Cronaca | 30 dicembre 2023, 13:53

Erano in una villa di St-Vincent: dove sono finite le 'Fatiche di Ercole' attribuite a Guido Reni?

Erano in una villa di St-Vincent: dove sono finite le 'Fatiche di Ercole' attribuite a Guido Reni?

Quale relazione c'è tra l'eccezionale asta delle opere d'arte di proprietà del Casino de la Vallée organizzata ormai 40 anni fa e la spogliazione di una sontuosa e moderna villa di Saint-Vincent, appartenuta a una delle aristocratiche famiglie che fondarono la stessa Casa da gioco? Probabilmente nessuna, se non la suggestione per una serie di coincidenze, vicissitudini e personaggi che accomunano le due circostanze.

 

Risale al 1984 la vendita all'asta di una pinacoteca di opere allora di proprietà del Casino valdostano tra le quali spiccano alcuni 'masterpieces' di De Pisis, Guttuso, Casorati, Dalì, Mirò, Il Ghirlandaio solo per citarne alcuni oltre a diverse sculture di Moore, Minguzzi, Donini, Marini, Manzù, Martini nonché preziosi tappeti orientali. Una galleria da fare invidia a tante altre in tutta Europa e come mai se ne sono più viste in Valle d'Aosta. Centoquaranta pezzi acquistati negli anni dagli allora gestori del Casino de la Vallée di Saint-Vincent ovvero la Sitav fondata dal conte Carlo Gabriele Cotta, dal Grande Ufficiale Francesco Rivella e all'epoca presieduta (fino alla sua morte) dal conte Alberto Zorli di Bagnacavallo.

E del conte Zorli era anche la sontuosa, moderna villa da lui fatta costruire a poche decine di metri dalle proprietà della Casa da gioco. Centinaia di metri quadrati con annesso parco e piscina, impreziositi anch'essi, come le sale del Casino, da opere d'arte antiche e moderne. E proprio come quelle della Casa da gioco, negli anni finite altrove: in parte, sparse in aste pubbliche; in parte non si sa bene dove e ciò nonostante vi siano legittimi eredi che ne lamentano la (almeno per ora) scomparsa.

Al di là degli aspetti 'romantici' o meramente artistico-culturali della questione, la perdita delle tracce di almeno due di questi capolavori appartenuti alla collezione privata Zorli può sollevare questioni giuridiche e giudiziarie quando non 'di Stato'. Vediamo perché. 

Si tratta di due quadri attribuiti da esperti specialisti a Guido Reni o quantomeno alla sua scuola, raffiguranti 'Ercole e l'Idra' e 'Ercole sul rogo'. Una relazione storico-artistica svolta da Tania de Nile - tra i diversi incarichi curatrice storica dell’arte presso la Sovrintendenza Capitolina e docente di Dutch and Flemish Art all’Università degli Studi di Roma 'Tor Vergata' - definisce "la presenza nell'abitazione della signora Camilla Zorli" dei due dipinti, una circostanza "di eccezionale interesse, dal momento che potrebbe trattarsi di copie di due opere appartenenti a una delle più importanti collezioni seicentesche italiane, purtroppo smembrata e dispersa, se non addirittura di due varianti di mano dello stesso artista" ovvero, per l'appunto, Guido Reni. Secondo la specialista di fama internazionale, le due opere sono da porre in relazione "con due dipinti di uguale soggetto di Guido Reni, attualmente conservati al Musée du Louvre di Parigi (nella foto sotto uno dei dipinti) " mentre "un altro 'Ercole a riposo dopo aver sconfitto l'Idra si trova oggi nella galleria di Palazzo Pitti dopo essere stato smarrito (...)" .

Dispersione sorte comune, forse, per questa collezione di capolavori del Reni visto che anche i due quadri di proprietà della famiglia Zorli, che si trovavano in un grande appartamento nel centro di Bologna ereditato dal Conte (che lo vendette tenendosi i quadri), dalla villa di Saint-Vincent furono trasferiti anni fa in un'abitazione di famiglia in Lombardia e oggi potrebbero trovarsi all'estero, venduti a chi non si sa e ubicati non si sa dove ma comunque irrimediabilmente sottratti allo Stato Italiano. Sulle due Fatiche di Ercole della collezione Zorli, era stato avviato nel 2017, dalla Soprintendenza del Ministero dei Beni e delle Attività culturali, procedimento di dichiarazione di interesse culturale "particolarmente importante", si legge nel protocollo ministeriale firmato in quell'anno dalla responsabile dell'istruttoria, Ilaria Bruno e dal Soprintendente Luca Rinaldi. Secondo la legge, la semplice comunicazione dell'avvio della procedura comportava "l'applicazione in via cautelare", da parte dei proprietari privati delle opere, "di disposizioni relative a vigilanza e ispezione".  

Della spogliazione (termine che rende bene l'idea) di Villa Zorli, la redazione de Laprimalinea.it si era occupata mesi fa, dopo essere venuta in possesso di una lettera che svelava un'insospettabile e intricata querelle tra i membri dell'aristocratica famiglia lombarda di Bagnacavallo, dinastia del 1200.

La lettera, pervenuta alla nostra redazione lo scorso settembre da fonte più che certa e attendibile, è stata scritta da Alberto Papini Zorli, 71enne nipote dell'omonimo conte e diretta all'ufficio legale di una Casa d'aste che in quel periodo stava vendendo (e programmando vendite) di alcuni importanti beni della famiglia Zorli provenienti dalla villa di Saint-Vincent.

Alberto è figlio di Camilla Zorli e di Renzo Papini, che fu Presidente del Grand Hotel Billia e della società di gestione Saiset. Ha una sorella, Ilaria, medico in Lombardia e un fratello, Tristano, residente in  Lussemburgo. Un quarto fratello, Ruggero, era impiegato al Casino ed è deceduto l'anno scorso.

Alberto scriveva all'ufficio legale della Casa D’Asta Ponte, invitando a "sospendere tutte le vendite future da Voi programmate in relazione ai beni della famiglia Zorli-Papini" sostenendo che "alcuni di questi beni sono segnalati alle Belle Arti di Milano e sono stati spostati senza segnalazione all’ufficio di Milano preposto". Su possibili irregolarità se non addirittura illeciti nella gestione dell'asportazione delle opere e degli arredi di villa Zorli - affittata anni fa per modici 1000 euro al mese dalla figlia del conte, Camilla Zorli, alla famiglia Zani di Saint-Vincent (che però ha agito e agisce come se ne fosse proprietaria e probabilmente lo è di fatto anche se a registro catastale il fabbricato risulta ancora intestato a Camilla) la lettera precisava che Alberto Zorli aveva presentato una denuncia dettagliata alla Guardia di Finanza di Milano e ai carabinieri di Saint-Vincent (quest'ultima risulta essere stata archiviata dalla procura di Aosta). Il timore di Alberto Zorli era che qualcuno stesse spogliando i beni di famiglia contro gli interessi di sua madre Camilla e, ovviamente, di lui stesso in quanto erede. 

Preoccupazioni fondate o mere suggestioni del membro di una famiglia aristocratica ma ormai 'dimenticata' nella lunga e travagliata storia del Casino di Saint-Vincent? Fatto sta che dopo la pubblicazione di un articolo riportante la missiva di Alberto Zorli, la direzione de Laprimalinea.it è stata contattata dal prestigioso studio legale lombardo Della Valle per conto della sorella di Alberto Zorli, Ilaria: gli avvocati hanno chiesto di oscurare l'articolo, cosa che non è avvenuta stante la bontà e veridicità del contenuto, peraltro per nulla lesivo della serietà, integrità morale/professionale né tantomeno della dignità della richiedente. 

Tornando ai dipinti attribuiti a Guido Reni o alla sua scuola, in una denuncia sottoscritta dal legale di Alberto Papini Zorli e relativa alla vendita, da parte di Camilla Zorli, dell'appartamento in Lombardia dove si trovavano le opere, si legge che nelle foto pubblicate tre anni or sono da un'agenzia immobiliare monegasca incaricata della vendita i due quadri risultano oscurati, le immagini sono pixellate, a differenza di altri oggetti e dipinti pur di grande valore. L'ipotesi di Alberto Zorli è che le opere siano finite all'estero, in Lussemburgo o nel Principato di Monaco, vendute o cedute in barba agli interessi di famiglia, dei legittimi eredi privati e dello Stato Italiano.

"Da tanto tempo mi è impossibile non soltanto accedere all'abitazione di mia madre, che da una villa principesca a Saint-Vincent è finita, novantenne, a vivere in un alloggio periferico in corso Lodi a Milano - afferma Alberto Zorli - ma mi è impedito con forza persino di incontrare lei, al punto che dopo l'ennesimo tentativo ho ricevuto una lettera di diffida a suonare il citofono del condominio dove mia madre vive. Voglio prima di tutto sapere come sta, ma mi è negato ogni contatto; voglio anche, certamente, capire cosa sta accadendo al patrimonio di famiglia o a ciò che ne rimane. La storia genealogica ma anche umana ed economica della mia famiglia sembra seguire passo passo quella della Casa da gioco, nel bene e nel male. Siamo legati per vincolo storico e di sangue a quella realtà che fece la fortuna di Saint-Vincent e della Valle d'Aosta, ma che ne cela anche misteri e misfatti". 

pa.ga.