Questa mattina, nella sede centrale delle Poste di Aosta in via Ribitel, la Guardia di finanza ha proceduto all’operazione di deposito dei valori sequestrati nell’ambito dell’inchiesta sul presunto sistema di riciclaggio e corruzione legato al Casinò de la Vallée. I militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria hanno aperto e intestato all’Autorità giudiziaria i libretti nei quali sono stati versati circa 5 milioni di euro: una parte in denaro contante, pari a 470mila euro, e la parte più consistente, circa 4,5 milioni, proveniente da 42 rapporti bancari e finanziari sequestrati nelle scorse settimane a persone e società indagate nell’indagine.
L’operazione rappresenta un passaggio cruciale nella messa in sicurezza e nella tracciabilità delle somme individuate dagli investigatori lungo la filiera dell’ipotizzato riciclaggio, descritta nell’ordinanza del gip di Aosta Davide Paladino. Proprio quell’ordinanza aveva ricostruito l’origine dell’inchiesta, avviata nell’autunno 2023 dopo alcune movimentazioni sospette registrate nelle sale del Casinò tra il 2023 e il 2024. Le anomalie avevano condotto a una società piemontese, la Rigenera Italia Srl, che secondo la Procura sarebbe stata priva di una reale attività imprenditoriale e utilizzata principalmente come piattaforma per l’emissione di fatture ritenute false.
Gli investigatori avevano quindi individuato due imprese ritenute “sane ma compiacenti”, Metalfer Srl e Italfibre Srl, destinatarie rispettivamente di 141 e 120 fatture per operazioni considerate inesistenti, per oltre 3 milioni e 574mila euro. Attraverso bonifici e assegni circolari, quelle fatture avrebbero generato le liquidità trasferite a Massimo Martini, indicato nell’ordinanza come il presunto “monetizzatore” del sistema.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, Martini trasformava le somme ricevute in contante apparentemente lecito attraverso operazioni al Casinò di Saint-Vincent: cambi di assegni, fiches, vincite simulate. È qui che la Procura colloca il presunto coinvolgimento di due funzionari della Casa da gioco, Augusto Chasseur Vaser e Cristiano Sblendorio, accusati di aver agevolato operazioni altrimenti incompatibili con la normativa antiriciclaggio. Chasseur Vaser avrebbe facilitato il cambio di assegni e la gestione di flussi di contante mai segnalati come sospetti; Sblendorio avrebbe assicurato a Martini trattamenti riservati ai clienti Vip, arrivando – secondo una intercettazione citata dall’ordinanza – a opporsi alla decisione dell’amministratore unico Rodolfo Buat di inibire l’accesso al “monetizzatore”.
Il denaro, una volta trasformato in fiches e rigiocato, sarebbe rientrato nelle disponibilità dell’amministratore di fatto di Rigenera Italia, Mariano Rossi, che tramite fiduciari lo avrebbe restituito alle due società piemontesi emittenti, consentendo loro da un lato di beneficiare fiscalmente dell’Iva su fatture contestate e dall’altro di ottenere liquidità immediata, aggirando i canali bancari ordinari.
Nel complesso, secondo la Procura, il sistema si reggeva su tre elementi: la creazione di fatture false, la conversione del denaro nel circuito del Casinò grazie alla presunta complicità dei funzionari interni e il ritorno di contante alle imprese che alimentavano il meccanismo. Le somme sequestrate – ora depositate nei libretti aperti questa mattina – rappresentano la cristallizzazione patrimoniale del presunto circuito illecito ricostruito dagli inquirenti.
Tutti gli indagati restano, com’è ovvio, presunti innocenti sino all’esito dell'ultimo grado di giudizio. L’inchiesta, intanto, prosegue: nelle prossime settimane sono attese ulteriori verifiche sui flussi bancari e sulle operazioni di gioco che potrebbero ampliare il perimetro economico del caso.


pa.ga.



