Cultura | 21 aprile 2024, 09:48

Suicidio medicalmente assistito, riflessioni 'per tutti' di don Isidoro Mercuri Giovinazzo

Considerazioni e sette 'punti cardine' su una questione medico-scientifico-teologica del sacerdote valdostano presidente dell'Associazione Italiana di Pastorale Sanitaria-AIPaS

Suicidio medicalmente assistito, riflessioni 'per tutti' di don Isidoro Mercuri Giovinazzo

Anche in Valle d'Aosta come un po' ovunque in Italia ci sono forti spinte in favore  del suicidio medicalmente assistito. Il gruppo consiliare Progetto Civico Progressista-PCP ha depositato in Consiglio Valle una proposta di legge in materia di procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito, che ha ricevuto anche un parere positivo dal Consiglio permanente degli enti locali-Cpel, l'assemblea dei sindaci valdostani.

 

Sussistono alcuni aspetti di principio che possano aiutare le coscienze nella loro riflessione e ciò non a esclusivo interesse della comunità diocesana. Come ho già avuto modo di spiegare, chi pensa che la contrarietà ad una simile decisione abbia soltanto motivi religiosi dimostra un approccio fortemente ideologico alla questione, perfino, paradossalmente, un po’ fideistico.

Ecco dunque sette punti risultato di una riflessione fatta anche a livello nazionale.

1) La questione non è la “libertà di scegliere”. La libertà di compiere gesti estremi è una possibilità, per quanto drammatica, che nessuno discute e può discutere, per quanto la perdita di speranza di queste persone dovrebbe interrogarci comunque nel profondo. La questione è, invece, quali effetti provocherebbe una “legge” e quale sia la direzione verso cui orientare il servizio sanitario.

2) Una “legge”, come insegna Tommaso D’Aquino, indica sempre e inesorabilmente un ritenuto “bene”.Quindi, bisogna ben tenere presente che la norma e lo scopo delle istituzioni pubbliche condizionano in modo fortissimo la cultura e la mentalità.Non ci sono leggi “neutre”. Le ricerche demografiche lo dimostrano inequivocabilmente. In tal senso, anche stabilendo il senso del Servizio Sanitario con le relative norme, i decisori istituzionali e politici sempre decidono cosa ritengano un “bene”, cioè, prendono posizione per una qualche “antropologia”, per una visione di valore sulla persona. E su questa indirizzano la società.

3)Esattamente, il bivio antropologico è scegliere fra un parametro di valore esclusivamente basato sul principio di autodeterminazione (cioè, la capacità di performare, di avere successo), cosicché chi non ha più questa capacità piena (malati, disabili, anziani, “piccoli” in generale) avrebbe meno valore, meno dignità, la sua vita varrebbe meno e, infatti, si indica come “bene” la procurata fine dell’esistenza, di cui ci si ritiene, evidentemente, “padroni”; o un giudizio di valore assoluto di ogni istante di vita, riconoscendo che, invece, sempre (specie nella fragilità)nella persona permangono urgenze, domande di verità, desideri che trascendono la materialità e non dipendono affatto dal grado di “autodeterminazione”.

4) Le cure palliative e l’assistenza h24 ai malati, ai fragili e ai deboli sono il portato di questa seconda visione della persona. Il Servizio Sanitario, d’altronde, deve curare la persona in ogni sua condizione, come si legge all’art. 32, comma 1, Costituzione e all’art. 1 della legge fondativa dello stesso (833/78). L’esperienza dei palliativisti racconta costantemente che dove c’è cura del dolore, la richiesta di morte scompare e il “fine vita” si mostra come un momento con una importanza oggettiva, in cui le posizioni personali divengono più semplici e “pure” e in cui i rapporti e gli affetti vivono una intensità straordinaria.

5) Una legge che introducesse la possibilità di prestazioni sanitarie per procurare la morte introdurrebbe un fortissimo messaggio culturale di disvalore e di abbandono dei più deboli (“cultura dello scarto”). E la solitudine e l’abbandono acuiscono e aumentano lo smarrimento e la disperazione. Infatti, le leggi eutanasiche o per il suicidio assistito, “dicendo” ai più deboli che la loro vita non ha valore, hanno sempre determinato un forte incremento della richiesta di morte da parte di malati e non solo.

6) Ognuno è chiamato a giudicare se ritenga più ragionevole, cioè laicamente più corrispondente alla ragione e ai propri desideri per sé, di essere curato o al contrario abbandonato nella fragilità. Le istituzioni, del canto loro, devono scegliere quale dei due diversi “beni” indicare alla società che guidano.

don Isidoro Mercuri Giovinazzo

Ti potrebbero interessare anche: