Editoriale | 28 dicembre 2022, 23:10

Contro gli antivalori e il liberticidio c'è una resistenza che non muore

Contro gli antivalori e il liberticidio c'è una resistenza che non muore

Un giorno dopo l’altro, io riconosco sempre meno il mondo in cui vivo. L’alzata di polemiche dal centrosinistra contro Ignazio Benito La Russa per la mini celebrazione del 76esimo anniversario del Msi su Instagram mi ha stupefatto: ma cosa volete che esalti un ex dirigente missino (seppur oggi ‘sdoganato’ e istituzionalizzato), le gesta di Lotta Continua?

Perché Ignazio La Russa è sì il Presidente del Senato ma rimane un dirigente missino che la fiamma tricolore la porta nel cuore. Cosa c’è di strano? Mi sarei aspettato, semmai, una dura reazione dei fascisti 'duri e puri', dei nostalgici di Salò, quelli che il Msi lo hanno sempre vissuto come il partito dei traditori, un Movimento ambiguo, i cui parlamentari hanno dovuto giurare sulla Costituzione nata dalla Resistenza e il manganello se lo sono dovuti nascondere sotto il doppiopetto.

Da loro sì, mi sarei aspettato forte sdegno in replica alle parole di Ignazio Benito, ma non è arrivato perché i fascisti negli anni hanno imparato così bene a calarsi nella parte della vittima da dimenticarsi persino che da qualche mese gli è stata data facoltà di rialzare la testa… Ma questo tutto sommato manco è politica; è solo gossip e non certamente il male peggiore.

Invece, in questo mondo alla rovescia in cui la Sinistra senza più idee né programmi di Sinistra per riguadagnare terreno deve sperare ogni giorno che la Destra si comporti sempre più da Destra, ci è toccato assistere alla nascita e al consolidamento di nuove e inimmaginabili dittature, a forme abiette di abiura ai diritti fondamentali, alla crescita esponenziale dell’odio.

Quanti mostri ha generato il sonno della ragione e la protesta, quel sano moto di rabbia indignata che a prescindere dalle motivazioni e dalle ideologie era una volta considerata elemento formativo della crescita, oggi è stata messa al bando, è vissuta con distacco e fastidio, con borghese irritazione.

La ‘vibrante protesta’ che per tanti anni animò le piazze italiane e sancì più di ogni altra cosa la grandezza e i limiti della democrazia, oggi è lasciata alle donne afghane e iraniane, e va bene che avvenga lì dove quelle stesse donne muoiono e non sotto le finestre di casa nostra all’ora di pranzo. La protesta è un servizio del telegiornale di qualche minuto, che lascia sfuggire una smorfia di dolorosa empatia o un sorriso di sincera ammirazione ma poi passa e va.

E ancora, in questo mondo che riconosco sempre meno come il mio, capita anche che tanti valdostani invochino la ‘riunificazione autonomista’ e si dicano pronti a esserne i fautori. Pochissimi tra questi, forse un paio, ci credono davvero e sono sicuramente decisi a provarci. Ma quanto ai buoni propositi dei più, voglio solo ricordare le tantissime liti di vicinato che riempiono i fascicoli del tribunale di Aosta per un sconfinamento di terreno, per un corso d’acqua deviato, per un lascito conteso. Difficile parlare di ‘réunion’ politico-amministrativa quando non si riesce a mettersi d’accordo in due su dove tracciare una linea di confine…

Ma neanche questo è il male peggiore, anche qui c’è modo di uscirne con dialettica e confronto, se lo si vuole.

Invece, in questo mondo che fatico a distinguere come quello in cui sono nato e cresciuto ciò che dovrebbe preoccuparci più di ogni altra cosa è l'attestazione quotidiana degli antivalori, quella ‘parte oscura’ del nostro io, tutto ciò che di più liberticida esiste, tutto ciò che si oppone alla crescita delle personalità degli individui e quindi della società stessa.

Dall’intolleranza all’invidia, dal pregiudizio alla discriminazione, dall’arroganza all’impunità, è difficile per ognuno di noi negare con certezza di essere esente del tutto a tratti evidenti di antivalore. La comunità è permeata di sentimenti negativi tanto che sfuggirne diventa quasi impossibile. Gli antivalori sono virus resistentissimi che si riproducono  in varianti continue.

L’unica terapia è nutrirsi quotidianamente del loro opposto, cioè di Valori, ma se per la parte oscura è facile farsi largo in coscienze assopite, narcotizzate da analfabetismo di ritorno, serie tv e talk-show mono-pensiero, per le armi dell’etica e della cultura è certamente più difficile fare rete e resistenza in questa società sprovvista di trincee di difesa.

Dipende sempre e soltanto da noi, o meglio dalla nostra capacità di ribellarci al sistema di antivalori che giorno dopo giorno ci viene imposto con un abile camouflage, sotto spoglie sempre allettanti, diverse e ingannevoli.  

Alla fine la responsabilità dell’azione è sempre demandata al singolo individuo. Noi siamo la malattia e la cura, il buio e la luce, la morte e la rinascita.

Siamo la resistenza che non muore ma sa guardarsi allo specchio e trovare l'errore, per tornare così a resistere.

patrizio gabetti