Cronaca | 21 luglio 2022, 17:04

'Ndrangheta; Operazione Alibante, processo iniziato tra tante eccezioni dei legali

Tra gli imputati Maria Rita Bagalà, figlia del presunto boss Carmelo, avvocata del foro di Aosta nonché il marito e collega Andrea Gino Giunti

Maria Rita Bagalà

Maria Rita Bagalà

È iniziato mercoledì 20 luglio al Tribunale collegiale di Lamezia Terme (presidente Angelina Silvestri, giudici a latere Domenico Riccio e Salvatore Regasto) il processo scaturito dall’operazione 'Alibante' della Dda di Catanzaro del maggio 2021 contro una 'ndrina operante tra Lamezia Terme e Aosta.

Diciannove le misure cautelari con le accuse, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione, estorsione, consumata e tentata, intestazione fittizia di beni, rivelazione di segreti d’ufficio e turbativa d’asta. Reati che per gli uomini del 'supermagistrato' Nicola Gratteri si sarebbero consumati lungo i comuni del litorale tirrenico e in particolare nei comuni di Lamezia Terme, Nocera Terinese, Falerna e Conflenti, oltre che nelle città di Aosta, Arezzo e Cosenza e che avrebbero visto al centro l'azione della cosca Bagalà.

Sono imputati il presunto 'boss' di 'ndrangheta Carmelo Bagalà (difeso dall’avvocato Pino Zofrea); la Maria Rita Bagalà, avvocato del foro di Aosta (difesa dal legale Aldo Ferraro); suo marito e collega Andrea Gino Giunti, anch'egli del foro aostano (avvocato Ferraro); Francesca Bagalà (avvocato Roberto Sorrenti), Domenico Aragona (avvocato Ortensio Mendicino), Ferdinando Aragona (avvocato Ortensio Mendicino), Emilio Barletta (avvocato Raffaele Mastroianni), Peppino Calidonna (avvocato Salvatore Cerra), Francesco Cardamone (avvocati Ortensio Mendicino e Antonio Gigliotti), Renzo Cardamone (avvocato Vincenzo Belvedere), Antonio Cario (avvocato Ramona Gualtieri), Alfredo Carnevale (avvocato Ortensio Mendicino e Salvatore Staiano), Costanzo Giovanni (avvocati Antonio Muscimarro e Anna Mendicino), Vincenzo Dattilo (avvocato Pino Zofrea), Francesco Antonio De Biase (avvocati Giuseppina Caliò e Francesco Gambardella), Luigi Ferlaino (avvocati Raffaellina Mendicino e Pino Spinelli), Raffaele Gallo (avvocato Aldo Ferraro), Antonio Gedeone (avvocato Massimiliano Carnovale), Umberto Gedeone (avvocato Massimiliano Carnovale), Roberto Isabella (avvocati Francesco Gambardella e Massimiliano Carnovale), Giovanni Eugenio Macchione (avvocati Anna Mendicino e Antonio Gigliotti), Vittorio Macchione (avvocati Aldo Ferraro e Vincenzo Galeota), Mastroianni Antonio Rosario (avvocati Ortensio Mendicino e Antonio Muscimarro), Vittorio Palermo (avvocati Guido Contestabile e Mario Auriemma), Eros Pascuzzo (avvocato Anna Mendicino), Benito Provenzano (avvocato Pino Zofrea), Alessandro Rubino (avvocato Antonio Quintieri), Antonio Pietro Stranges (avvocato Giuseppe Sardo), Maria Rosaria Virardi (avvocato Raffaele Mastroianni).

Tante le eccezioni sollevate dagli avvocati alla prima udienza del dibattimento. Il collegio ha innanzitutto riunito la posizione dei due imputati Mario Gallo e Alessandro Gallo (difesi dall’avvocato Leopoldo Marchese), che avevano chiesto di essere giudicati, con rito immediato, al troncone principale del processo. 

Il Tribunale ha poi accolto l’eccezione dell’avvocato Ferraro sulla inammissibilità della costituzione di parte civile presentata nei confronti dei suoi assistiti da due delle persone offese che avevano chiesto di costituirsi verso tutti gli imputati del reato di associazione mafiosa, e non solo per il reato che li vedeva persona offesa. Sono state poi mosse eccezioni sulla improcedibilità dell’azione penale nei confronti di Vittorio Macchione, sulla nullità del decreto dispositivo del giudizio per genericità di un capo di imputazione, sulla nullità della richiesta di rinvio a giudizio per omessa notifica dell’avviso di udienza preliminare ad una delle persone offese, sulla nullità del decreto dispositivo del giudizio per incompatibilità del giudice dell’udienza preliminare, sulla nullità del decreto dispositivo del giudizio per mancanza di una notizia di reato.

Il collegio giudicante si è quindi riservato di decidere su tali eccezioni, rinviando il processo al 5 settembre presso l’aula bunker di Catanzaro, riuscendo così a conciliare l’elevato numero delle parti processuali e dei difensori impegnati con le esigenze sanitarie che richiedono spazi più ampi.

Alla prossima udienza saranno formulate le richieste di prova; i giudici hanno calendarizzato le date 8, 13 e 15 settembre per l'attività istruttoria vera e propria.

I dettagli dell'operazione

"Si tratta di una cosca a carattere 'imprenditoriale'" avevano spiegato gli inquirenti in conferenza stampa nel maggio dell'anno scorso e "con interessi in diverse campagne elettorali".

La cosca Bagalà, i cui interessi si spingono fino in Polonia, da oltre 30 anni avrebbe dunque controllato il territorio fra Falerna e Nocera Terinese, emancipandosi negli anni fino a diventare un soggetto imprenditoriale capace di controllare gli investimenti nel settore turistico soprattutto, la rete delle estorsioni e i rapporti con le istituzioni e la politica. L'operazione Alibante, realizzata dalla procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri e dal comando dei carabinieri di Lamezia Terme, è iniziata nel 2017 intorno alla realizzazione dell'Hotel dei Fiori a Falerna, dopo la denuncia di due imprenditori che sarebbero entrati in contatto con la cosca fino a rimanerne "strangolati". Coinvolti tra gli altri anche due politici: l'ex sindaco di Falerna, Giovanni Costanzo, ai domiciliari e l'attuale vicesindaco di Nocera, Francesco Cardamone, anch'egli ai domiciliari.

"È una di quelle indagini - aveva spiegato nel corso della conferenza stampa nel maggio 2021 Nicola Gratteri - che riteniamo importanti per l'opera di liberazione di pezzi di territorio della Calabria". 

Maria Rita Bagalà, il 'vicecapo' della cosca secondo Gratteri

Considerata la “mente legale” del sodalizio criminale, l'avvocatessa aostana Maria Rita Bagalà è accusata di concorso esterno in associazione mafiosa, indebita percezione di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori aggravato dall'agevolazione mafiosa.
“Sotto la regia del padre curava l’amministrazione di diversi affari illeciti della compagine" scrivono gli inquirenti nell'ordinanza di custodia, nonché gli "interessi economici e finanziari del sodalizio” tra cui spicca la realizzazione del resort Hotel dei Fiori. Prestanome della società 'Sole Srl' proprietaria dei terreni su cui sarebbe sorto il resort, Maria Rita era invece amministratrice della 'Calabria Turismo Srl', società nata per gestire il resort e altre strutture alberghiere, che lei stava 'ripulendo' da scomodi prestanome soprattutto riconducibili alla figura del padre Carmelo, vero proprietario delle economie societarie ma esponente 'ndranghetista che avrebbe attirato le attenzioni dell'antimafia. Maria Rita avrebbe infine dovuto gestire la 'Calabria Turismo srl' con la sorella Francesca.

Presentando documenti mendaci, la società aveva già ottenuto nel 2015 un finanziamento di circa 600mila euro dalla Regione Calabria e ne aveva già investito metà nella realizzazione dell'Hotel dei Fiori (opera iniziata "abusivamente" secondo gli investigatori dell'Arma). Il contributo era stato poi revocato nel 2016 causa interdittiva antimafia.
Bagalà è stata arrestata anche perché "è tutt'ora socia di diritto ed amministratrice di fatto delle due società che fungono da cassaforte dell'intero sodalizio, sicché la sua condotta illecita è tutt'ora in atto".

Andrea Giunti, un 'affarista spregiudicato' per la Dda

Quanto ad Andrea Giunti, si sarebbe dedicato, scrive il gip catanzarese Matteo Ferrante nell'ordinanza, a svolgere “importanti operazioni di riciclaggio di denaro, finalizzate a perseguire il programma criminoso della cosca Bagalà interessata a terminare i lavori di edificazione del resort a Falerna" Inoltre si sarebbe servito della 'Calabria Turismo srl' per acquisire un immobile "da adibire ad attività commerciale in Valle d’Aosta”, supportando e consigliando la moglie Maria Rita Bagalà  sulle scelte giuridiche da compiere "spesse volte chiedendo a colleghi di studio più esperti”. Ha anche investito denaro nella società per l'acquisizione di una discoteca a Courmayeur riuscendo così a non comparire personalmente nell'operazione probabilmente perché, secondo gli inquirenti, avrebbe utilizzato denaro di dubbia provenienza ovvero da riciclare.

 

Giunti, del quale è tratteggiato in ordinanza un lungo escursus di vicende e frequentazioni ben poco edificanti, non è stato arrestato perché, pur se le sue azioni lo qualificano al gip quale "affarista spregiudicato che non disdegna di intraprendere operazioni dai risvolti quantomeno opachi”, tali risvolti “sono totalmente inidonei a radicare la sua partecipazione nel sodalizio criminale capeggiato dal suocero” e pertanto nei suoi confronti "non è stata raggiunta la soglia della gravità indiziaria". 

patrizio gabetti

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