Religio et Fides | 19 marzo 2023, 08:40

'Ragazza che soffia sul braciere' - Georges de la Tour (1593-1652)

Lettura d'arte domenicale; 'Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me' - Salmo 22

'Ragazza che soffia sul braciere' - Georges de la Tour (1593-1652)

“L'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore” questa bellissima frase la troviamo nella prima lettura tratta dal primo libro di Samuele, ci ricorda che spesso noi umani ci limitiamo a restare in superficie e questo vale con le persone, con i problemi che si affacciano nella nostra esistenza e con noi stessi e il rischio è quello di soffermarci solo sugli aspetti negativi, su ciò che non và in me, negli altri, nella vita.

Per andare in profondità occorre affidarci a Qualcuno di esperto nell’esplorare il cuore delle cose e cioè Dio perché se guardiamo la realtà sempre e soltanto da soli lo sguardo su di essa sarà distorto.

In queste prime domeniche di Quaresima ci siamo guardati dentro alla luce di Dio e della sua Parola per scoprire che oltre alle nostre ombre vi sono le luci, che possediamo un giardino interiore con le sue zone aride e malmesse ma anche con le sue bellezze. Solo in compagnia del Signore riusciamo a vedere meglio perchè ci libera dalla cecità così come fa con l’uomo cieco di cui leggiamo nel Vangelo.

Il contesto del brano è quello della festa delle capanne con la quale gli ebrei ricordavano e celebravano il Signore che aveva guidato il popolo nel deserto e si compivano due riti: i sacerdoti versavano per le strade l’acqua della piscina di Siloe per ricordare quella ricevuta in abbondanza dagli ebrei durante il loro esodo e la sera venivano spente tutte le luci di Gerusalemme ed accesi degli immensi bracieri sulla spianata del Tempio a ricordo della nube luminosa che guidò Mosè e il suo popolo.

E’ proprio in questo clima che Gesù dirà: “Chi ha sete venga a me e beva” (Gv 7,37) e “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).

Domenica scorsa abbiamo parlato dell’acqua dello Spirito Santo che possiamo attingere dal pozzo inesauribile che c’è nel nostro giardino interiore e che ci offre vitalità per affrontare le sfide e le responsabilità dell’esistenza; in questa quarta di Quaresima ci soffermiamo invece sulla luce poiché nel brano di Giovanni vediamo che Gesù afferma: “Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo” ed è per questa ragione che Lui solo è in grado di vincere le nostre cecità. Cieco è chi non sa guardare in profondità per scoprire la presenza luminosa di Dio in sé, negli altri e nei problemi. Se invece esploriamo il nostro giardino interiore scopriremo che vi è un luogo dove vi è un braciere, simile a quelli che si accendevano per la festa delle capanne a Gerusalemme, che arde ininterrottamente e che ha la funzione di illuminarci.

Se c’è un artista che ha saputo più di altri esprimere nei suoi quadri la magia e la poeticità della luce che vince le tenebre è Georges de la Tour (1593-1652); una sorta di Caravaggio nordico.

Di particolare intensità il dipinto: Ragazza che soffia sul braciere (1648) conservato a Nancy presso il Musée des Beaux-Arts. A differenza del braciere del dipinto, quello che ci portiamo dentro non ha bisogno di essere alimentato, dobbiamo solo levarci i salami dagli occhi per guardarci nel profondo e scoprire questa luce che ci abita per accostarci ad essa e permettere così al suo chiarore di raggiungere il nostro volto e questo accade tutte le volte che ci mettiamo in preghiera.

Per mille motivi sulla nostra esistenza può calare il buio e non vediamo più bene ma non dobbiamo dimenticare che nel nostro giardino interiore vi è un braciere acceso che può illuminarci per farci guardare la realtà in profondità e con altri occhi così come fa Dio, andando oltre i pregiudizi, soppesando i problemi per ciò che sono realmente senza ingigantirli, scorgendo anche i motivi di ringraziamento, accorgendoci che in ogni individuo vi è una luce e una presenza, avvertendo che nonostante il nostro buio che attraversiamo vi è Dio che ci guida e che rischiara le nostre tenebre così come ci ricorda questo stupendo passaggio del salmo 22: “Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me”.
Pregare serve per vedere meglio, per vedere chiaro, per vederci sempre amati da Dio e per non vederci mai soli.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta.

Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte.

Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.

Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito.

Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.

 

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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