Editoriale | 26 febbraio 2023, 08:53

Il voto di venerdì sera? Un corto circuito dal cuore alla testa

Il voto di venerdì sera? Un corto circuito dal cuore alla testa

Senza pretesa di verità biblica alcuna, ecco cosa è successo venerdì sera nell’Aula di Palazzo regionale.

Un consigliere che non ha mai nascosto il proprio disagio sull’allargamento della maggioranza a un collega decide di ‘dare un segnale’.

Un altro consigliere che da giorni lamenta di sentirsi ‘lasciato a sé stesso’ dal suo Movimento e si ritrova dall’oggi al domani allontanato dai tavoli decisionali decide anch’egli di ‘dare un segnale’.

I due però non si parlano, e così per due voti dissidenti che dovevano solo farla tremare, la nuova Giunta Testolin è stata affossata prima di nascere.

Tutto questo è sicuramente un modello, uno specchio, delle nostre vite in generale. Quante cose accadono che non vorremmo solo perché non parliamo abbastanza, o per nulla, con chi ci sta vicino, con chi per necessità o piacere di condivisione potrebbe anzi dovrebbe partecipare alle nostre scelte. O perché presuntuosamente temiamo di sentirci dire cose che non vorremmo; perché coltiviamo deleteri quanto risibili rancori.

La politica locale, nazionale, internazionale soffre di questo corto circuito comunicativo da diverso tempo e le conseguenze, com’è sotto gli occhi di tutti, possono essere tragiche, irreparabili ben più dell’incidente di Place Deffeyes.

Le famiglie, le nostre, ne soffrono non di meno e contro i muri di incomprensione che giornalmente costruiamo finiscono per infrangersi i sentimenti, il buon senso, la ragione. Stiamo edificando attorno alle nostre esistenze una rete protettiva virtuale assolutamente illusoria, basata su menzogne camuffate da certezze, ma che restano  menzogne.

I rapporti personali diretti sostituiti da freddi messaggi elettronici privi di intonazione e carichi di comodi emoticon anemozionali; le invenzioni web di haters e manipolatori preferite alle informazioni verificate di onesti professionisti della comunicazione, tutto concorre al disfacimento culturale e sociale della nostra comunità, in un vortice babelico dove realtà e finzione diventano indistinguibili, dove a chi ha la voce più grossa viene data patente di verità e dove il mite può solo soccombere.

E poi si parla tanto, tantissimo, in questo mondo artificiale e impermeabile, tante parole a vuoto, puro esercizio di stile. Per convincere chi? Se stessi prima di chiunque altro. Per compiacere le sedie vuote del pubblico, anche. E anche di questo ciacolare nel buio la giornata di venerdì scorso è stata un formidabile esempio: in un Aula circondata dall’assenza di spettatori (tranne alcuni seri giornalisti animati da senso di responsabilità e ordine di servizio…) quasi tutti i consiglieri regionali si sono profusi, per ore, in interventi carichi di pathos, di promesse e ammonimenti, di ricordi e progetti. Poi il tragicomico risultato del voto e si torna tutti a casa con le corna lasciate nell’arena. Desolante, certamente, ma che almeno serva da lezione e non solo per i 35 eletti ma per tutti.

Esercitando un po’ di empatia tra loro, un po’ di sana comunione affettiva e non solo strategica, molto probabilmente i consiglieri regionali di maggioranza venerdì sera avrebbero incassato il risultato.

Facendo lo stesso tutti noi, riprendendo a guardarci negli occhi e ad ascoltarci col cuore, eviteremmo fatali fraintendimenti divisivi e vivremmo tutti, semplicemente, un vita migliore.

patrizio gabetti