Ambiente | 03 maggio 2025, 12:40

Enalcaccia VdA, 'è ora di gestirlo, il lupo'

Enalcaccia VdA, 'è ora di gestirlo, il lupo'

"I risultati dei monitoraggi di selvatici cacciabili e non di queste ultime stagioni mi spingono a proporre alcune riflessioni che, sono sicuro, sono condivise dalla totalità degli appassionati che gravitano intorno all’attività venatoria". E' quanto si legge in una lunga lettera inviata alle redazioni delle testate locali da Diano Salto, presidente regionale di Enalcaccia Valle d'Aosta. 

"Non vorrei fare tanti numeri - afferma Salto presentando i dati - ma sono obbligato a riportarne alcuni per una miglior comprensione anche da parte dei “non addetti”:

Dati tratti dalla bozza del Piano Faunistico Venatorio Regionale che è stata di recente approvata in Giunta e ora all’esame del Consiglio Valle

L’analisi di questa tabella porta a rilevare, almeno per Capriolo e Cervo, il 2019 come l’anno dell’inversione di tendenza nella crescita della popolazione, con una decisa accelerazione al ribasso negli ultimi due anni tant’è che, per il capriolo in diverse aree, già nelle passate stagioni venatorie, è stato sospeso il prelievo perché la soglia di presenza non superava i tre capi ogni 100 ettari, soglia ritenuta, dall’ISPRA, di pericolo per la sopravvivenza della specie.

Inoltre, nelle ultime due annate venatorie, l’incidenza dei prelievi pro-capite si è drasticamente ridotta "e i dati ci dicono  - prosegue Salto - che se nel 2023 i cacciatori che non hanno avuto la possibilità di prelevare un secondo capo erano 328, il 26 % dei praticanti, nell’anno tale numero è raddoppiato passando a 629 non assegnatari di un secondo capo, pari al 55% dei praticanti 2024 e addirittura 36 appassionati non hanno avuto alcuna possibilità. Ma tant’è, bisogna prenderne atto e continuare nell’opera di monitoraggio, come sta avvenendo in questo 2025 nel quale i primi dati dei censimenti, ancora non definitivi, riguardanti non solo il capriolo, non fanno altro che confermare questo trend al ribasso e, anzi, sembra siano destinate ad aumentare le zone dove non si raggiungerà la soglia di tre capi per 100ha".

Salto commenta poi lungamente e con i numeri i diversi dati, per poi spiegare che in Valle "il possibile depauperamento della risorsa selvatico, è la situazione che si è creata in questi ultimi anni e di cui parte attiva è la ricomparsa del lupo. Nella nostra tegione, seppur i primi avvistamenti si sono avuti negli anni 2004/2006, solo nel 2017 si sono messe in campo una serie di ricerche sistematiche coordinandole con altri progetti a livello nazionale e, quindi, solo dopo quell’anno si è potuto monitorare e confermare l’affermazione del lupo anche in Valle d'Aosta, che comunque è in crescita numerica. Prova ne è che i selvatici di cui ci occupiamo, crescevano negli anni 2000/2018 seppur sottoposti a prelievo venatorio. Se l’avvento del lupo è stato un bene per la biodiversità, non scordiamo che anch’esso incide sulla risorsa selvatico e i tecnici ci dicono che 'L’influsso del predatore sulle popolazioni di prede è stato stimato in uno studio condotto in Val di Susa dove la comunità degli ungulati selvatici è composta da: cervo, capriolo, camoscio, cinghiale, muflone e stambecco. La ricerca ha definito che un lupo adulto, del peso medio di 32 kg, necessita di 2,6 kg di carne al giorno, corrispondente a un consumo annuo di 20 cervi/100 Km2, 57-60 caprioli/100 Km2 e 5-11 camosci/100 Km2 oltre al consumo estivo degli Ungulati domestici (24,0-28,0 % di biomassa)'".

Dato che per Salto "impressiona e dovrebbe far riflettere i tecnici (almeno quelli senza pre-giudizi), sulle conseguenze che alla biodiversità arrecherebbe un incontrollato aumento degli effettivi di lupo. Gli effetti già si vedono nel nostro territorio e sono raccolti in una affermazione contenuta nel PFVR: 'in una realtà montana come la Valle d’Aosta non si esclude che la bassa densità di cinghiali, soprattutto nei settori della Media e Alta Valle, possa essere causa di una maggior predazione a carico di altre specie caratterizzate da una maggior uniformità di distribuzione (come ad es. capriolo, camoscio, marmotta)'. (Pag.- 307 PFVR)".

Continua il presidente di Enalcaccia VdA: "Vi è poi una ulteriore questione che finora, a mio avviso, non è stata affrontata con la dovuta attenzione, che è l’ibridazione e che alcuni tecnici specializzati ritengono sia un grave danno per la biodiversità oltre che un pericolo per la stessa specie. Il forte pericolo che corriamo, a mio avviso, è che la mancata gestione del lupo, al pari di qualsiasi altro selvatico, vada ad intaccare pesantemente il resto dei selvatici e per ora ne vediamo le conseguenze su cinghiali, caprioli e cervi ma quando queste risorse scarseggeranno, temo che anche gli altri ungulati presenti nel nostro territorio ne faranno le spese. Non è possibile pensare, come qualche estremista ipotizza, una gestione tipo Parco delle Yellowstone, il nostro territorio è ben antropizzato e parte considerevole di esso è dedicato all’attività degli allevamenti zootecnici che producono circa 70 milioni di euro annui di ricchezza, e anch’essi hanno bisogno di tutele e il cui duro lavoro crea le condizioni ottimali per la conservazione della biodiversità".

E ancora: "L’ambiente venatorio non pensa assolutamente che si debba aprire 'la caccia' al lupo, ma i dati che abbiamo davanti e che sono confermati in atti pubblici redatti dai tecnici regionali, impongono una seria ed urgente riflessione sulla gestione 'anche' del lupo. Del resto in Valle abbiamo esempi di un intervento abbastanza incisivo quando è stato il momento di intervenire sulla specie Cervo a causa dei danni alla forestazione e alla sicurezza pubblica. Ecco, chiediamo che si intervenga sulla gestione del lupo alla stessa stregua del cervo. Gestione, che secondo la parte più avveduta di molti tecnici, è già urgente mettere in campo da subito pena un depauperamento della biodiversità ed in considerazione che non si rinvengono lavori tecnici che ci indicano quali sono i limiti che ciascun selvatico può permettersi per non arrecare danni al patrimonio della tanto necessaria biodiversità. Come Associazione Venatoria già nel 2023 a Valtournenche siamo intervenuti promuovendo un convegno con autorità regionali e tecnici che studiano il lupo da decenni e in quell’occasione era già presente la necessità di intraprendere un percorso di gestione".

Infine "proprio a seguito di quelle considerazioni, concludo, facendo appello ai decisori, siano essi politici che tecnici, di mettere in campo tutte le azioni possibili affinché si approntino percorsi per la gestione/controllo del lupo al pari delle altre specie selvatiche, ora che anche l’UE e il nostro Parlamento, a breve, con il suo declassamento ha decretato l’uscita dal perimetro delle specie a rischio e l’ISPRA che ha, addirittura, dato parere favorevole all’abbattimento di un certo contingente. Alcune Regioni si sono già mosse in tal senso, anche in Valle, a quanto si sa’, si stanno facendo passi in questa prospettiva, ma occorre non perdere più tempo".

 

red.laprimalinea.it