Pontey in lutto per la morte di Dario Bich, sindaco del comune dell''envers dal 1993 al 2005.
Così lo ricorda il figlio Matthieu:
"In questi giorni di lutto, mi sono messo a cercare delle foto di Papà e mi sono stupito della difficoltà nel trovarne riguardanti la sua esperienza come amministratore comunale.
Tra le sue tante passioni, che comprendevano la ricerca di funghi e minerali nei boschi di Pontey e la cura maniacale dei suoi discorsi da Sindaco nella sua adorata casa in montagna a Bellecombe, c’era anche la fotografia: fotografava tutto e tutti, specialmente quando meno te lo aspettavi.
Tuttavia, mancavano le foto del suo mandato ininterrotto di Sindaco di Pontey dal 1993 al 2005. Con molta fatica, chiuse in una scatola in fondo all’armadio, ne ho trovate forse una ventina.
Questo fatto non è casuale, ma descrive bene come Papà abbia interpretato il suo ruolo di Servitore dello Stato al servizio dei Pontesans.
Papà, infatti, ha iniziato la sua avventura in Comune da giovanissimo, seguendo un solido cursus honorum da uomo delle Istituzioni: nel 1970 è stato eletto, a soli 21 anni, in Consiglio Comunale tra i banchi della minoranza. Dal 1975 al 1983 è stato consigliere di maggioranza e dal 1980 assessore, fino al 1988 quando è diventato vice sindaco per poi ricoprire la carica di Sindaco dal 1993 al 2005.
Due dialoghi con due persone che lo hanno incontrato durante i suoi mandati mi hanno impressionato riguardo alla sua esperienza in Comune.
Il primo: una persona, da poco residente a Pontey, si recò da lui per chiedere informazioni e, con deferenza, lo chiamò “Buongiorno Signor Sindaco”. Papà (immagino con uno dei suoi timidi sorrisi) rispose: “Intanto chiamami Dario e poi dimmi cosa posso fare per esserti di aiuto”.
Il secondo: una persona che aveva lavorato a stretto contatto con lui mi scrisse: “Con Dario, Sindaco, ho lavorato per il bene del paese di Pontey e ricordo sempre la sua calma ed il suo approfondimento su ogni problema”.
Questi tre fatti dipingono come Papà abbia svolto il suo ruolo di amministratore pubblico: dedizione, competenza, passione, scrupolo, equilibrio, educazione, sensibilità e rispetto non erano vuote parole per lui ma un solido codice morale da seguire ovunque, con chiunque, senza se e senza ma.
Questa sua attenzione verso il prossimo la si rivede nei suoi trascorsi da Avisino e dalla sua esperienza tra gli Angeli del Fango durante l'alluvione di Firenze del 1966. Fu uno degli otto giovani (oltre a lui Carlo Brunet, Gino Ghirardi, Sergio Marcomin, Davide e Massimino Glavinaz, Pierino Tillier, Pierino Jovet) che salirono con mazze, scalpelli, cemento e acqua in punta alla Cima Nera a 2.698 metri per realizzare il basamento su cui sarebbe stata posta successivamente la croce che tuttora veglia su Pontey. Successivamente lavorò nelle Acli e poi presso la Comunità Montana Monte Cervino, dove accompagnava personalmente gli anziani ai soggiorni marini. Mi raccontò con commozione di quell’anziano montanaro che, vedendo per la prima volta il mare, si mise a piangere.
La sua Amministrazione Comunale ha realizzato diversi progetti che tuttora sono sotto gli occhi di tutti i Pontesans: la realizzazione dell’area sportiva con 2 campi da tennis, la centralina idroelettrica comunale, la palestra scolastica, il gonfalone, lo stemma comunale, il libro su Pontey. Senza dimenticare il premio “Difensore ideale dei bambini” dell’Unicef-Italia con cui Papà si era impegnato a convocare una volta all’anno un Consiglio Comunale dedicato ai problemi dell’infanzia del paese. Al termine del suo ultimo mandato stava lavorando su un progetto innovativo che prevedeva l’utilizzo di raggi ultravioletti per la depurazione dell’acqua: da un buon padre di famiglia aveva intuito il rischio futuro di scarsità idrica nel nostro Comune. L’elenco sarebbe ancora lungo ma Papà mi direbbe che ho scritto anche troppo.
Papà si era anche dedicato alla politica attiva: convinto autonomista, ha militato per molti anni in diversi movimenti regionalisti: Democratici Progressisti, ADP (Autonomiste des démocrates progressistes), Stella Alpina e Fédération Autonomiste. A chi ironicamente lo punzecchiava dicendo che avere 74 Comuni era esagerato, suggerendo una fusione di quelli piccoli con quelli più grandi, lui rispondeva inizialmente scuotendo la testa, salvo poi infervorarsi per la difesa dell’autonomia del suo adorato Comune.
Quel che è certo è che Papà ha fatto del bene nel corso della sua vita, segnata in tarda età dalla perdita della parola per un tumore, la peggiore maledizione per un politico di razza. Imprigionato successivamente in un corpo di cui stava perdendo a poco a poco il controllo a causa di quella vigliacca e subdola malattia degenerativa del Parkinson.
Nel corso della sua vita, Papà ha sacrificato tempo in famiglia (talvolta), energie (tante) e salute (beh, questo lasciamo stare: mamma Rita Lavoyer ne avrebbe da dire e raccontare ma, chi conosce un po' il suo temperamento, sa che è meglio non innescare la miccia).
Sinceramente, non credo che abbia ricevuto altrettanto bene in cambio, soprattutto dalla Res Pubblica.
Ma riflettendo: non è forse questa l’essenza più profonda, tangibile e viscerale di un vero Servitore dello Stato? Servire con onestà e dignità senza aspettarsi per forza dei riconoscimenti o luci della ribalta ma solo il perseguimento del bene comune?
Buon viaggio, Papà."