Nella prima lettura si narra degli ebrei che finirono in mano ai nemici persiani subendo il conseguente esilio in Babilonia; nel testo viene detto tutto ciò accadde perché si beffarono delle parole dei profeti mandati da Dio e disprezzarono le loro parole.
A una lettura semplicista potremmo pensare che il Signore punisca il popolo, consegnandolo ai nemici, perché ha disobbedito ai suoi insegnamenti ma non è propriamente così. Si tratta di un’immagine che intende suscitare questa riflessione: se ascoltiamo solo noi stessi il rischio è di consegnarci ai nemici dell’esistenza che sono: orgoglio, superbia, invidia, tristezza, paura e tutte quelle molteplici forme di male che affastellano la vita e che invece di renderci liberi e felici ci riducono in schiavitù.
Tornando al tema delle tentazioni occorre aver chiaro che il demonio si cimenta in tutti i modi pur di disconnetterci da Dio e di sintonizzarci sul nostro io perché così facendo ci avvia alla catastrofe. Vi è un’ulteriore inganno che si insidia quando l’esistenza va a rotoli:la lamentazione e il puntare il dito. Facciamo quello che ci pare dando retta soltanto a noi stessi e poi quando siamo nei guai incolpiamo gli altri oppure Dio. Nel Vangelo ad un certo punto Gesù, dialogando con Nicodemo, afferma: “la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie”. Sovente diamo retta a tutto e a tutti meno che a Gesù e al suo Vangelo e così facendo poco per volta ci infiliamo in un buio sempre più fitto e invece di riconoscere che siamo arrivati a quel punto per responsabilità nostra ecco che il demonio ci sospinge a individuare dei colpevoli.
E’ la tentazione di non saperci prendere le nostre responsabilità cercando invece dei capri espiatori, delle scuse e degli alibi. Sovente ci facciamo beffe dei comandamenti che hanno lo scopo di guidarci al bene e alla felicità, siamo indifferenti a ciò che ci ha insegnato Cristo snobbando la via dell’amore e della fede che ha indicato e tracciato per tutti. Così facendo poco per volta la nostra esistenza si tinge di scuro, le tenebre si infittiscono e piombiamo nel caos; dovremmo però avere almeno l’onestà di riconoscere la nostra testardaggine: ci siamo messi da soli in mano ai nemici della nostra felicità! Non finisce qui, ecco che il demonio si presenta con un’ulteriore tentazione: farci credere che dal buio del male e del peccato, nel quale ci siamo infilati, non se ne esce. Si tratta di un inganno al quale non dobbiamo cedere perché c’è sempre una via d’uscita, ci si può perdere ma vi è sempre una strada per ritornare al bene, alla felicità, alla gioia ed alla bellezza. Quando siamo nei guai non cerchiamo colpevoli, non accusiamo altri ma facciamoci un buon esame di coscienza e in più ricordiamoci che quando ci convinciamo che tutti ce l’hanno con noi, che tutto ci rema contro è il momento giusto per fermarci, per metterci davanti a Dio sotto la luce della sua misericordia per guardare dove abbiamo sbagliato e chiedergli la forza per correggere il tiro e il perdono per rialzarci e ripartire. Sono belle e vere le parole di san Paolo che giungono dalla seconda lettura: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati”, così come questa frase che troviamo nel Vangelo: “chiunque crede in lui non va perduto”.
Se ci fidiamo di Dio e non solo di noi stessi non ci perderemo, non smarriremo i sentieri della felicità; a volte, è vero, facciamo di testa nostra, finiamo in mano ai nemici dell’esistenza ma non dobbiamo disperare. Si tratta di alzare lo sguardo e di lasciarci tirar fuori da Gesù che non è solo un Amico ma è il Salvatore, l’unico in grado di salvarci dal buio della disperazione, del peccato e della morte, così come evoca in modo efficace l’opera, Discesa di Cristo agli inferi di Pieter Huys (1519-1581) discepolo del pittore fiammingo Hieronymus Bosch.
Entrambi nelle loro opere utilizzavano simboli, visioni e allucinazioni frutto della loro sconfinata fantasia per narrare il conflitto tra bene e male, virtù e vizi, fede e perdizione. Nell’opera specifica si tratta di Gesù risorto che scende agli inferi e porta luce e salvezza in un posto di dannazione.
Non c’è luogo, non c’è buio esistenziale dove Gesù non possa raggiungerci e salvarci!
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.