare questo mestiere con la necessaria dignità (e che cerca di costruirsi ogni giorno una credibilità facendo tesoro dei propri incidenti di percorso), è insopportabile leggere le fake news ma ancor di più le centinaia, migliaia di commenti che quasi sempre le accompagnano. Commenti che per il solo fatto di essere stati scritti ‘certificano’ come verità ciò che invece tutto è tranne che vero e che dunque autorizzano i bugiardi di professione a sfornare altre menzogne.

Come si esce dal letamaio delle false notizie? Nel modo più semplice possibile, che è anche il più temuto dai professionisti della disinformazione: leggendo i giornali e leggendone più di uno. La pluralità dei punti di vista, delle chiavi di lettura, delle notizie vere e proprie insomma è ciò che ci garantisce la migliore e più completa informazione. I giornali possono avere un certo ‘taglio’, possono essere di parte o meno, possono ‘gonfiare’ o ‘sgonfiare’ una notizia, darne anche, intrinsecamente, un giudizio. Ma non possono costruirla in laboratorio.

Oggi sono profanate persino le citazioni di personaggi importanti del mondo dell’arte, della scienza, della cultura e della politica: a Shakespeare piuttosto che a Leonardo, a Roosevelt o a Giulio Cesare sono messe in bocca frasi più che improbabili, ridicole quando non indegne per il solo fatto che non possono essere stati realmente loro a dirle. Fango bevuto come acqua di sorgente.

Dai giornali può sgorgare acqua frizzante magari un po’ sgasata; vino a gradazione più bassa rispetto a quella promessa; persino fango inaspettato. Ma se è acqua è vera acqua, se è vino è vero vino e se è fango è vero fango.

patrizio gabetti

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