Religio et Fides | 21 dicembre 2025, 06:03

'Penisola di Valdés, Argentina', 2001- Elliott Erwitt (1928-2023)

Lettura d'arte a cura di don Paolo Quattrone

'Penisola di Valdés, Argentina', 2001- Elliott Erwitt (1928-2023)

In molti, nei giorni scorsi, hanno allestito il presepe, un bel segno per ricordare l’evento della venuta di Dio tra noi ma c’è il rischio che le statuine immobili, anche se ve ne sono alcune che posseggono dei meccanismi per il movimento, ci diano l’idea di un Dio soprammobile, da tirare fuori per Natale e riporre in qualche scatola dopo le feste. Lo stesso può accadere con il crocifisso che appendiamo al muro o con le opere d’arte che ci sono nelle chiese.

Il testo del Vangelo della quarta di Avvento ci aiuta a ricordare che Dio non è un soprammobile ma è vita, movimento, dinamismo, è sempre all’opera, creativo, compie il pur di accostarsi all’umanità. In apertura il brano mette in luce che: Maria si trovò incinta per opera dello Spirito Santo; è un rimando all’evento dell’annunciazione e alla conseguente incarnazione. Dio si muove per comunicare a Maria che sarà la Madre di Dio e in lei genera la vita attraverso lo Spirito Santo. È in movimento anche quando appare a Giuseppe in sogno per rassicurarlo ed invitarlo a prendersi cura della sua fidanzata e del figlio che nascerà. Quando nella Scrittura leggiamo che un angelo del Signore appare a qualcuno, come nel caso di Giuseppe, non si intende un essere celeste inviato da Dio ma è il Signore stesso che entra in comunicazione. Il divino, nella cultura ebraica, era lontano dagli uomini, e, quando si doveva narrare che interveniva nella vita degli uomini, non lo si presentava mai personalmente ma attraverso questa formula: “l'angelo del Signore”. Dio entra in relazione con Giuseppe in sogno e nella Bibbia vi sono molti altri personaggi che vivono questa esperienza: Abramo, Isacco, Giacobbe, Samuele, Natan e Salomone, per citarne alcuni. Il sogno simboleggia che il Signore si rapporta con l’uomo passando nella sua più profonda intimità e non attraverso una statuina, Dio è davvero vivo, creativo, dinamico e desidera costantemente entrare in comunicazione con noi, come nel caso di Maria e poi di Giuseppe. È Lui che prende l’iniziativa… noi dobbiamo soltanto lasciarci trovare, Egli ci viene a cercare nella concretezza di ciò che stiamo vivendo; non a caso va a trovare Maria a casa sua, e appare a Giuseppe per illuminarlo nel dilemma che stava affrontando: ripudiare o meno la sua futura sposa e smarcarsi dalla responsabilità di infilarsi in una storia che riteneva troppo grande per lui. Dio non è un soprammobile ma è vita, persona, desidera incontrarci e rapportarsi con noi. Allora lasciamoci trovare, e credo che sia ancor di più importante farlo in questi giorni che anticipano il Natale e rischiamo di trascorrere nella frenesia e nell’agitazione senza gustarne la bellezza e la preziosità.

Facciamoci un bel regalo, da qui al 24 dicembre: troviamo un momento per ritagliarci uno spazio per fermarci, per metterci in silenzio e sostare in compagnia di Dio, non abbiamo bisogno di apparizioni o di chissà quali segni straordinari, è sufficiente trovare un luogo appropriato, magari mettendoci dinanzi ad un presepe, sostando in una chiesa, prendendo in mano un testo della Parola che leggeremo nelle celebrazioni natalizie, celebrando anche una confessione. Percepiremo che Dio è Qualcuno che ogni giorno, ogni istante si affaccia sulla nostra esistenza per cercarci e ci dà appuntamento nel nostro intimo e nel silenzio. Se vogliamo incontrarlo dobbiamo andare lì, se invece siamo sempre estroflessi, nell’agitazione e nel caos non possiamo accorgerci di Lui nemmeno se apparisse in cielo.

Elliott Erwitt (1928-2023) è un fotografo statunitense che attraverso il suo obiettivo ha sempre cercato di cogliere, partendo dalla nuda e cruda realtà, le situazioni ironiche ma anche assurde dell’esistenza, come nel caso dello scatto che vi propongo: Penisola di Valdés, Argentina, 2001 dove immortala un grande crocifisso al quale è stato accostato un cartello pubblicitario. I presepi, le raffigurazioni sacre natalizie che vediamo in questi giorni possono ridursi ad immagini tra tante, a semplici addobbi ed arredi oppure possono divenire delle porte che ci consentono di andare con lo sguardo, la mente ed il cuore al Signore, per renderci conto che non è un soprammobile ma è vivo, presente e desidera relazionarsi con noi. 

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it