"Rimango amareggiato e deluso della polemica che si è creata a seguito della cerimonia tenutasi sabato 19 a Rovenaud di Valsavarenche". Inizia così un intervento del deputato valdostano Franco Manes, 'accusato' di silenzio da forze di centrodestra per essere "rimasto in silenzio" sabato scorso dopo che il cantautore indipendentista Philippe Milleret, cantando alle celebrazioni per l'80esimo anniversario della morte di Emile Chanoux (foto sotto), aveva definito Roma 'pattumiera' e 'nemica del popolo valdostano'. In un seguente post su facebook, Milleret ha polemizzato sull'"obbligo per i sindaci valdostani di indossare la fusciacca tricolore, imposta dallo Stato Italiano".
Polemiche che, afferma Manes, "per fortuna non scalfiscono minimamente il momento importante che si è vissuto in quel luogo, nella memoria di Chanoux".
"Purtroppo però - prosegue il parlamentare - come spesso accade oramai da troppo tempo sia a Roma che nella nostra piccola Valle, le strumentalizzazioni e gli scontri ideologici sono oramai arrivati a dei livelli insostenibili. Scontri come più volte ho dichiarato negli interventi alla Camera dei Deputati che hanno il solo fine di raggiungere i media, i social e di conseguenza avere visibilità, ma che nulla portano ai cittadini in termine di risoluzione dei problemi concreti".
Poi Manes, "Siccome, mi sono trovato trascinato, mio malgrado in questo ginepraio", sottolinea alcune questioni:
"Non mi permetto di giudicare ne i video sui social, ne l’opportunità durante le celebrazioni di utilizzare certe terminologie nelle espressioni artistiche, credo che ciascuno debba assumersi l’onere di quello che fa e che dice, soprattutto quando si celebrano iniziative istituzionali sotto il Patrocinio formale di Istituzioni pubbliche come le Regioni o i Comuni e soprattutto, ma non so se sia questo il caso, quando svolgiamo degli incarichi professionali che necessitano di seguire una deontologia professionale nel rispetto delle committenze. La forma è tutto e i tempi e le modalità anche. E sinceramente i discorsi fatti dal sindaco di Valsavarenche e dal Presidente della Regione mi sono sembrati assolutamente rispettosi del contesto tutto e di tutti".
Ancora: "Sull’uso della fascia tricolore, invece posso avere titolo di dire la mia. In tutti gli anni da sindaco e da presidente del Celva nessuno mai mi ha obbligato a indossare la fascia e nessun collega mi ha mai detto di avere avuto pressioni di sorta. E sono quindi sicuro che anche sabato questo sia successo, quindi nel caso un sindaco non l’avesse voluta indossare o se la fosse dimenticata non ci sarebbe stato problema alcuno, come sempre e’ successo in passato".
Manes sottolinea che "come sindaco per me è stato un onore indossarla, 'la nostra fascia', diversa da quella di tutti gli altri sindaci italiani, per il logo della nostra Regione e per lo stemma del Comune che ne fanno un unicum nel protocollo istituzionale e di distinzione della nostra specificità e Autonomia, nelle cerimonie istituzionali, nei funerali degli amici e colleghi, alle adunate degli Alpini, il 4 Novembre, il 2 Giugno, il 25 Aprile. La fascia tricolore per me è come il cappello alpino, un simbolo identificativo del rispetto verso le istituzioni regionali e nazionali e verso la nostra storia. Come lo è il simbolo del Celva, della Camera dei Deputati o del mio movimento che porta sulla giacca. Quando un sindaco giura, lo fa sulla Costituzione, sul nostro Statuto speciale, e quindi anche sui simboli che rappresentano per ciascuno di noi qualcosa di personale. Mi sembra infatti che, come nessuno ci ha mai obbligati a indossare e mettere niente, nessuno ci obbliga a fare il sindaco, ma quando decidi di farlo diventi donna/uomo delle istituzioni e come rappresentante delle istituzioni le regole e le norme le conosci già in partenza e queste vanno rispettate e forse qualche volta anche interpretate e perché no anche contrastate ma in punta di diritto. E tale correttezza di comportamento non limita a nessuno di noi, di avere delle proprie idee e perseguirle ma bisogna però avere anche il rispetto per gli altri".
Sul piano della dialettica politica, Franco Manes (nella foto sopra insieme ad Alex Micheletto, presidente del Celva e a Gianni Nuti, sindaco di Aosta) evidenzia che, "sempre nel rispetto del credo di ciascuno, mi ritengo un buon valdostano, spero un buon cittadino, considero le visioni diverse dei valori aggiunti, quando queste visioni non ledono le mie libertà e convinzioni e sensibilità ( per fortuna diverse da tutti), e in particolare non mi permetto mai di screditare o offendere nessuno, soprattutto i tanti amici e colleghi che hanno idee politiche diverse, perché credo fermamente che il dialogo, la mediazione ed il punto di incontro siano elementi da perseguire sempre, anche per consolidare e migliorare il nostro concetto di Autonomia che va necessariamente attualizzato . E questo lo puoi fare solo attraverso la condivisione, il dibattito e il dialogo con tutti: in Europa, in Valle e soprattutto a Roma, anche perché i concetti di autogoverno e autodeterminazione che sono i fondamenti delle minoranze linguistiche del nostro paese e dei nostri statuti speciali vanno spiegati a qualsiasi livello. Con Roma che ci piaccia o meno si deve dialogare, si deve lavorare insieme e bisogna farlo in maniera efficace e costruttiva, creare sinergie e le basi per raggiungere quegli obiettivi estremamente difficili per la Valle d’Aosta, obiettivi che tutti noi conosciamo e che in campagna elettorale sbandieriamo ai quattro venti, ma che spesso poi, per sterili contrasti ideologici e poca diplomazia, alla fine non riusciamo a raggiungere".