"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” sono le prime parole che Gesù pronuncia nel Vangelo di Marco. Dio vide le loro opere, si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, è quanto leggiamo nella prima lettura dove si racconta di come i malvagi e terribili Niniviti cambiano vita dopo aver ascoltato la predicazione del profeta Giona. “Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri”, sono parole del salmo 24, dove colui che prega chiede a Dio di percorrere la giusta strada; infine san Paolo dalla seconda lettura ci invita ad andare all’essenziale, a non perderci dietro le cose del mondo.
Le letture della terza domenica del tempo ordinario sembrano proprio spronarci alla conversione. L’etimologia è sempre preziosa per comprendere il senso delle parole, tanto più nel caso della Sacra Scrittura. Conversione deriva dal greco metanoéo termine composto da meta+nous che significa: cambiare mente. Consiste in un rinnovamento di mentalità, andare oltre le nostre idee e il nostro centro logico per aprirci al bene, al bello, al Vangelo, alla Bella e Buona Notizia. Gesù afferma: “Il tempo è compiuto”, non sta facendo il conto alla rovescia, non sta affermando che non c’è più tempo ma fa notare che il presente è pieno di opportunità che dobbiamo cogliere e non sprecare per il bene nostro e degli altri: si tratta di non perdere di vista che il Regno di Dio è vicino e quiondi che il mio tempo è abitato dal Signore, Colui oggi mi offre dei suggerimenti affinchè io cambi approccio verso l’esistenza. Dio mi viene incontro mostrandomi una via bella e buona poiché mi ama e non mi si accosta dicendomi: “Ma non ti vergogni? Fai proprio schifo! Guarda che questa roba non si fa!” bensì indicandomi la luce e suggerendomi: “Guarda che tu sei prezioso, sei stato creato per la bontà e la bellezza, non perderti dietro cose inutili, hai cose più belle da fare perchè quando percorri il male smarrisci la tua vera identità, non sei più tu!”. Gesù ci invita ad un cambio di mentalità non rimproverandoci, maal contrario indicandoci la bellezza per la quale ci ha creati; Lui ci vuole tirare fuori dal male non a colpi di minacce ma mostrandoci la luce, facendoci intuire che la vita potrebbe essere ancora più bella e piena. Solo la bellezza, il bene e la bontà ci invogliano a cambiare, a uscire da tutte le situazioni di ombra e di bruttura nelle quali ci infiliamo. Non serve a nulla o serve ben poco dire: “guarda che questo tuo modo di ragionare e di comportarti non và”, bensì occorre mostrare una valida e affascinante alternativa per convincerci di intraprendere un nuovo sentiero. Per uscire dal buio occorre qualcuno che indichi la luce; non è sufficiente sapere che vivere nelle tenebre del peccato e del male non è cosa buona. Qualcosa di simile accade guardando al Vangelo e alla chiamata di Andrea, Simone Giacomo e Giovanni: non lasciano le reti perché Gesù li rimprovera o sminuisce la loro professione di pescatori bensì perché fa intuire loro che c’è di più, molto di più. E’ mostrando il bene, il bello, il giusto, ciò che è affascinante che le persone sono invogliate a uscire dall’ombra e dal buio del male.
Chiediamoci: in cosa mi sto perdendo? Quali abitudini e comportamenti rovinano la mia bellezza, adombrano la mia luce, mi fanno perdere di vista la mia vera identità che è quella di figlio di Dio chiamato ad amare. Dove sto sprecando il mio tempo, le mie energie mentre potrei utilizzarle per creare bene e bellezza per me e per il prossimo?
Presso il Museo Revoltella di Trieste è esposto un quadro intitolato: 'Paesaggio marino innevatoì (1910) del pittore, architetto e scrittore triestino Pietro Lucano (1880-1972). Egli amava rappresentare paesaggi spesso caratterizzati dal contrasto di luce e tenebre come nel caso dell’opera in questione. Il buio della notte è rotto dal bianco della neve caduta sulla spiaggia ma in particolar modo da una luce in lontananza, probabilmente quella di un faro. Dio ci corregge, ci invita a uscire dalle zone d’ombra nelle quali a volte ci infiliamo ma non lo fa con i rimproveri bensì ricordandoci che noi siamo fatti per la luce, per il bene, per il bello, che abbiamo ben altro da fare; è un metodo che dovremmo usare anche per spronare i nostri figli, nipoti e giovani quando li vediamo persi. Serve ben a poco 'bacchettarli', occorre mostrare loro un punto luce, una valida alternativa e ricordare loro che sono preziosi.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.