Integrazione e solidarietà | 30 settembre 2025, 06:00

Siamo tutti la Flotilla, solidarietà civile per rompere l’assedio su Gaza

Siamo tutti la Flotilla, solidarietà civile per rompere l’assedio su Gaza

Mentre il Mediterraneo orientale si fa sempre più teatro di tensioni internazionali, la Global Sumud Flotilla-GSF avanza con la sua missione: consegnare aiuti umanitari e rompere quello che gli organizzatori definiscono un blocco navale illegittimo imposto sulla Striscia di Gaza. Decine di imbarcazioni, partite da porti europei e mediterranei in una mobilitazione senza precedenti, stanno tentando di trasformare un gesto simbolico in un concreto sollievo per una popolazione in gravissima crisi umanitaria.

La flotilla, che mette insieme attivisti, parlamentari europei, organizzazioni umanitarie e volontari internazionali, non è un’azione improvvisata: è il frutto di mesi di coordinamento tra reti civili e movimenti solidali che rivendicano il diritto all’assistenza diretta verso aree chiave dell'attacco israeliano alla Striscia e a Gaza City. Gli organizzatori della carovana marina ribadiscono che il loro obiettivo sia esclusivamente umanitario: scorte mediche, generi di prima necessità e visibilità internazionale per una crisi che altrimenti resterebbe isolata.

Negli ultimi giorni la GSF ha dovuto affrontare rischi concreti: le navi sono state attaccate con droni e si sono registrati danni ad alcune imbarcazioni, mentre le acque in cui navigano sono monitorate da forze militari e droni di diverse nazioni. Nonostante le intimidazioni e gli avvertimenti ufficiali — compresi i richiami a non forzare il blocco — i partecipanti ribadiscono la scelta di restare: "Entriamo in una zona ad alto rischio, ma non possiamo voltare le spalle a chi soffre", hanno dichiarato coordinatori e volontari. Queste minacce rafforzano, piuttosto che smorzare, la determinazione dei partecipanti a portare aiuto. 

Importante è la dimensione politica e morale dell’impresa: la flotilla funge da megafono internazionale. La presenza di figure pubbliche a bordo — parlamentari, attivisti noti e delegazioni internazionali — obbliga governi e media a confrontarsi con la realtà umanitaria di Gaza, ormai descritta quotidianamente come in stato di emergenza dall’Onu e da più organismi internazionali. La pressione internazionale generata da questa visibilità può spingere per corridoi umanitari più sicuri, aumentare il coordinamento per il trasferimento dell’assistenza e sbloccare canali diplomatici che fino ad oggi non sono stati sufficienti.

Chi critica la flotilla cita rischi di escalation e la possibilità che azioni non coordinate aggravino la situazione. Ma sostenere la GSF non significa promuovere un gesto avventato, anzi: significa mettere al centro la priorità della vita umana e la responsabilità collettiva. Quando i canali ufficiali falliscono o sono bloccati, la società civile ha il diritto — e spesso il dovere morale — di provare a creare soluzioni alternative per alleviare la fame e la sofferenza. Le missioni civili internazionali hanno una lunga tradizione nel richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e nel generare pressioni che portino a corridoi umanitari sostenibili. 

Perché sostenere la Global Sumud Flotilla

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Per mettere la protezione dei civili al primo posto: la flotilla richiama l’attenzione sulle condizioni in cui vivono migliaia di persone, soprattutto donne e bambini, e cerca di consegnare farmaci, alimenti e materiali sanitari.

 - Per riaffermare il diritto internazionale umanitario: quando i corridoi ufficiali non funzionano o sono inadeguati, iniziative civili possono spingere per soluzioni rispettose dei diritti umani.

 - Per costruire pressione politica e diplomatica: la visibilità mediatica della flottiglia richiama governi e organizzazioni internazionali a intervenire con più decisione.

Un appello concreto

A chi legge, alle istituzioni e alle organizzazioni religiose e umanitarie: sostenere la Global Sumud Flotilla non è endorsement di conflitto, ma un atto di dignità umana. Serve un impegno congiunto per garantire che l’assistenza arrivi direttamente a chi ne ha bisogno, in sicurezza e in modo trasparente. Le autorità navali europee e gli organismi internazionali possono e devono mettere in campo strumenti che proteggano i civili e permettano la consegna degli aiuti senza pregiudizi politici.

In un Mediterraneo che troppo spesso testimonia divisioni e scontri, la GSF rappresenta un’altra scelta possibile: quella della solidarietà attiva. Rompere il silenzio sulla sofferenza e provare a mettere una cintura di aiuti attorno ai più vulnerabili è un atto che parla alla coscienza internazionale — e ne chiede conto.

pa.ga.