Il Pnrr punta a 6,6 milioni di nuovi alberi entro il 2024, ma non mancano gli Il contrasto al cambiamento climatico passa anche dalle città, e in particolare dalla valorizzazione, miglioramento e individuazione di nuovi spazi per ampliare il verde urbano.
L’Unione europea mira a piantare almeno 3 miliardi di alberi supplementari entro la fine del decennio e i centri europei di almeno 20mila abitanti vengono invitati a elaborare entro la fine del 2024 piani ambiziosi di inverdimento urbano: boschi, parchi e giardini accessibili e ricchi di biodiversità.
Secondo ASviS, l’alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, in Italia sono solo 8 su 109 (il 7%) i Comuni capoluogo di provincia che dichiarano di aver elaborato un Piano del verde. E anche in termini di metri quadrati di verde urbano accessibile per abitante, mediamente le città italiane fanno peggio di quelle del Nord Europa.
Il monitoraggio
Calcolando infatti solo le superfici destinate a verde attrezzato e aree sportive all’aperto appena il 17% dei Comuni capoluogo di provincia supera la soglia dei 9 m2 per abitante, minimo standard raccomandato dall’Oms e metà dell’attuale media europea.
Perché gli alberi e il verde sono importanti per le nostre città?
Parte dalla risposta a questa domanda ci vien data Lab24, l’area visual del Sole 24 Ore: il verde pubblico in città è soprattutto importante per la sua capacità di assorbimento della CO2 e di mitigazione del fenomeno delle isole di calore urbano. La forestazione urbana, secondo molti studi, è la soluzione più efficace ed economica per mitigare l’inquinamento atmosferico: gli alberi sono infatti eccezionali purificatori d’aria grazie al processo della fotosintesi clorofilliana.Gli alberi oltre a “mangiare” smog riducono poi la temperatura dell’ambiente in cui si trovano durante i mesi più caldi. Non solo le loro chiome creano un forte ombreggiamento, ma tramite il processo di “evapotraspirazione”, il corrispettivo arboreo della sudorazione umana, espellono acqua per raffreddarsi, che quando evapora riduce ulteriormente la temperatura dell’area circostante. In corrispondenza delle zone maggiormente cementificate e con meno alberi, si creano più facilmente aree note come isole di calore, più calde rispetto alle circostanti zone limitrofe periferiche e rurali. Difficile perché manca un sistema di monitoraggio dettagliato nazionale e bisogna fare i conti con scarsa omogeneizzazione e lento aggiornamento dell’informazione statistica a ivello comunale o anche solo di città metropolitane.
La situazione nelle città
Su Lab24 è' comunque presente un primo monitoraggio, che andrà ad arricchirsi nel tempo, e che prende in esame gli open data di alcune tra le principali città italiane (Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli), "e che non può ancora catturare il diverso attivismo delle città nelle iniziative di riforestazione urbana. Tra cui vale la pena citare il progetto “10.000 nuovi alberi” appena realizzato da Padova, con un investimento importante e una pianificazione di lungo termine che potrà fare la differenza. Ma come a Padova, anche il ForestaMi di Milano che prevede tre milioni di nuovi alberi in tutta la città metropolitana potrà cambiare il volto della città. E ancora la piattaforma Forrest City per il crowdfunding a Prato, un progetto di forestazione urbana che coinvolge anche i cittadini, e i piani di Parma, Rimini e Mantova, aprono sempre di più a una diffusione di nuove giungle urbane. Specialmente se si riuscirà a tenere fede a quanto previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’obiettivo fissato dal Governo è la piantumazione di 6,6 milioni di alberi entro il 2024 per 6.600 ettari di foreste urbane (pari a 9 mila campi da calcio), con una dotazione finanziaria di 330 milioni di euro. Non mancano però gli ostacoli. Primo fra tutti la difficoltà di approvvigionamento di un tale numero di alberi, che richiederà un’inedita collaborazione lungo tutta la catena di produzione in modo da rendere disponibile il materiale vegetale richiesto. Anche qualora si avesse successo nel piantare un tale numero di alberi, servirà poi un cambio di passo nel loro mantenimento.
Le città stanno acquisendo una crescente centralità
Saranno il campo principale dove giocheremo le sfide del futuro: la sostenibilità del nostro stile di vita, la lotta al cambiamento climatico, la ricerca del benessere individuale attraverso lo sviluppo e le innovazioni tecnologiche. Un tema fondamentale riguarda l’utilizzo dello spazio urbano, pubblico e privato. È infatti cresciuta la consapevolezza su fenomeni come la dispersione e la rigenerazione urbana, il consumo del suolo, la mobilità sostenibile, l’accessibilità, la qualità dell’aria e dei servizi. Un elemento in particolare fa da sfondo alla ricerca di qualità della vita in città: il verde urbano. Che sia un parco o un singolo albero, quando si progetta un nuovo spazio o la rigenerazione di un’area già esistente è necessario trovare la giusta collocazione per il verde, che dev’essere accessibile in maniera semplice e diretta. «Riconoscendo l’urgenza di combattere il degrado del suolo e creare nuove vasche di assorbimento del carbonio, condividiamo l’obiettivo ambizioso di piantare collettivamente 1.000 miliardi di alberi entro il 2030». Questo è quanto si legge nella dichiarazione finale del vertice del G20 di Roma dello scorso ottobre: un impegno che per l’Unione Europea si è tradotto nella “Strategia europea per la biodiversità al 2030”, che mira a piantare almeno 3 miliardi di alberi supplementari entro la fine del decennio.
Perché gli alberi e il verde sono importanti per le nostre città?
Perché ne cerchiamo sempre di più la presenza? Si possono citare una miriade di effetti positivi. Dalla riduzione dell’inquinamento acustico e del rischio idrogeologico, alla riqualificazione estetica dei paesaggi urbani, gli alberi favoriscono un territorio e uno stile di vita sani. Durante i lockdown e le restrizioni della pandemia, ci siamo resi conto di quanto sia fondamentale avere un’area verde vicino a casa per il proprio benessere fisico e mentale. Gli alberi sono infatti eccezionali purificatori d’aria. Grazie al processo della fotosintesi clorofilliana assorbono tramite le foglie, il tronco e le ramificazioni, una grande quantità di particolato atmosferico e gas inquinanti, producendo in cambio ossigeno. Ma non tutti gli alberi sono ugualmente efficaci in questa azione: un esemplare maturo di Betulla Bianca riesce ad esempio ad assimilare in un anno un quantitativo doppio di CO2 rispetto, ad esempio, a una Castagno d’India, che comunque rientra tra le migliori 20 specie diffuse in Italia sotto questo punto di vista.
Missione 2, Componente 4, Investimento 3.1.
Questo è il percorso da seguire all’interno del PNRR, per trovare il piano di investimento per la “Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano”. L’obiettivo fissato dal Governo è la piantumazione di 6.6 milioni di alberi entro il 2024 (di cui almeno 1.650.000 entro il 2022) per 6.600 ettari di foreste urbane (pari a 9 mila campi da calcio), con una dotazione finanziaria di 330 milioni di euro. Un piano certamente ambizioso: secondo gli ultimi dati ISTAT disponibili, nel 2019 gli interventi di forestazione urbana in Italia hanno interessato 1.100 ettari di terreno, un sesto di quanto previsto dal PNRR.
Non mancano però gli ostacoli...
Primo fra tutti la difficoltà di approvvigionamento di un tale numero di alberi, che richiederà un’inedita collaborazione lungo tutta la catena di produzione in modo da rendere disponibile il materiale vegetale richiesto. Anche qualora si avesse successo nel piantare un tale numero di alberi, servirà poi un cambio di passo nel loro mantenimento. Il PNRR sembra confermare questa tendenza: facendo i conti, non sembrano essere sufficienti i 50 euro messi a disposizione per ogni pianta. Questa cifra dovrebbe infatti coprire non solo i costi per il suo acquisto, ma anche quelli per il trasporto, la messa a dimora e la sua gestione e cura "per almeno i sette anni successivi alla realizzazione del rimboschimento".
Infine, tutto questo non basterà a creare degli ecosistemi sostenibili a meno di rivedere l’intera concezione del verde nelle nostre città. Gli alberi sono ancora troppo spesso considerati un arredo urbano, l’ultimo elemento da aggiungere alla fine di una pianificazione urbana. Dovrebbe accadere esattamente l’opposto, con un una visione ecosistemica del verde urbano e periurbano attorno a cui sviluppare la progettazione urbanistica.
In climatologia, con il termine isola di calore si intende un particolare fenomeno urbano in cui si creano aree più calde all’interno della città, in corrispondenza delle zone maggiormente antropizzate, rispetto alle circostanti aree periferiche e rurali. Il maggior accumulo di calore è determinato da una serie di concause, in interazione tra loro, tra le quali sono da annoverare la diffusa cementificazione, le superfici asfaltate che prevalgono nettamente rispetto alle aree verdi e le emissioni degli autoveicoli, degli impianti e dei sistemi di riscaldamento o raffreddamento.
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Oltre a essere rifugio e scrigno dei beni e degli affetti, la nostra casa può 'curarci'? Addirittura, può 'guarire' alcuni nostri malesseri? Certamente, il benessere domestico o meglio una smart home può largamente contribuire a prevenire e combattere malattie, depressioni, 'stati generali' malsani. Questo è il tema principale della nostra rubrica Abitare il Benessere, curata dall'ingegnere Andrea Rotta, un autentico esperto di comfort abitativo, un titolato professionista che ha dedicato la propria vita e le proprie competenze allo scopo di far star bene le persone nei luoghi dove maggiormente trascorrono la loro esistenza.
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Chi è Andrea Rotta?
Torinese d'origine, 51 anni, laureatosi al Politecnico di Torino nel maggio 1998 e iscritto all'Ordine degli ingegneri della Valle d'Aosta dal giugno 1999, Andrea Rotta opera da oltre vent'anni nel campo della progettazione, costruzione e gestione di impianti di climatizzazione con attenzione allo sviluppo delle energie rinnovabili e risparmio energetico.
Più di 200 gli impianti realizzati con tecnologia fotovoltaica, solare termico, pompa di calore, biomassa, cogenerazione. Oggi promuove la costruzione di edifici in bioedilizia e la riqualificazione energetica del patrimonio esistente. Un lavoro che ormai è diventata pura passione nel veder realizzato il sogno della sostenibilità ambientale che da una singola abitazione, come una goccia nel mare, farà la differenza nel nostro futuro e quello delle future generazioni. Nel 2017 ha scritto il libro 'Era meglio fare l’idraulico!' in cui descriveva le difficoltà nell’iniziare a svolgere la libera professione, sempre alla ricerca di un modo migliore di proporre ai clienti, soluzioni innovative per vivere in comfort. L’ingegner Rotta ha più volte sottolineato come sia importante prendere questo problema sul serio. Rotta si occupa, quindi, da molti anni delle energie rinnovabili e soprattutto del risparmio energetico, tanto da aver scritto dei libri in merito, tra i quali i più noti e apprezzati sono 'SmartHome' e 'Aria Pulita', 'Guida sul comfort abitativo' e durante il periodo di quarantena Covid ' Come sanificare' tutti scaricabili gratuitamente sul suo sito https://www.andrearotta.com/
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