Quale differenza c’è tra l’essere invitati a casa da qualcuno facendo una semplice chiacchierata e condividere anche una merenda, un aperitivo o un pasto? In entrambi i casi ci si è visti e parlati ma il bere e mangiare aggiunge un "di più" in quanto strettamente connessi con il nutrimento e di conseguenza con la vita. Condividere il cibo è permettere all’altro di entrare un po’ di più in ciò che siamo, nonché permetterci di concederci con più confidenza allo stesso modo di come evoca il dipinto, La colazione dei canottieri (1880-1882) dell’artista francese Pierre-Auguste Renoir (1841-1919), un importante esponente impressionista che si distingueva per la sua marcata gioia di vivere. L’opera raffigura i canottieri e i loro amici riuniti sotto un dehors intorno ad alcuni tavoli: Il gruppo di amici hanno terminato di pranzare, conversano e si godono l’atmosfera calda del pomeriggio ai bordi della Senna. Si respira un clima di familiarità, c’è confidenza, dialogo, contatto e vicinanza.
Credo che Gesù abbia voluto la Messa, per la stessa ragione: offrire all’umanità un’occasione per incontrarsi con Lui concretamente e condividere la sua vita con tutto ciò che ne deriva per nutrire e sostenere la nostra anima e farci percepire che è davvero presente. Spesso quando parliamo di Dio e della fede pensiamo che siano concetti astratti, evanescenti, distanti dalla realtà e invece la solennità del Corpo e del Sangue di Gesù ci fa compiere un sano bagno di concretezza in quanto ci viene ricordato che Dio si è fatto carne, ha vissuto sulla sua pelle la gioia ma anche la fatica dell’esistenza terrena. Egli ha conosciuto cosa significhi lavorare, vivere in famiglia, avere interessi e amicizie, essere acclamati e allo stesso tempo contestati. Egli ha incontrato gente felice ma anche malati, disperati, peccatori, traditori, accusatori e violenti. Gesù è passato attraverso tutto ciò per rivelarci che Dio non se ne sta fuori dal vissuto umano ma vi entra per portarvi amore e salvezza. Grazie al sacramento dell’Eucarestia il Cristo ci raggiunge nella carne, nella nostra realtà e nella nostra storia in modo tangibile. Durante la Messa non ci limitiamo ad ascoltare la sua Parola ma possiamo vedere, toccare e ricevere il suo Corpo e il suo Sangue. Spesso amo ricordare che Dio ci abita perciò potrebbe sembrare contradditorio sottolineare l’importanza del fare la comunione; se Lui è già in noi a cosa serve?
Abbiamo bisogno di segni e gesti concreti che ci rivelino la presenza di Dio che viene a salvarci, a sostenerci e ad alimentare l’anima.Vero è che non vediamo Gesù in persona, in carne e ossa, ma in quell’ostia ci viene incontro con il suo Corpo perciò facendo la comunione avviene un corpo a corpo con Lui. Il corpo fisico si lascia toccare, abbracciare, avvolgere, inglobare da quella di Cristo. Con la comunione i nostri corpi si incontrano nella realtà dell’amore e della salvezza di Dio. Non basta credere che il divino ci abita ma abbiamo la necessità di segni visibili che ce lo facciano percepire presente.
Riscopriamo tutta la bellezza e concretezza del fare la comunione attraverso un pezzo di pane consacrato, lo riceviamo nelle mani, lo portiamo alla bocca, lo mangiamo e lo assimiliamo: è Dio che condivide con noi tutta la sua vitalità. Solitamente i fedeli non accedono anche al calice per questioni igieniche ma la stessa realtà la si avverte bevendo il Sangue di Cristo. Mangiare e bere sono gesti molto concreti e fisici e Dio ha deciso di passare per questi gesti di modo da farci avvertire la sua presenza reale e farci entrare ancor di più nella sua vita con tutti i benefici che ne conseguono. Il Corpo e il Sangue di Cristo ci ricordano infine che la fede passa per azioni tangibili e fisiche. Come Lui si è fatto vicino a noi così noi dobbiamo fare con gli altri. Partecipare alla Messa e fare la comunione è unirci a Dio per attingere a quella forza necessaria per vivere nella carne e nel concreto della nostra esistenza ciò che Gesù ci ha insegnato; per avere il coraggio e l’energia per far si che siamo presenti concretamente agli altri; per camminare insieme, ascoltare, aiutare, prenderci cura; per offire il "sangue"...ossia la nostra vita, il nostro tempo, i nostri doni e le nostre risorse a disposizione e non trattenerle egoisticamente solo per noi.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.