Religio et Fides | 17 marzo 2024, 07:00

'Il cavaliere azzurro' - 1903, Kandinskij (1866-1944)

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

'Il cavaliere azzurro' - 1903, Kandinskij (1866-1944)

“Porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore”, sono parole di Dio che troviamo nella prima lettura tratta dal libro del profeta Geremia, dove Egli rivela il desiderio di stabilire un’alleanza profonda con il suo popolo e questo avviene ponendo e scrivendo nel cuore umano una legge, un dono che ci ricorda che gli apparteniamo, che siamo fatti per entrare in relazione con Lui; questo per rendere davvero bella la nostra vita. Sulla scia di questo mi sorge alla mente una frase di sant’Agostino: “Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in Te”.

Aprirci a Dio rende bella l’esistenza e per questa ragione il demonio ricorre ad ogni mezzo e sotterfugio per distrarci e farci dimenticare quella legge che il Signore ha inscritto in noi e che ci rivela la nostra natura di figli di Dio pensati per l’assoluto. Cosa ci aiuta a ricordare che non siamo solo corpo, che non siamo solo ciò che facciamo ma che c’è di più, che possediamo un’anima e siamo fatti per l’eternità? La nostra sensibilità innata per la bellezza e per il bene! In ciascuno di noi c’è un istinto divino che ci conduce a desiderare il bene e il bello e il demonio sa che l’unica possibilità per ingannarci è quella di confonderci le idee travestendo il male da bene, la bruttura da bellezza. Così facendo ci indirizza verso tutte quelle forme di brutture che inquinano l’esistenza, che ci fanno perdere di vista che noi possediamo un’anima e che siamo fatti per relazionarci anche con il Signore. Il diavolo tenta di condurci verso abitudini, vizi e dipendenze che ci imbruttiscono, appiattiscono e sviliscono.

Quali comportamenti malsani rischiano di farmi perdere di vista che in me c’è qualcosa di più, che io valgo e che di conseguenza la mia vita non va sprecata? Come fare per non dimenticarci che abbiamo un’anima, che esiste anche una dimensione spirituale della vita e che siamo fatti per Dio? Si tratta di restare a contatto con la bellezza.

E’ celebre l’affermazione del grande scrittore e pensatore russo Fëdor Dostoevskij (1821-1881) contenuta nel suo romanzo L’idiota: “la bellezza salverà il mondo”. Parole che ci ricordano che se teniamo fisso lo sguardo su ciò che è davvero il bene e il bello arriveremo alla bellezza assoluta e cioè a Dio, scoprendo che noi siamo sua dimora e creati per relazionarci con Lui. Cito un altro artista russo, in questo caso si tratta del pittore Vasilij Kandinskij (1866-1944).Vi riporto alcuni passaggi di un suo testo fondamentale, Lo spirituale nell’arte:  “L’uomo di solito è portato all’esteriorità, specialmente oggi!”; “L’artista parla all’uomo del sovrumano: questo è il linguaggio dell’arte”; “L’artista è come un sacerdote che ha il compito di mostrare lo spirituale contenuto nella realtà”. Per non perdere di vista che siamo bellezza e che la nostra esistenza è preziosa, è fondamentale restare connessi con ciò che è bello e buono, avere sane abitudini, fare cose che rendono migliore la nostra vita e quella altrui, dedicarci ad attività che promuovono e creano il bene, curare l’accoglienza, l’ordine, essere persone che coltivano la bellezza nelle sue innumerevoli sfumature. Nel salmo 50 troviamo questa frase: “Crea in me, o Dio, un cuore puro”, non significa un cuore perfetto o immacolato bensì che si lasci affascinare dal bello e non dalle brutture, assecondando quella sete di bellezza e di verità che è costitutiva di ogni persona. Così come ci ricorda il brano di Vangelo che narra di alcuni Greci che desiderano vedere Gesù, e che spesso il demonio tenta di soffocare. Tra gli scritti significativi di Kandinskij vi è anche Il Cavaliere azzurro, redatto insieme al pittore Franz Marc, testo che getta le fondamenta per una nuova arte dove ciò che conta non è tanto che sia astratta o figurativa ma che sappia dar voce al mondo interiore che abita sia l’artista che lo spettatore. Il libro ha lo stesso titolo di un dipinto di Kandinskij del 1903 dove vi è raffigurato un cavaliere vestito di azzurro, in groppa ad un cavallo bianco, lanciato al galoppo su un prato verde. Ciascuno di noi può identificarsi con quel personaggio. Siamo tutti chiamati a seguire la nostra vera essenza e di conseguenza a lanciarci e protenderci alla ricerca del bello, del bene e del buono, solo così arriveremo a riconoscere che siamo preziosi, che possediamo un’anima quale luogo per incontrarci con quel Dio che è l’unica Bellezza in grado di salvarci dalle brutture della vita.  

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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