Religio et Fides | 24 agosto 2025, 06:40

'Se ti potessi dire', 2019- Vasco Rossi

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

'Se ti potessi dire', 2019- Vasco Rossi

Come vi immaginate l’ingresso del paradiso? Come la coda all’ufficio postale? Ognuno dovrà procurarsi il numerino per attendere il proprio turno? Ci sarà san Pietro per indicarci a quale settore siamo stati assegnati? Molti anni fa ad un campo di Azione Cattolica delle elementari, durante un’attività, ho chiesto ai bambini di scrivere o di disegnare come si immaginavano il paradiso. Con calma poi mi son messo a guardare ogni foglio e tra tutti uno mi è rimasto impresso, vi era scritto. “alla fine della vita ci incammineremo su una lunga strada che conduce verso una luce intensissima”, fin qui tutto nella norma, però poi continuava: “percorrendo la strada avremo accanto a noi il diavolo che ci rinfaccerà tutte le azioni negative della vita per scoraggiarci e non farci sentire degni del Paradiso” e qui restai perplesso però poi continuava: “ma accanto a noi ci sarà anche Gesù che ci inviterà a ricordare tutte le cose positive che abbiamo vissuto e compiuto, noi dovremo dar retta a Lui e non lasciarci scoraggiare dal diavolo altrimenti non avremo la forza di arrivare alla luce che ci attende”. Credo che quel bambino quel giorno fosse stato particolarmente ispirato dallo Spirito Santo! Quanto vi ho raccontato non si discosta molto dal brano di Vangelo dove un uomo, di cui non sappiamo il nome, chiede a Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Questa domanda non nasce dal caso. Infatti, gli ebrei, e quell’uomo di certo lo era, credevano che si salvasse solo il popolo di Israele mentre sappiamo che Gesù ha annunciato che Dio dona la sua salvezza a tutti anche se non tutti desiderano accoglierla. Il paradiso è un dono per tutti ma come ogni dono può essere accettato o rifiutato. Gesù però dà una risposta che può lasciare perplessi: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno” e continua dicendo: Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. La porta del paradiso è stretta non perché Dio voglia impedirci il passaggio bensì perché con noi dobbiamo soltanto portare lo stretto necessario, l’essenziale che non è altro ciò che descriveva il bambino: il bene che abbiamo saputo compiere e l’amore donato: questo è l’unico bagaglio che ci porteremo dietro mentre tutto il resto va lasciato, comprese le sbavature e le mancanze della nostra vita che il diavolo potrà rinfacciarci ma che non sono il tutto di noi. È l’amore ciò che conta, è l’amore che rimane, l’unico bagaglio necessario per entrare in paradiso ed è per questa ragione che Gesù ricorda che non basta essere stati dei bravi devoti e religiosi bensì occorre che la nostra fede si sia tradotta in gesti concreti. Non basta aver parlato di Dio e con Dio ma è necessario che il nostro credere in Lui si sia tradotto nel credere nelle persone, nel bene, nella pace, nel perdono, nell’amore. Stiamo attenti che la nostra fede non sia fatta solo di riti e di parole senza tradursi in atti. Il brano si conclude con Gesù che dice: “Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi”, rivolgendosi all’uomo ebreo ed allo stesso tempo a tutti i religiosi del tempo e perciò anche a noi. Non basta essere devoti e praticanti, serve di più. Frequentare Dio che è amore deve aiutarci a vivere l’amore perché è amando che si genera paradiso. Ormai le letture delle domeniche di agosto le sto commentando usando brani e continuo su questa scia. Vi invito ad ascoltare ‘Se ti potessi dire’ del 2019 di Vasco Rossi, un brano dove racconta che tutti dobbiamo convivere con le nostre ombre ma allo stesso tempo, come ricorda sul finale, occorre vivere per amare, per sognare, per rischiare, con passione e senza rimpianto. Forse quel bambino aveva proprio ragione, al termine della vita ci troveremo a percorrere l’ultimo tratto con il diavolo a fianco che ci rinfaccerà i nostri errori ma nel cuore, in tasca o in una piccola valigia, sappiamo che c’è anche un po' di amore donato, non c’è da rimpiangere nulla, non siamo stati perfetti ma abbiamo cercato di amare e a volte o spesso ci siamo riusciti, abbiamo creato piccoli angoli di paradiso e Gesù è lì accanto a ricordarcelo. 

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it