Saggezza Popolare | 23 gennaio 2023, 17:00

Liguria, proverbi popolari e tradizione della Festa di San Giovanni-audio inclusi

Questa rubrica, semiseria, raccoglie e propone ai nostri lettori i detti, i proverbi e le antiche saggezze che da secoli arricchiscono l'Italia di un patrimonio inestimabile di cultura locale

Liguria, proverbi popolari e tradizione della Festa di San Giovanni-audio inclusi

Proverbio: "I parenti en comme e scarpe,ciù son stretti ciù fan mà"

Traduzione: I parenti sono come le scarpe , più son stretti , più fanno soffrire

Morale: Più i nostri parenti sono vicini maggiori sono i grattacapi che, a causa loro, ci troviamo a fronteggiare quotidianamente.

Proverbio: "Chi no cianze no tetta".

Traduzione: Chi non piange non acchiappa nulla.

Morale: Chi non si lamenta abbastanza non ottiene nulla.

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Festa tradizionale di San Giovanni Battista a Genova

Una festa di fuoco e di acqua quella che il 24 giugno si celebra in onore del santo patrono di Genova, San Giovanni Battista.

La tradizione si innestò già da tempi antichissimi, agli albori della cristianità, su una festa pagana dedicata alla Fors Fortuna che anticipava di 6 mesi quella del Sol invictus.

In epoca pagana era una festa dedicata all’amore, quello carnale e terreno, e in quelle ore ci si ritrovava in quanto di buon auspicio dopo che la coppia aveva saltato i falò che festeggiavano il solstizio d’estate.

Si racconta ancora  che la festa aveva fortissime valenze legate all’acqua. Tradizione racconta che si usava remare su barche adornate di fiori, e altri fiori venivano lanciati sulla folla come segno benaugurante di fortuna e fertilità.

E’ proprio l’acqua che lega la festa al santo cristiano che battezzò Gesù Cristo. La festa di S. Giovanni Battista è diffusa in tutta Europa, ma in questo caso, Genova ha qualche ragione in più per celebrare il Battista.

La celebrazione con cui ogni anno le ceneri del santo vengono portate in processione per le vie cittadine ricorda l’arrivo delle reliquie nel lontano 1098 quando ritornarono i genovesi dalla prima crociata guidata da Guglielmo Embriaco che portava con sé un’altra reliquia fondamentale nella storia della città: il sacro catino.

Sacro Catino

Vero e proprio "documento-monumento" della storia cittadina,  il Sacro Catino si ammira, oggi,  isolato, entro il primo ambiente espositivo del Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo.

Il cosiddetto “Sacro Catino” è un piatto esagonale in vetro verde, ma da sempre ritenuto di smeraldo e investito di valenze simboliche e sacre: la cronaca narra che  fu portato a Genova da Guglielmo Embriaco nel 1101, di ritorno dalla prima Crociata e dalla presa di Cesarea.

L’arcivescovo di Tiro narra che durante la presa di Cesarea fu trovato dai Genovesi, nel tempio eretto in onore di Augusto , un "vaso di un verde intensissimo, e avendolo ritenuto di smeraldo, lo trattennero e lo recarono in patria come magnifico ornamento della loro chiesa.

Ora è oggetto di grande venerazione, una delle reliquie più importanti e preziose conservate in città. 

Da allora lo mostrarono alle eminenti personalità di passaggio come un’opera quasi miracolosa e preziosissima".

Iacopo da Varagine parla di esso come del Santo Graal, il catino in cui Cristo mangiò durante l’ultima cena o dove Nicodemo raccolse il sangue di Cristo in croce.

Napoleone lo volle trasportare  a Parigi e proprio lì, nella capitale francese, nel 1806, venne appurato scientificamente che il prezioso recipiente non era fatto di smeraldo, bensì di vetro, la cui colorazione così intensa era dovuta a una componente molto ricca di ossidi di magnesio e potassio.

Il trasporto dalla Francia a Genova fu fatale. Il Catino giunse frantumato in vari pezzi. Fu ricomposto nel 1951 ma non fu possibile colmare la lacuna che tuttora è visibile. 

Gli studiosi non hanno ancora sciolto il nodo della questione delle origini di questo prezioso oggetto, prospettando due alternative possibili: la Palestina del I-II secolo, oppure l'Egitto fatimide del IX-X secolo. 

In sede di restauro sarà possibile condurre analisi che possano fornire indicazioni a riguardo. 

Il potere prodigioso delle ceneri del Battista sta nel viaggio verso Genova dalla Terrasanta, esse placarono la tempesta solo quando, riunite tra loro, furono riposte in una sola nave.

Giovanni Battista diventa patrono della città nel 1391 proprio per questa sua particolare capacità di controllare i flutti marini e alla sua protezione venivano affidate le navi genovesi.

Il cristianesimo, quindi, ammanta la festa con la sua cultura, ma restano tante le manifestazioni e le tradizioni popolari che continuano a mantenersi dai vecchi riti pagani.

I falò diventano parte della cultura cittadina e decine di pire vengono accese, sui monti, nelle piazze e lungo il Bisagno.

Questa notte resta la festa degli innamorati e rimane la tradizione del salto del falò; la notte trascorre insonne aspettando l’alba.

Paradossalmente, nel giorno di S. Giovanni Battista non ci si doveva bagnare in mare, mentre si raccoglieva la rugiada in piccole ampolle e i bambini venivano fatti rotolare sui prati per proteggersi dalle malattie.

Nelle diverse epoche la festa ha avuto il compito “politico” di rinsaldare il rapporto tra potere laico e religioso, per molti anni l’arca di S. Giovanni è stata trasportata in processione dagli operai della città.

 

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