C’è un parallelismo tra il brano della prima lettura e quello del Vangelo. Nel primo un giovane corre da Mosè per avvisarlo che due uomini, Eldad e Medad, profetizzano pur non facendo parte del gruppo dei settanta anziani sui quali si era posato lo spirito; nel Vangelo, l’apostolo Giovanni si reca da Gesù per dirgli: “abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”.
Entrambi i testi ci ricordano che Dio non ha limiti, agisce oltre i confini e i paletti che noi umani vorremmo mettergli. Eldad e Medad non appartenevano al gruppo dei settanta anziani e l’uomo di cui parla Giovanni non faceva parte della cerchia degli apostoli eppure il Signore ha agito attraverso di loro perché Lui non ha limiti. Non lo si può inscatolare, il suo agire va oltre i nostri criteri. Entrambi gli episodi, avvenuti in epoche diverse, ci rivelano che l’uomo da sempre ha la tentazione di inscatolare Dio, di rinchiudere la sua azione dentro dei confini. Il Vangelo ci ricorda che è accaduto anche nella Chiesa primitiva credendo che l’azione dello Spirito potesse operare soltanto dentro di essa ma non è così perché Lui pur di salvare ogni individuo percorre ogni via possibile pur di raggiungere ogni persona. Penso all’esperienza del cammino di Santiago che ho compiuto questa estate, per arrivare alla città dov’è custodito il corpo dell’apostolo Giacomo: lì vi sono almeno dieci percorsi differenti; lo stesso vale per Dio.
Lui desidera accostarsi a ogni uomo e donna della storia e nella sua sconfinata fantasia possiede tutti gli strumenti necessari per concretizzare questo obiettivo. Sta poi al singolo individuo accettare di lasciarsi raggiungere e salvare. Gesù di fronte all’osservazione di Giovanni risponde così: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi”. In realtà guardando al testo greco Cristo non parla di miracolo bensì di “dynamis” che vuol dire forza ed energia che comunicano e portano vita.
Chiunque, uomo o donna, consapevolmente o meno, porti un’energia vitale e lavora per il bene del prossimo, indipendentemente dal gruppo al quale appartiene è strumento di Dio, del suo amore e del suo desiderio di salvare tutti. Non c’è peggior pericolo e tentazione di pensare che il Signore utilizzi una sola via per raggiungerci e salvarci. La Chiesa è una di queste ma non è l’unica, i sacramenti sono un dono divino preziosissimo ma non sono gli unici strumenti di salvezza; cerchiamo di non cadere nel terribile errore di pensare che siamo solo noi cristiani ad avere l’esclusiva e che lo Spirito passa soltanto attraverso i nostri canali. E’ fondamentale credere innanzitutto che il Signore ha il profondo desiderio di salvare tutti e che per realizzare questo obiettivo deve utilizzare tutta la sua sconfinata fantasia perché ogni individuo ha la sua storia. Certamente Gesù ha inventato la Chiesa quale strada per rivelare il suo amore e per raggiungerci, ma non illudiamoci che sia l’unica.
Ve ne sono innumerevoli che a volte passano per sentieri inusuali e noi chi siamo per porre dei limiti a Dio? Tornando all’esperienza del cammino di Santiago, quando si giunge alla mèta, dopo giorni di cammino, è emozionante affacciarsi alla piazza dell’Obradoiro per poi entrare nella cattedrale però, (così come ho già esperimentato nel 2017 quando ho percorso un tratto del cammino francese) vi è un luogo ancor più affascinante e mistico da raggiungere (in auto o con i mezzi) ed è Finisterre dove merita assistere al tramonto sulla costa e lì si intuisce che Dio è sconfinato, possiamo anche costruirgli delle splendide chiese ma Lui non abita solo lì, non possiamo metterlo sottovuoto.
Lawrence Malstaf (1972), artista contemporaneo belga, nel 1995 ha realizzato delle opere che sono prestazioni e installazioni artistiche come nel caso di Shrink 01995 dove mette sottovuoto una persona includendo un tubo per consentirle di respirare. L’intento è provocare una riflessione sulla condizione dell’uomo. Così come le persone non ci appartengono e non possiamo metterle sottovuoto questo vale anche con il sole, con l’oceano, con il soffio del vento e tanto più con Dio.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.
Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra.
E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo.
Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.