Religio et Fides | 07 dicembre 2025, 13:00

'Pont d’Iéna', 1945; Robert Doisneau (1912-1994)

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

'Pont d’Iéna', 1945; Robert Doisneau (1912-1994)

Con l’Avvento è iniziato un nuovo anno liturgico, siamo nell’anno A, poiché la liturgia della Chiesa è divisa su un ciclo triennale, dove protagonista è il Vangelo di Matteo. È bene sapere che ogni evangelista scrive a destinatari differenti e di conseguenza pone l’accento su alcune questioni particolari. Nel caso di Matteo, egli si rivolge alla comunità dei Giudei, a coloro che professavano la religiosità ebraica e di conseguenza le sue parole sono adatte per quanti si reputano credenti. Il brano si apre con questa precisazione: ‘In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava’. In un tempo ben preciso si affaccia la predicazione del Battista la cui missione era preparare la gente alla venuta di Gesù, di conseguenza è la persona adatta per guidarci nel tempo di Avvento e al Natale perché ogni anno c’è il rischio di giungervi impreparati. Giovanni esordisce così: ‘Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!’. Volete davvero prepararvi alla venuta di Dio tra noi cioè al Natale? Occorre allora compiere una conversione, cioè un cambiamento e fondamentalmente su due fronti: nella mentalità e nell’agire. Il testo di Matteo ci offre alcuni dettagli che non vanno trascurati: innanzitutto il nome Giovanni significa il Signore è misericordia. L’evangelista precisa che il Battista predicava nel deserto della Giudea, una zona che da Gerusalemme arriva fino al mar Morto, non un deserto di sabbia bensì di roccia e montagnoso; sottolinea che indossava peli di cammello ed una cintura di pelle attorno ai fianchi, particolari che rimandano ai profeti, ad una autorità e missione affidatagli da Dio e come segno di conversione battezzava la gente nel Giordano, battesimo etimologicamente significa immersione. Giovanni è l’uomo giusto per aiutarci a vivere l’Avvento ma anche per risvegliare la nostra fede, ci invita a ritirarci ogni giorno nel deserto, per accorgerci che Dio, in quanto misericordioso, ha un cuore che si muove per venirci incontro e per chiederci di immergerci in una relazione di amicizia e di amore con Lui. Il Battista rimprovera con durezza farisei e sadducei perché si accostavano al battesimo che lui somministrava con superficialità. Il rischio che corriamo anche noi è di vivere l’Avvento, il Natale e la fede in generale con superficialità, fermandoci alle apparenze, compiendo gesti anche religiosi ma vuoti, mettiamo ed accendiamo luci ed addobbi, facciamo presepi ed alberi, partecipiamo a celebrazioni, a concerti natalizi ma il rischio è che siano solo una patina superficiale. Come anticipavo prima Giovanni Battista ci chiede una conversione su due punti: un cambio di mentalità e di comportamento. Avvento e Natale sono un’occasione per ricordarci che Dio è Qualcuno da frequentare, che la fede è immergerci in una relazione che consiste nel saperci ritagliare dei momenti e degli spazi concreti di deserto per incontrarci con il Signore, per ascoltare la sua Parola, per lasciarci ispirare e smuovere da essa, per entrare in dialogo con Lui, per guardare all’esistenza sotto la sua luce, per accorgerci che non è un Dio distante ed arcigno, ma, vicino, presente ed innamorato di ciascuno di noi. Secondo aspetto è far sì che la relazione con il Signore, il ritagliarci momenti di pausa e di silenzio, di ascolto e di meditazione della sua Parola, ci conducano ad uscire dal nostro guscio per aprirci alla vita, agli altri, compiendo gesti concreti di amore, di bene, di pace laddove viviamo nel presente, altrimenti la fede rischia di essere solo una facciata. Robert Doisneau (1912-1994) è uno dei fotografi più celebri del ‘900, un uomo curioso che amava cogliere la bellezza e la comicità della vita ricercandola nelle scene della quotidianità. Pont d’Ièna (1945) è uno scatto che immortala un giovane che si tuffa dal ponte parigino che collega il Trocadéro alla Tour Eiffel. Il battesimo che offriva Giovanni e quello che abbiamo ricevuto per dono di Dio ci ricordano che la fede è un continuo tuffarsi per immergersi in una relazione con Dio; l’Avvento, il Natale, ogni tempo liturgico e la vita spirituale in generale devono essere un’occasione per convertirci, per far convergere mente, cuore e vita verso il Signore, verso il bene e l’amore altrimenti rischiano di ridursi a pura superficie, a tradizionalismo, a riti e a parole vuote.  

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it