Attualità | 16 aprile 2024, 07:44

Tunnel G.S. Bernardo, minacciosa lettera degli svizzeri: 'degrado tratta italiana, rischio di incidenti'

Contraddicendo le rassicurazioni sulla sicurezza e rispolverando, tentando di attualizzarli, vecchi problemi, il presidente della società di gestione elvetica Société Tunnel du Grand-Saint-Bernard SA (TGSB), Olivier Français, torna a paventare chiusure e situazioni emergenziali se l'italiana Sitrasb non provvederà economicamente a proseguire i lavori alla soletta

Tunnel G.S. Bernardo, minacciosa lettera degli svizzeri: 'degrado tratta italiana, rischio di incidenti'

Ci aveva già provato lo scorso novembre, quando a un media svizzero aveva annunciato l'imminente chiusura del traforo "non più sicuro" se la 'consorella' italiana Sitrasb non avesse versato quanto prima la sua quota di 26 milioni di euro necessari ai lavori di rifacimento di parte della soletta danneggiatasi nel 2017. Ora è tornato alla carica il presidente della società di gestione elvetica Société Tunnel du Grand-Saint-Bernard SA (TGSB), Olivier Français, e lo ha fatto con una lettera inviata il 2 aprile scorso ai vertici di Sistrasb, di Sisex e alla Commissione mista (organismo intergovernativo); una missiva che contraddice le ampie rassicurazioni pubbliche sulle garanzie di sicurezza all'interno del traforo del Gran San Bernardo rese in questi mesi alla stampa dagli stessi vertici di Sitrasb, ovvero il presidente Edi Avoyer e il direttore Yanez Dalle nonché nell'aula del Consiglio Valle da parte del Presidente della Giunta, Renzo Testolin.

Ma chi ha ragione? Recita la lettera di Olivier Fançois: "A seguito dell'annuale ispezione di esperti organizzata il 26 febbraio 2024 alla presenza degli ingegneri François Pignat, Albert Fournier, Umberto Ventosi e Yanez Dalle, quest'ultimo ha rilevato in particolare la presenza di mattoni da cassero in cotto nella rete protettiva e la rottura di due travi precompresse, ora trattenute dalla puntellatura temporanea realizzata nel 2017.

Secondo le informazioni forniteci, il ripristino provvisorio della struttura attualmente effettuato sarebbe in grado di resistere alla rottura di sette travi. Siamo però estremamente preoccupati per questa situazione. Sottolineiamo che in caso di incidente, le nostre società incorrerebbero molto probabilmente nella responsabilità civile e penale e spetta a noi adottare tutte le misure di sicurezza per evitare un simile evento".

Secondo Français, la circostanza dimostra "il continuo degrado della vostra tratta (quella italiana dunque ndr)" e dunque il presidente di TGSB chiede a Sistrasb "di prendere posizione per la prosecuzione dei lavori di sostituzione della soletta intermedia secondo il programma contrattuale dell'impresa, essendo i lavori già iniziati sulla parte svizzera".

Insomma, fino a qui si tratta più o meno delle stesse velate minacce di chiusura o quanto meno di allarmistici esiti catastrofici già letti e sentiti lo scorso novembre. Ma c'è di più: "In attesa dei lavori sopra descritti - scrive ancora Olivier Français - chiediamo che venga intensificato il controllo annuale degli esperti, vale a dire due volte l'anno. Tali verifiche dovranno riguardare in particolare lo stato delle travi precompresse, del sistema di sospensione temporanea e della rete di protezione. La successiva ispezione deve essere anticipata ed effettuata il più rapidamente possibile; dovrà valutare se le misure attualmente intraprese e previste sono sufficienti a garantire l'esercizio della galleria in perfetta sicurezza. Vista la situazione, attendiamo la vostra determinazione sui due punti di cui sopra entro il 16 aprile 2024". 

Non occorre saper leggere tra le righe per capire le intenzioni della società elvetica di mettere spalle al muro la 'consorella' italiana e costringerla a 'obblighi' di pagamento in solido di cifre determinate e pretese unicamente oltrefrontiera, pena la chiusura del traforo. Ma Olivier Français, nella sua lettera per la quale attende oggi risposta, in realtà non porta nulla di nuovo. Servendosi dell'ispezione del 26 febbraio scorso, non fa altro che 'ricreare' una circostanza di pericolo e di necessità di intervento su un incidente vecchio di sette anni e per il quale si era prontamente operato per la messa in sicurezza e il ripristino del danno. Al di là delle tempistiche di intervento, rispolverare quanto accaduto nel 2017 cercando ambiguamente (il potere delle parole...!) di farlo passare per qualcosa avvenuto di recente, procurando un allarme destituito di reale fondamento, non sembra il miglior metodo di confronto. Ora si attende, ovviamente, la risposta italiana.

patrizio gabetti

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