Nella prima lettura tratta dal libro della Genesi leggiamo che Dio colloca l’uomo nel giardino dell’Eden. Tutto il racconto della Creazione è di natura mitica, non è un trattato di scienza ma attraverso una narrazione ricca di immagini intende trasmetterci un insegnamento esistenziale e spirituale aiutandoci a comprendere chi siamo davvero. L’Eden perciò non è un luogo geografico ma una situazione alla quale tutti siamo chiamati: l’armonia.
Dio desidera per ciascuno di noi la felicità che però non corrisponde, come erroneamente crediamo, con l’assenza totale di problemi ma nel saper convivere con elementi di per sé contrastanti quali il bene e il male, la gioia e il dolore, esattamente come l’armonia di un brano musicale è data dall’insieme di elementi diversi tra loro: note gravi ed acute, pause, piani e forti.
Dio ci ha creati per l’armonia e questa non cresce chissà dove ma dentro di noi, nel giardino interiore dell’Eden che Egli ha piantato nel nostro intimo.
Lo scorso Natale sottolineavo che il Signore ci abita ma spesso non ce ne accorgiamo, lo cerchiamo chissà dove mentre Lui risiede nel nostro giardino interiore e lì ci aiuta a far fiorire l’armonia.
Occorre allora entrare in confidenza con questo luogo, per questa ragione ogni domenica di Quaresima ne svilupperò un aspetto.
Il brano di Vangelo ci descrive Gesù tentato nel deserto, ci ricorda che il cammino spirituale prevede anche delle crisi. Il demonio lo mette alla prova: fargli compiere azioni che vadano contro la sua vera natura per svilire ciò che Lui è. Lo stesso meccanismo lo troviamo nel passaggio della prima lettura dove il diavolo tenta Adamo ed Eva dicendo loro: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”. L’inganno sta in questa frase: “sareste come Dio”.
La tentazione più terribile, quella che fa saltare l’armonia dentro di noi, è rincorrere un ideale di noi stessi non accettando la realtà di ciò che siamo. Quando entriamo nel nostro giardino interiore constatiamo che non vi sono soltanto zone verdi e rigogliose ma anche aree più o meno grandi desertiche dove quando ci passi ti si secca la gola fin nel profondo, dove avverti tutta la tua miseria e questo ci turba.
Non dobbiamo scandalizzarci nel constatare l’esistenza di queste zone aride, esse sono quegli aspetti di noi che non amiamo e che non vorremo avere: lati negativi del carattere, ferite che ci portiamo dietro da un passato più o meno recente, fallimenti e sconfitte esistenziali. Dobbiamo ammetterne l’esistenza ed accettarle perché sono parte di noi; non possiamo nasconderle nè tanto meno negarle.
Gesù, tentato, ci invita a riconoscere le nostre aree di deserto, ad entrarvi e a guardarle con Lui per saperle accoglierle, se il nostro giardino interiore fosse tutto verde e rigoglioso ci illuderemmo di essere quasi come Dio. Invece i nostri deserti ci rivelano che non siamo ancora arrivati, non siamo perfetti e nemmeno chiamati a diventarlo. Chi può diventare come Dio? Nessuno! Quando vogliamo essere ciò che non siamo salta l’armonia, la nostra vita diventa un inferno.
Non dobbiamo avere paura di entrare in noi stessi, nel nostro giardino interiore, riconoscendo anche le zone desertiche, non giudichiamoci, non condanniamoci ma ricordiamoci che anche lì abita il Signore.
Impariamo a stare nei nostri deserti, a non fuggire i momenti di aridità, di crisi, di fatica esistenziale o spirituale perché anche lì Dio ci sta dicendo qualcosa e può agire.
L’armonia non si genera in noi eliminando ogni aridità ma accogliendola. Preghiera nel deserto (1882) è un’opera del pittore e senatore del Regno d’Italia Domenico Morelli (1823-1901) il quale da un inizio più accademico troverà un suo stile personale e libero desideroso di cogliere la verità della realtà. Infatti verso la fine della sua carriera si lascerà affascinare dal mondo orientale, pur non avendovi mai viaggiato. Alcuni uomini pregano nel deserto, rivolti verso la Mecca; è tipico dei musulmani fermarsi là dove si trovano per rivolgersi a Dio nell’orario stabilito.
Quando entrando nel nostro giardino interiore incappiamo in zone aride, non fuggiamole, non neghiamole perché Dio è anche lì e da lì ci parla, ci fa crescere, ci fa prendere consapevolezza di chi siamo veramente e questo crea armonia in noi.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta.
Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte.
Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.
Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito.
Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.