Religio et Fides | 26 maggio 2024, 07:00

'I giocatori di carte', 1890-1892 - Paul Cézanne (1839-1906)

Lettura d'arte domenicale a cura di don Paolo Quattrone

'I giocatori di carte', 1890-1892 - Paul Cézanne (1839-1906)

La solennità della Trinità è certamente un’occasione per guardare verso Dio, per delinearne i tratti salienti ma allo stesso tempo significa comprendere la nostra vera identità. Le letture ci aiutano a tracciare una sintesi su Dio e su di noi, un po’ come Cézanne (1839-1906), pittore francese che nel suo lavoro si pose l’obiettivo di cogliere l’essenza della realtà con forme semplici ispirate a quelle geometriche poiché riteneva che queste fossero la struttura che compone il reale. L’opera che poco più avanti vi presento è la prima di cinque versioni dedicate allo stesso soggetto dove l’intento è per l’appunto quello di arrivare a una sintesi formale.

Partendo dalle letture della solennità della Trinità tentiamo di delineare qualcosa del volto di Dio. Nella prima troviamo questa frase: “Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra”.

Il cielo simboleggia che della Trinità non possiamo dire tutto, molto ci sfugge ma allo stesso tempo Gesù facendosi uomo ne ha tratteggiato alcuni aspetti, primo tra tutti che Dio non è solitario ma è Padre e Figlio e Spirito Santo, tre persone divine in relazione tra di loro che desiderano interagire con l’umanità. L’essenza di Dio è l’essere relazione e questo vale anche per noi, se è vero che siamo a sua immagine e somiglianza. Chiuderci in noi stessi perciò è andare contro la nostra autentica identità, è anticipare l’inferno che altro non è che solitudine eterna mentre aprirci a Dio e al prossimo dona gioia, luce, senso, bellezza, divenendo anticipo di paradiso.

Veniamo al salmo 32 di cui sottolineo questo passaggio: “dell'amore del Signore è piena la terra”. Dio è trascendente, molto di Lui ci sfugge ma sappiamo che in quanto infinito può essere presente ovunque, davvero ogni realtà e ogni persona è abitata dalla Trinità. L’amore divino non è fuori di noi, non è da cercare chissà dove, non è da conquistare. ma è in noi. Si tratta di intercettarlo e di fargli spazio. Gesù poi ci ha rivelato che una delle tre persone della Trinità è Padre e di conseguenza noi siamo suoi figli e non schiavi come ci ricorda san Paolo nel brano della seconda lettura: “Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio”. Il nostro rapporto con il divino non deve fondarsi sulla paura, sulla diffidenza, sul credere che  il Signore voglia farsi beffa di noi, bensì sulla fiducia. Quando  prego non lo faccio per tenermi buono Dio, per portarlo a ciò che voglio io o per guadagnarmi il suo amore, bensì per gustare e godere la sua presenza. Vi cito anche questo ulteriore passaggio della seconda lettura: “Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio”.

Essere credenti è lasciarci prendere per mano dalla Trinità fiduciosi. Il suo scopo è prendersi cura del  nostro bene e dellla nostra felicità, è lasciarci smuovere, guidare, ispirare dallo Spirito Santo.

Giungiamo infine al brano del Vangelo dove Gesù prima di ascendere al cielo fa questo importante annuncio agli apostoli e all’umanità intera: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Dio non è il grande assente, la grande illusione, la magra consolazione bensì tre persone: Padre e Figlio e Spirito Santo che abitano in noi e nella realtà nella quale viviamo e che tutti i giorni sono in movimento per intrattenersi e interagire con l’umanità anche se spesso noi preferiamo restare con noi stessi o con le cose del mondo. Il Dio nel quale crediamo non è un soprammobile da spolverare di tanto in tanto bensì Qualcuno di vivo, è tre persone che ci invitano a relazionarci con loro perché anch’esse sarebbero un po’ più povere senza di noi; è per questo che dalla Trinità è scaturita la vita e l’umanità: essa non è chiusa in se stessa, non è autoreferenziale ma ama l’apertura, non è come" i tre giocatori di carte", dipinti da Paul Cézanne tra il 1890 e il 1892, concentrati su loro stessi e l’umanità non è di certo come la donna e l’uomo in piedi che stanno in disparte. Nulla di tutto ciò, la Trinità desidera relazionarsi con noi, ci coinvolge e desidera giocare insieme a noi in quella grande e complessa partita che è la vita.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it