Luci di speranza, voci di protesta, nessuna rassegnazione. Almeno 300 persone hanno preso parte, nella serata di giovedì 2 ottobre, al flash mob organizzato davanti all’ospedale regionale 'Umberto Parini' di Aosta nell’ambito della campagna nazionale 'Luci sulla Palestina: 100 ospedali per Gaza'.
L’iniziativa, promossa dalla Rete Internazionale Global Sumud Flotilla, ha trasformato l’ingresso del nosocomio valdostano in un luogo di raccoglimento e testimonianza: i partecipanti hanno acceso luci elettriche e candele, mentre sono state ricordate le migliaia di vittime civili del genocidio in Palestina e venivano letti i nomi dei medici e degli infermieri uccisi negli ultimi mesi nei bombardamenti su Gaza.
Il presidio, in cui sono state ammesse soltanto bandiere palestinesi e nessun simbolo di partito né di associazione, ha voluto ribadire la necessità di fermare il conflitto e di sostenere le missioni umanitarie ancora in corso. Numerose le adesioni arrivate dal mondo sindacale e associativo valdostano. Oltre alla ferma richiesta di fermare il genocidio del popolo palestinese, il flash mob ha reso onore agli attivisti della Global Sumud Flotilla, illegalmente arrestati dall'esercito israeliano in acque internazionali.
La mobilitazione non si ferma. Venerdì 3 ottobre, Aosta sarà tra le piazze coinvolte nello sciopero generale e nelle iniziative nazionali di solidarietà. A partire dalle 9,30 è previsto un presidio in piazza Arco d’Augusto, sostenuto dalla Cgil e dal Savt, che hanno richiamato alla necessità di un’azione unitaria delle parti sociali per la pace e il rispetto del diritto internazionale.
Parallelamente, Emergency sarà presente in città dal 3 al 5 ottobre per la 'Giornata del Dono': i volontari distribuiranno i 'Cantucci di Pace', biscotti solidali destinati a raccogliere fondi per le attività mediche dell’ong a Gaza.
Perché è illegale l'arresto degli attivisti della Global Sumud Flotilla
Mercoledì 1 ottobre la marina israeliana ha intercettato la Global Sumud Flotilla in acque internazionali, a circa 70 miglia da Gaza. Sedici navi militari hanno circondato le imbarcazioni, bloccando le comunicazioni.
Gli attivisti hanno ricevuto un ultimatum di fermarsi, nonostante non avessero oltrepassato il blocco navale. Tra loro cinquecento persone di 46 Paesi, diversi gli italiani arrestati, trasferiti ad Ashdod e minacciati di espulsione o detenzione.
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha confermato che saranno trattenuti nei centri di detenzione. La Spagna ha protestato, convocando il rappresentante israeliano a Madrid ed espellendo i diplomatici di Israele dal Paese.
Gli esperti parlano di un’operazione illegale in base al diritto internazionale del mare; secondo la Convenzione Onu e il Manuale di Sanremo, è vietato colpire missioni umanitarie neutrali: la Flotilla trasportava aiuti e non aveva violato alcun blocco. C'è da dire che Israele ha imposto dal 2009 un blocco navale che da tempo priva o quasi i civili di beni essenziali, senza preoccuparsi del fatto che un blocco che provoca fame e sofferenze è vietato dal diritto internazionale umanitario.
L’abbordaggio di navi straniere in acque internazionali resta dunque illegittimo, ma
Israele non riconosce le sentenze delle Corti internazionali di giustizia: tre ordinanze internazionali gli impongono di garantire l’arrivo di aiuti a Gaza, ma nessuna di queste è stata rispettata.
Gli attivisti sono ora nelle mani di uno Stato accusato di crimini contro l’umanità e l'Onu non ha potuto creare corridoi umanitari per il veto degli Stati Uniti. Gli stati europei, Italia inclusa, hanno la possibilità di fare pressioni con sanzioni e azioni diplomatiche. Ma finora non lo hanno fatto.