Cronaca | 15 marzo 2024, 16:48

Processo Geenna, concluso appello bis sui beni confiscati a Tonino Raso

Perizia superpartes riduce di molto l'eventuale sproporzione reddituale individuata originariamente dalla Dda, gli avvocati chiedono l'annullamento in toto delle confische; i giudici decideranno entro 45 giorni

Processo Geenna, concluso appello bis sui beni confiscati a Tonino Raso

Il commercialista Dario Spadavecchia, incaricato dalla lo scorso ottobre dalla Corte di Appello di Torino, ha accertato in 140 mila euro la sproporzione dei redditi del ristoratore aostano Antonio 'Tonino' Raso in considerazione dei suoi investimenti fatti nel corso di dieci anni (sino al suo arresto nel 2019). Una cifra ben diversa da quella individuata dalla procura della Dda torinese (900 mila euro) ma comunque errata per i difensori dell'imputato (Ascanio Donadio e Pasquale Siciliano), per i quali la redditualità di Raso è congrua con i suoi affari.  Il deposito della perizia ha di fatto posto fine all'appello 'bis' nei confronti di Raso, arrestato il 23 gennaio 2019 insieme ad altri 15 indagati nell'ambito dell'inchieste 'Geenna' sulla presenza di una locale di 'ndrangheta ad Aosta.

Per Raso e solo per lui, il 12 aprile 2021 era stata disposta anche la confisca dei beni: quote della società che gestisce il ristorante La Rotonda di Aosta, un appartamento, un'autorimessa, due autovetture, tre conti corrente (dei quali uno al 50%) e il saldo attivo di due carte prepagate. 

In seguito nonostante fosse detenuto gli erano state applicate le misure di sorveglianza perché ritenuto portatore di 'pericolosità sociale', condizione ribadita dai giudici di primo e secondo grado ma non così chiara per la Suprema Corte di Cassazione, secondo cui "l'acquisizione dei beni confiscati non risulta correlata cronologicamente al giudizio di pericolosità sociale qualificata formulato nei confronti di Raso dalla Corte di appello di Torino, occorrendo verificare se tale condizione soggettiva, che si faceva risalire al 2009, si era manifestata al momento dell'acquisto dei beni confiscati". Tradotto: non è detto che Raso abbia ottenuto i beni che possiede in ragione della sua 'pericolosità pubblica' e quindi da condotte criminali, ma piuttosto potrebbero essere frutto del suo lavoro.

 

Per la Dda la condanna comminata a Raso in primo grado “corrobora il compendio univocamente orientato nel senso della pericolosità sociale”, mentre i suoi difensori hanno rilevato e sempre ribadito "l'assenza di contestazioni nei suoi confronti quanto alla commissione di reati-fine dell’associazione”, e anche "l'asserita interruzione dei rapporti con i coimputati quantomeno dall’anno 2017", ricordando “la risoluta dichiarazione di condanna dell’abito mentale e delle dinamiche operative 'ndranghetiste espressa nel corso del dibattimento di Aosta quando lui stesso aveva dichiarato "la ‘ndrangheta è la cosa più schifosa".

 Nell'udienza di oggi il procuratore generale ha chiesto la restituzione a Raso delle quote sociali de 'La Rotonda' ma anche di confiscare una quota dell’appartamento del ristoratore per un valore di 40mila euro. I difensori hanno chiesto l'accoglimento del ricorso che chiede la restituzione di tutto il patrimonio e i giudici si sono riservati la decisione entro 45 giorni.

 Raso era stato scarcerato il 31 marzo 2023 insieme agli altri tre imputati nella 'costola aostana' dell'inchiesta Geenna (Monica Carcea, Nicola Prettico e Alessandro Giachino) dopo oltre quattro anni di custodia cautelare, 'costola' per la quale è in corso un nuovo processo di Appello, scaturito dalla sentenza di Cassazione del gennaio 2023 e che deve stabilire se vi fu o meno associazione per delinquere di stampo 'ndranghetista tra gli imputati.

pa.ga.

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