Religio et Fides | 28 aprile 2024, 07:00

'Nave nel mare in tempesta' (1858); Ivan Konstantinovic Ajvazovskij (1817-1900)

“Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”

'Nave nel mare in tempesta' (1858); Ivan Konstantinovic Ajvazovskij (1817-1900)

Questa frase è di San Giovanni apostolo e la troviamo nella seconda lettura. E’ un invito a farci un serio esame di coscienza sull’amore per renderci conto innanzitutto che non si tratta di qualcosa di astratto bensì di concreto di cui non basta parlarne, per quanto sia importante farlo, ma che occorre vivere. L'amore non va ridotto a puro sentimento.

Viviamo in una realtà nella quale pensiamo che si debba fare solo ciò che si sente, dove è "la pancia" che comanda e detta le scelte. Amare non è vivere sulle nuvole e tanto meno andare dietro solo alle emozioni ma è avere una mèta verso la quale tendere. Nave nel mare in tempesta (1858) è un dipinto di uno dei più importanti pittori russi dell’800, Ivan Konstantinovic Ajvazovskij (1817-1900).

Fu artista ufficiale della marina russa documentandone con molte opere la potenza  della pittura navale che  godeva di grande popolarità nel XIX secolo sia dal punto di vista militare sia della conquista coloniale. Il mare, perciò, era il tema centrale dei suoi quadri, rappresentato anche con paesaggi marini che avevano lo scopo di evocare il potere degli elementi della natura e la lotta dell’uomo contro la loro superiorità. 

Nell’opera che vi propongo, la violenza delle onde  sembra inghiottire l’imbarcazione richiamando come l’uomo debba spesso confrontarsi non solo contro le forze naturali ma anche contro le avversità dell’esistenza. I sentimenti, le emozioni, i pensieri sono un mare nel quale navighiamo ma non sono la mèta e per questo non dobbiamo identificare l’amore esclusivamente con ciò che sentiamo e proviamo. Non possiamo decidere la nostra vita solo in base a ciò che ci fa vibrare il cuore altrimenti siamo come una barca che si fa portare da qualsiasi corrente rischiando la deriva.

Troppo spesso ci riduciamo ad analizzare, seppur necessario, solo i nostri sentimenti senza domandarci: ma io dove sto andando? Quando ci mettiamo per mare incontreremo momenti di bonaccia ma anche tempeste ma ciò che conta è sapere quale mèta desideriamo raggiungere. Sovente prestiamo ascolto solo alle emozioni senza interrogarci sul dove intendiamo navigare e invece occorre chiederci: io dove voglio amare? In quale direzione? Senza cambiare rotta ogni dieci minuti in base alle condizioni meteo.

Non basta dirsi cosa si prova ma occorre aver chiaro dove si vuole andare, spesso invece ci soffermiamo solo sul primo aspetto illudendoci che la vita sia felice solo quando il mare delle emozioni è calmo. Amare nei fatti è saper decidere chi voglio amare, in quale direzione desidero spendere il mio tempo, le mie energie per tutto ciò che sono con le mie debolezze e capacità. Amare non è andar dietro solo a ciò che sento e che provo. Gesù stesso ce lo ha insegnato: se avesse ascoltato solo il suo "ombelico" chi glielo avrebbe fatto fare di morire in croce?  Lui aveva una mèta ben chiara: salvarci e per fare questo doveva percorrere una determinata via.

Dove sto andando? Quale rotta sto seguendo? In che modo intendo donarmi? Giovanni ci suggerisce di amare non solo nei fatti ma anche nella verità. La verità è che da soli non ce la si fa, abbiamo dei limiti e di conseguenza dobbiamo farci aiutare per avere la forza di amare nel concreto dell’esistenza e a questo sembra proprio rispondere Gesù dal brano del Vangelo:

“Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci”.

Per amare, per tenere dritta la barra del timone non possiamo contare solo sulla nostra buona volontà e determinazione ma occorre restare uniti a Dio tramite la preghiera che ci apre a due verità fondamentali: pregando scopro di essere prezioso, che la mia vita è importante, che valgo e che ho talenti da mettere in gioco; la seconda verità che svela la preghiera è il sentire che non sono solo nel viaggio della vita, Gesù è sulla mia barca, nei momenti di calma così come in quelli tempestosi per aiutarmi ad andare verso la direzione che ho scelto.

Da cosa capisco se sto amando? Se ho deciso di amare verso qualche direzione. L’amore non è solo sentimento bensì è decidere di andare da qualche parte credendo che non sarò mai solo in questa navigazione.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone

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