Religio et Fides | 16 giugno 2024, 07:00

Il Cristo Pantocratore, VI secolo; Basilica di San Vitale a Ravenna

Lettura d'arte domenicale a cura di don Paolo Quattrone

Il Cristo Pantocratore, VI secolo; Basilica di San Vitale a Ravenna

Il brano di Vangelo si apre con queste parole di Gesù: “Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa”. Si parla di un seminatore;  vorrei portare alla vostra attenzione un aspetto di quell’uomo che può sembrare scontato: egli deve voler gettare il seme e di conseguenza compiere delle azioni ben precise quali uscire di casa, andare nella rimessa dove vi sono i semi, prenderli, avviarsi per spargerli sul terreno che molto probabilmente ha lavorato in precedenza.

Come sottolinea Gesù ogni seme, una volta nel terreno lavora autonomamente e spontaneamente; il contadino dovrà solo preoccuparsi di irrigare e far sì che nulla minacci quanto ha seminato. E' importante che lui abbia compiuto il primo passo perché se non si semina non crescerà nulla! Dio fa la sua parte ma noi dobbiamo metterci del nostro e anche se può sembrare poca cosa, in realtà quel poco possiede grandi potenzialità, proprio come il granello di senape, di cui Gesù parla nella seconda parte del brano evangelico, che pur essendo minuscolo può dare vita a una grande pianta e questo a significare che ciò che facciamo, anche se poco, ha un grande valore. Dio non ci chiede di compiere imprese grandi ed eclatanti ma di metterci in gioco per ciò che siamo, consapevoli che ogni gesto è come un piccolo seme, apparentemente insignificante ma in realtà ha enormi capacità e può dar vita a qualcosa di inaspettato.

Ogni più piccola azione è preziosa e può fare la differenza: ad esempio in una relazione di coppia, in famiglia, nel lavoro, nell’amicizia e anche con Dio. Gesù ci insegna che i piccoli gesti, che spesso sminuiamo o sottovalutiamo, in realtà fanno la differenza. Se guardiamo con attenzione alle nostre giornate lo possiamo riconoscere; le piccole azioni hanno un grande rilevanza nel bene e nel male. Se vi chiedessi di pensare  quali siano i mosaici più belli al mondo, quasi in automatico credo che vi verrebbero in mente quelli di Ravenna situati presso la Basilica di san Vitale, realizzati nell’epoca dell’imperatore Giustiniano intorno al VI secolo. Si tratta del miglior esempio di arte bizantina della storia dell’arte.

Soffermiamoci su di uno in particolare, il Cristo Pantocratore, situato nell’abside, la cui posizione è ispirata a un versetto dell’Antico Testamento tratto dal libro di Isaia: “Il cielo è il mio trono, e la terra sgabello per i miei piedi”. Gesù infatti è seduto sopra un globo color turchino sospeso su un basamento di roccia dal quale scaturiscono i quattro fiumi del Paradiso su uno splendido sfondo d’oro. Piccola annotazione: Cristo è imberbe perché nell’iconografia paleocristiana non vi era l’uso di rappresentare il Figlio di Dio con la barba in quanto ci si ispirava ai modelli delle divinità greco-romane. Se dovessimo osservare il mosaico a distanza ravvicinata noteremmo che è composto da numerosissime tessere, ciascuna con la propria colorazione.

Lo stesso vale per la nostra storia personale, ogni giorno, ogni istante possiamo posare una piccola tessera oppure non farlo, restare chiusi nell’’egoismo, nell’indifferenza, nella pigrizia, nella paura di metterci in gioco oppure con i nostri piccoli gesti contribuire a comporre l’immenso mosaico della nostra vita e di quella degli altri. Il Cristo del mosaico, come anticipato prima, è detto Pantocratore, parola di origine greca che si può tradurre così: Colui che domina e che contiene tutte le cose. La presenza di Dio è in ogni realtà, è in ciascuno di noi e a maggior ragione in ogni piccolo gesto che compiamo ed è per questa ragione che azioni anche apparentemente trascurabili possiedono un grande valore e una notevole forza come un sorriso, un saluto, una cortesia, una gentilezza, una buona parola, un istante “perso” per ascoltare qualcuno e  il fare con amore ciò che devo fare qui ed ora. Tutti piccoli gesti con i quali, spesso, senza accorgercene stiamo portando Dio nell’esistenza nostra e in quella degli altri. Sarà poi Lui, proprio come un seme a lavorare silenziosamente, a produrre effetti, spesso anche inaspettati che possono trasformare la vita nostra e quella altrui.   

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone