I lettori più attenti e dotati di buona memoria noteranno che l’immagine che vi propongo in occasione della Pasqua l’ho già utilizzata, precisamente nel mese di gennaio.
E’ il Cristo come Salvatore dipinto da El Greco tra il 1610 e il 1614, un’opera di grande intensità dove Gesù esce dalle tenebre vestito di luce per affacciarsi su di noi e il suo sguardo non è di giudizio, non incute terrore ma è profondo e carico di amore, ci fa sentire accolti, cercati, accompagnati, attesi e soprattutto salvati proprio come il titolo dell’opera ci ricorda.
Vi ripropongo l’immagine perché mi è rimasta particolarmente impressa nella mente dopo averla vista dal vero questo inverno alla mostra dedicata a El Greco al Palazzo Reale di Milano e ritengo che sia adatta a commentare il brano del Vangelo di Marco che viene proclamato nella solenne Veglia pasquale. Esso si apre con le donne che di buon mattino si recano al sepolcro con oli aromatici per ungere il corpo di Gesù e lungo la strada si chiedono: “Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?”. In effetti è un problema, quella pietra doveva pesare molto e da sole non ce l’avrebbero fatta. Vi sono situazioni che non possiamo affrontare in solitudine; pesi che non possiamo portare da soli; massi che cadono sulla strada che percorriamo e che non riusciamo a sollevare e tanto meno a spostare contando esclusivamente sulle nostre forze. Chi può aiutarci a portare certi pietroni che incombono sulle nostre spalle? Chi può rimuovere certi massi che ci ostruiscono i cuori impedendoci di vedere una via d’uscita? Vi sono momenti particolarmente critici ed impegnativi dove comprendiamo che non bastano le nostre risorse e abilità, non bastano gli amici e le persone che amiamo e che ci amano seppur fondamentali, non basta la ragione con la quale crediamo di poter spiegare e risolvere tutto, non basta lo sballo per dimenticare per un attimo quel problema, non basta ciò che possediamo e le piccole sicurezze che ci creiamo ma serve di più. Serve Qualcuno che ci salvi e l’unico in grado di farlo è Cristo Salvatore; o si va da Lui o quel masso resterà lì per sempre. Quando ci accade di esclamare: “Come farò ad affrontare questa situazione?”, “Non ce la farò mai!”, “Questo è davvero troppo!”, guardiamo verso quel volto dipinto da El Greco, verso Gesù risorto, vivo e presente e coinvolgiamolo. Non cadiamo nella terribile tentazione di voler sistemare tutto da soli, nessuno si salva da solo, tanto più nei momenti critici. Ci sono situazioni cruciali nelle quali o ci facciamo prendere per mano da Lui o siamo persi. Spesso viviamo nell’illusione di poter portare i pesi, le responsabilità, le sfide dell’esistenza contando solo su noi stessi mentre dovremmo riconoscere, come quelle donne che si dirigono al sepolcro, che certi pietroni non possiamo rotolarli da soli. Aver fede è riconoscere che nessuno si salva da solo, che non posso spaccarmi la schiena portando in solitudine responsabilità, pesi, preoccupazioni, e o mi lascio aiutare anche da Dio altrimenti resterò schiacciato, fermo e incapace di andare avanti.
Il Cristo di El Greco regge con la mano sinistra una sfera che rappresenta il mondo ma allo stesso tempo può rimandare alla pietra del sepolcro, solo Lui può aiutarci a portare, a spostare e a superare certi pietroni.
Mi vengono in mente due passaggi del Vangelo, il primo si trova in Giovanni (Gv6, 67-68): Gesù dice ai discepoli: “Forse anche voi volete andarvene?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. L’altro passo è in Luca (Lc 17,6): Gesù rispose: “Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe”. Da chi andare quando si affacciano i problemi? Da chi ricevere la forza necessaria per affrontare certe sfide?
Pasqua significa passaggio, è Cristo risorto che ci aiuta a passare dal peccato al perdono, dallo sconforto alla fiducia, dal male al bene, dalla morte alla vita eterna. Facciamoci dare un 'passaggio' da Gesù; nella vita possiamo viaggiare sempre e soltanto da soli contando solo sulle nostre gambe oppure farci tirare su da Cristo lasciandoci dare un passaggio, riconoscendo che solo Lui ci salva!
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.