Doha, 23 giugno 2025 – Poco fa mi trovavo a pochi chilometri dalla base americana di Al Udeid - la più grande installazione militare statunitense in Medio Oriente e una delle più strategiche a livello globale - quando il cielo del Qatar è stato trafitto dal rumore sordo e sinistro dell’allerta. In un attimo, la quotidianità è stata sospesa: il traffico si è fermato, le comunicazioni si sono intensificate, e nei volti delle persone cittadini, residenti, funzionari si leggeva qualcosa di raro in tempi come questi: compostezza.
È difficile spiegare cosa si provi a essere così vicini a un evento che, in altri contesti e in altri Paesi, avrebbe potuto degenerare nel panico. Eppure, ciò che ho visto intorno a me non è stato né caos né confusione, ma un meccanismo istituzionale e sociale che si è attivato con precisione chirurgica.
Il governo del Qatar ha dimostrato, ancora una volta, di essere molto più di un mediatore regionale o un partner strategico: ha agito da Stato pienamente sovrano, preparato, capace di garantire sicurezza reale e tangibile anche sotto pressione estrema. In un momento in cui l’aggressione esterna avrebbe potuto destabilizzare l’intero assetto civile e diplomatico, Doha ha risposto con lucidità, determinazione e altissimo senso di responsabilità.
La protezione della base di Al Udeid non è solo un dovere formale nei confronti degli alleati. È un atto di coerenza politica, una conferma del ruolo centrale che il Qatar ricopre non per proclamazioni, ma per comportamenti.
La domanda che mi pongo, come cittadino europeo residente in questo Paese, è: quanti altri governi, sottoposti a un attacco improvviso e potenzialmente devastante, avrebbero saputo mantenere lo stesso grado di sangue freddo, professionalità e spirito cooperativo?
Il Qatar ha scelto la via più difficile ma più nobile: non quella della propaganda o della reazione impulsiva, ma quella del metodo, della sobrietà, del coordinamento multilivello. Ha tutelato la sua gente e quella dei suoi alleati, mettendo in campo una macchina istituzionale silenziosa, invisibile ai riflettori, ma straordinariamente efficace.
Oggi, da questa terra che chiamo seconda casa e i Qatarini miei Fratelli sento il dovere di riconoscere pubblicamente ciò che spesso, per ragioni di equilibrio diplomatico, si lascia sottinteso: il Qatar è un Paese solido, lungimirante e affidabile. E questo, in un Medio Oriente che troppo spesso si racconta con i toni del disordine, è una notizia in sé.
Omar Vittone
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La base aerea di Al Udeid, situata a circa 45 chilometri da Doha, è la più grande installazione militare statunitense in Medio Oriente e una delle più strategiche a livello globale. Realizzata nel 1996 dal governo del Qatar con un investimento superiore al miliardo di dollari, la base fu progettata per attrarre e sostenere la presenza militare degli Stati Uniti nella regione, come garanzia di sicurezza e stabilità. Dal 2001, con l’inizio della guerra in Afghanistan, Al Udeid è diventata operativa per l’aeronautica militare statunitense (USAF), divenendo rapidamente un hub regionale per le operazioni belliche e umanitarie. Attualmente, la base ospita oltre 10.000 militari USA Più di 100 velivoli tra bombardieri strategici, droni, tanker e aerei da sorveglianza; le centrali operative del CENTCOM (US Central Command) per l’area mediorientale; contingenti alleati tra cui la Qatar Emiri Air Force,la Royal Air Force britannica e top gun italiani.