Religio et Fides | 27 luglio 2025, 06:40

'Il bacio, padre e figli' (1845-1848), Honoré Daumier

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

'Il bacio, padre e figli' (1845-1848), Honoré Daumier

 

Il Padre Nostro è giunto a noi in due versioni, quella di Matteo e quella di Luca che ci viene proposta nella 17esima domenica del tempo ordinario.E' la più antica in quanto è la più breve e ci aiuta ad andare al cuore di questa preghiera. Non mi soffermo su ogni singola parola per non dilungarmi eccessivamente ma ne scelgo solo una, la prima: Padre, che ci fa constatare la portata rivoluzionaria del messaggio di Gesù, venuto a scardinare una visione distorta di Dio per restituirci quella autentica, non si tratta di un padrone da tenere buono a suon di preghiere e di pratiche religiose bensì di un padre, di qualcuno di famigliare e perciò la relazione con Lui non va impostata sulla paura bensì sula fiducia; va vissuta con serenità e non con l’ansia 'da prestazione'.

Occorre farci una domanda: che idea ho di Dio? Se ci pensiamo un po', in tutti, sotto sotto, aleggiano dubbi nei suoi confronti, pensiamo che sia suscettibile, volubile, che potrebbe voltarci le spalle, abbandonarci o addirittura punirci. Mi piace sovente fare questo paragone: un genitore per i propri figli nutre un amore incommensurabile anche quando questi sbagliano, li rimprovera, sì, però il suo affetto non muta. Se un padre o una madre sono capaci di tanto amore, immaginiamo Dio che è immensamente più buono e paterno. A questo proposito vi cito un celebre passaggio dell’Angelus di Giovanni Paolo I di domenica 10 settembre 1978: “Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E' papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore”.

Quante volte ci è stato detto o abbiamo sentito pronunciare queste parole che sono paragonabili a una bestemmia: “Se non fai il bravo/la brava, Dio ti punisce”. Se fosse vero credo che l’umanità si sarebbe estinta già da secoli. Con questo non vuol dire che siamo autorizzati a comportarci come meglio crediamo tanto Dio non ci fa nulla ma se decidiamo di seguire strade di bene, di pace, di amore, di rispetto non è perché qualcuno ci minaccia bensì perché sappiamo che ne va della nostra felicità e di quella altrui. Qualcuno potrebbe obiettare: se Dio è davvero Padre perché permette certi orrori e crimini? Non è Lui a compierli ma noi quando usiamo malamente la nostra libertà; Lui ci ha indicato la direzione giusta ma spesso noi prendiamo altre vie che riteniamo migliori; eppure anche quando ci perdiamo il suo amore per noi non si spegne, non si esaurisce e questo lo sappiamo perché ce lo ha spiegato Gesù senza lasciare alcuna ombra di dubbio con la meravigliosa parabola del padre misericordioso: il figlio minore lascia la casa e la famiglia per vivere in modo dissoluto, per fare di testa sua convinto di possedere la ricetta della felicità. Il padre lo dimentica o lo rinnega? Ci immaginiamo che ogni giorno il suo pensiero andasse a quel figlio ma non poteva legarlo o costringerlo a tornare; l’amore implica il rispetto della libertà altrui, nessuno può essere costretto ad amare. Quando il figlio torna perché ha dilapidato tutti i suoi averi il padre cosa fa? Lo riempie di botte? Gli rinfaccia tutto e lo fa sentire un misero ingrato? No, lo accoglie e organizza una festa! Il problema non è Dio ma siamo noi che spesso ce ne andiamo; Lui è sempre pronto a riaccoglierci, ma sta a noi tornare. Quel figlio avrebbe potuto non fare ritorno e questo sarebbe stato l’inferno. Il timore di Dio non è avere paura di ciò che ci potrebbe farci se sgarriamo bensì quello di perdere per sempre l’amore che Lui offre a tutti, di fuggire dal suo abbraccio per sempre.

'Il bacio, padre e figli' (1845-1848) è un dipinto dell’artista francese Honoré Daumier (1808-1879) noto soprattutto per le sue vignette di satira politica. Un padre dopo essere rientrato dal lavoro prende in braccio il figlio più piccolo per baciarlo e immaginiamo che avrà un gesto di affetto anche per il più grande. Ciò che colpisce è il tipo di stesura dei colori, sembrano sfocati, proprio come la nostra fede che a volte fatica ad accorgersi che Dio è davvero un padre a cui dare del 'tu'; non dobbiamo averne paura bensì frequentarlo con serenità.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it