Religio et Fides | 10 agosto 2025, 06:28

'Strada facendo', 1981- Claudio Baglioni

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

'Strada facendo', 1981- Claudio Baglioni

Aver fede è impegnativo, è non camminare da soli ma anche con altri, è imparare a non ascoltare solo se stessi, è sapersi appoggiare su ciò che regge davvero, è credere alla forza del bene anche se il male spesso sembra prevalere, è tenere viva ed accesa la relazione con Dio. Questi sono tutti aspetti che emergono dalle letture della XIX domenica del tempo ordinario. Nella prima, tratta dal libro della Sapienza, leggiamo che il popolo era in attesa della salvezza dei giusti, della liberazione dal male e nel frattempo molti si erano promessi di condividere successi e pericoli confidando in Dio.

Il cammino della vita non è mai semplice e tanto più mantenersi sui sentieri del bene e della fede, per questa ragione è fondamentale   camminare insieme ad altri, avere persone con le quali condividere valori sani e anche la spiritualità. Sovente molte fatiche personali dipendono dal fatto che siamo troppo soli, per restare fedeli al bene e a Dio occorre farsi coraggio a vicenda.

Chiediamoci: abbiamo persone con le quali confrontarci, condividere idee, valori e anche un percorso spirituale? Nella seconda lettura, tratta dalla lettera agli Ebrei, ci viene ricordata la fede di Abramo e di Sara che si sono fidati di Dio e non solo dei loro calcoli, non hanno dato ascolto soltanto a loro stessi ma anche alla Parola del Signore. La fede è non confidare soltanto nei propri ragionamenti. Significa avere dei progetti ma allo stesso tempo restare aperti alla vita e a Dio avendo chiaro che l’esistenza, nel bene e nel male, non va mai come ci immaginiamo. Queste parole che troviamo nel salmo 32 ci invitano ad avere un atteggiamento di fiducia nei confronti di Dio: “L’anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo”.

Giungiamo infine al Vangelo, dove Gesù dice: “Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”. Dove si appoggia il mio cuore? In cosa confido? Cosa regge ciò che possiedo e l’immagine che costruisco di me? Sovente abbiamo molta fede nei beni materiali, nelle apparenze e ci dimentichiamo che sono fragili. Ciò che possediamo serve per vivere ma non può diventare il tutto, la fede implica appoggiarsi su qualcosa di davvero robusto e duraturo, su ciò che conta davvero come il credere che Dio mi abita e mi ama sempre. Gesù continua dicendo: “Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi”. Perché quest’indicazione? L’abito comune degli uomini in Palestina era una tunica che arrivava fino alle caviglie. Quando ci si doveva mettere in cammino o si doveva lavorare la veste era di impaccio, allora la si raccoglieva e si annodava alla vita.

Aver fede è credere che lavorare per il bene, rimboccarsi le maniche per cercare di amare, di perdonare, di diffondere la pace, la giustizia, il rispetto della vita merita sempre, anche quando si ha la sensazione di essere in minoranza ma in realtà non è così: sono molte di più le persone che cercano di impegnarsi per una giusta causa piuttosto quelle che operano il male. Gesù aggiunge l’immagine delle lampade accese, il riferimento è al libro dell’Esodo dove in una tenda c’era la presenza del Signore e c’era la prescrizione che una lampada doveva essere sempre accesa, essa simboleggia la preghiera che permette di mantenere viva la luce della fede che c’è in ciascuno di noi e che a volte ignoriamo. Coltivare la vita spirituale è trovare ogni giorno il tempo per tenere accesa la relazione con Dio per ricordarsi che nonostante il buio, che a volte avvertiamo in noi stessi o attorno a noi, siamo abitati da una luce divina che sempre ci accompagna, che non ci fa mai sentire soli.

Domenica scorsa vi ho proposto una canzone e anche per questa scelgo un brano che vi invito ad ascoltare, si tratta di 'Strada facendo' (1981) di Claudio Baglioni. Evidenzio le parole del ritornello: “Strada facendo, vedrai che non sei più da solo. Strada facendo troverai un gancio in mezzo al cielo e sentirai la strada far battere il tuo cuore, vedrai più amore, vedrai”.

Aver fede è credere che ci sono dei ganci davvero solidi ai quali attaccarci tanto più quando ci sentiamo sballottati: il primo gancio è Dio, è credere che non ci molla mai perché gli stiamo a cuore; è la sua Parola; la forza del bene e dell’amore; sono le persone con le quali condividiamo un cammino. Quali sono i miei ganci? A cosa e a chi è agganciato il mio cuore? 

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it