Economia | 18 novembre 2025, 07:45

Cessione Telecontact, la protesta dei lavoratori valdostani

Cessione Telecontact, la protesta dei lavoratori valdostani

La vertenza Tim-Telecontact entra in una fase decisiva e i sindacati chiedono un intervento politico rapido e concreto. La giornata di mobilitazione nazionale di ieri ha coinvolto anche i 75 addetti valdostani del servizio clienti del gruppo Tim, distribuiti tra Aosta e Ivrea, preoccupati per la prospettata cessione di Telecontact alla nuova società DNA. Un passaggio societario che, secondo le organizzazioni sindacali, rischia di compromettere il futuro occupazionale dei lavoratori coinvolti.

I dipendenti delle due sedi hanno partecipato al presidio organizzato a Ivrea lunedì 17 novembre, un’iniziativa che si inserisce nel percorso di scioperi e astensioni dal lavoro in corso da giorni. La protesta è coordinata da Fistel Cisl, Slc Cgil e Uilcom Uil, che hanno attivato una serie di blocchi quotidiani fino al 16 dicembre: due ore di sciopero a fine turno per chi è impiegato a tempo pieno e un’ora e mezza per i part time.

Nel frattempo i sindacati hanno avviato una serie di interlocuzioni istituzionali. La scorsa settimana in Valle c’è stato un confronto con l’assessorato regionale dello Sviluppo economico, mentre ieri una delegazione dei lavoratori è stata ricevuta dal Comune di Ivrea. Le amministrazioni locali hanno manifestato la disponibilità a intervenire presso Tim e a sollevare la questione anche a livello parlamentare, dove il tema è già oggetto di iniziativa politica.

Nonostante ciò, dal fronte aziendale non arrivano segnali. Le organizzazioni sindacali temono che, senza un’accelerazione nelle prossime settimane, l’operazione possa essere formalizzata già a gennaio, lasciando margini minimi per qualsiasi forma di trattativa preventiva. Per questo chiedono alla politica di attivarsi subito, prima che il trasferimento diventi irreversibile.

La preoccupazione riguarda soprattutto le conseguenze che il passaggio a Dna potrebbe avere per i lavoratori valdostani, in gran parte donne e con un’età media attorno ai cinquant’anni, quindi con difficoltà oggettive di ricollocazione in caso di perdita del posto. Il trasferimento alla nuova società, creata appositamente per ricevere il ramo d’azienda, viene percepito come un salto nel buio, anche perché la struttura societaria – una srl con capitale minimo – non offre garanzie paragonabili a quelle attuali.

Secondo i sindacati, l’operazione comporterebbe un peggioramento delle condizioni contrattuali: riduzione delle maggiorazioni, perdita di alcune clausole sociali e di istituti oggi garantiti, come una parte dei permessi, dei ticket pasto e dell’assicurazione sanitaria. Aspetti che, insieme alle incertezze sul piano industriale della nuova società, alimentano la contrarietà dei dipendenti alla cessione.

La posizione dei rappresentanti dei lavoratori è chiara: non c’è un rifiuto a priori rispetto a eventuali processi di riorganizzazione, ma si chiede trasparenza, garanzie e un quadro chiaro sulle reali prospettive occupazionali. Finché questi elementi mancheranno, la mobilitazione proseguirà.

red.laprimalinea.it