C’è una novità che profuma di futuro e di possibilità. Una di quelle notizie che non fanno rumore, ma che potrebbero cambiare il modo in cui viviamo, consumiamo e -soprattutto - ripariamo. Il riciclo della plastica, da sempre ostacolato da passaggi lunghi e complicati, potrebbe presto dire addio allo smistamento dei rifiuti. Sì, proprio quel processo meticoloso che ci obbliga a separare ogni tipo di plastica come se stessimo componendo un puzzle invisibile.
A dirlo non è una promessa vaga, ma una scoperta concreta. Un gruppo di ricercatori delle università americane Northwestern e Purdue ha messo a punto una tecnica che permette di riciclare polietilene e polipropilene—le plastiche monouso di vasetti, flaconi e imballaggi—senza doverle separare. E non è solo comodo ma anche rivoluzionario.
Il cuore di questa svolta è un catalizzatore a base di nickel, un metallo abbondante e poco costoso, capace di rompere i legami chimici più resistenti delle plastiche miste. Il risultato? Oli e cere che possono essere trasformati in lubrificanti, carburanti, candele. Materia che rinasce, senza passare dal dolore dello smistamento. Ma c’è di più. Il catalizzatore funziona ancora meglio quando entra in contatto con il PVC, il polivinile di cloruro, una sostanza tossica che finora ha reso impossibile il riciclo di molte plastiche. “Aggiungere PVC a una miscela di materiali riciclabili è sempre stato proibito,” spiega il ricercatore Yosi Kratish. “Ma, a quanto pare, rende il nostro processo ancora più efficiente. È pazzesco, sicuramente una cosa che nessuno si aspettava.”
Eppure, eccoci qui. A settembre, con l’aria che cambia e le foglie che iniziano a cadere, arriva anche questa notizia... che forse, un giorno non troppo lontano, potremo riciclare senza complicazioni, senza sprechi, senza barriere. E che la plastica, da nemica, potrà diventare risorsa.
Un piccolo passo per la chimica, un grande respiro per il Pianeta.