Saggezza Popolare | 05 luglio 2022, 08:00

Terza regione italiana: detti e tradizioni con audio inclusi

Questa rubrica, semiseria, raccoglie e propone ai nostri lettori i detti, i proverbi e le antiche saggezze che da secoli arricchiscono l'Italia di un patrimonio inestimabile di cultura locale Siamo curiosi di sapere da Voi lettori a quale regione questa volta ci riferiamo. Scrivete a pg.laprimalinea@gmail.com oppure aa.laprimalinea@gmail.com

Terza regione italiana: detti e tradizioni con audio inclusi

Na fomna lesta t'la vedi ant ij pè e ant la testa.

Traduzione: "Una donna in gamba la vedi dai piedi e dalla testa. "

Morale: per trovare una donna in gamba bisogna guardarla nei piedi per vedere le scarpe e come ha acconciata la testa (taglio e piega)

Temp, prèive, fomne e cul a l'han sèmper fait còsa a l'han vorsù.

Traduzione: "Tempo, preti, donne e culo hanno sempre fatto cosa han voluto"

Morale: ci sono cose nella vita che non puoi cambiare, comandano loro

Dentura rada, fortun-a s-ciassa

Traduzione:"Denti radi fortuna folta"

Morale: chi ha i denti distanziati  è molto fortunato

TRADIZIONE REGIONALE ANTICA

L'antica giostra del Pitù

Le origini della festa sono religiose e si qualificano, come riti di fertilità legati all'inizio del ciclo stagionale agricolo: alla fine dell'inverno, quando sta per iniziare il nuovo ciclo della produzione, in agricoltura sorge l'esigenza di assicurarsi il favore divino per un raccolto sicuro ed abbondante .La Festa del Pitu è un antico rito popolare propiziatorio contadino, che è riuscito a conservare intatti, nel corso dei secoli, tutti gli elementi originali della cerimonia.

L'antico costume di cacciare le potenze del male e di scaricare addosso al capro espiatorio (il Pitu) tutti i mali che hanno afflitto il popolo durante l'anno trascorso, è il modo per consentire alla comunità di iniziare il nuovo ciclo sotto i migliori auspici. La purificazione trova attuazione attraverso il 'processo' e la 'condanna' del Pitù. La parte centrale della manifestazione (processo, condanna, testamento e giostra equestre) è preceduta da un corteo storico, che rievoca un personaggio molto importante della storia, che ha reso il nome di Tonco conosciuto nel mondo: Gerardo di Tonco, fondatore dell'Ordine di San Giovanni in Gerusalemme, divenuto poi Sovrano Ordine Militare di Malta. Come tradizione il corteo è aperto dalla storica banda del posto “La Bersagliera”. Tale corteo si chiude con la sfilata dei vari borghi che, allo scopo di riscoprire e valorizzare le antiche tradizioni fra cui il ballo del 'Brando', inscenano momenti di vita quotidiana tramite carri allegorici. Il Pitù imprigionato viene quindi condotto davanti ad un tribunale, allestito in piazza, dove i giudici togati lo processano in un incalzare di schermaglie verbali, in dialetto locale, tra la pubblica accusa ed il Pitù, che cerca inutilmente di difendersi. 

Al termine del processo iniquo, il Pitù viene condannato a morte e chiede, come ultimo desiderio, di fare pubblicamente testamento: ecco che abbiamo un altro momento di satira e di costume, per rilevare ancora fatti, per colpire ancora ironicamente persone del luogo, per spiattellare in piazza, tra risate, consensi, gesti di disapprovazione, piccoli vizi e difetti della comunità. Dopo essersi così vendicato, il Pitù lascia ad ogni Rione una parte significativa del proprio corpo, motivandone la scelta con commenti alquanto salaci e pungenti.

Durante il Medioevo questo passaggio della festa assumeva un'importanza fondamentale nella storia delle classi subalterne.

Era, infatti, l'unica occasione in cui i contadini potevano vivere l'illusione di una vita diversa, nella quale era possibile dire quello che pensavano. In quel particolare momento il Feudatario concedeva, al popolo la libertà di scaricare sul capro espiatorio (il Pitù), nel quale era (tacitamente) identificato il signore, tutta la rabbia accumulata durante l'anno trascorso. Pur consapevole di questa silenziosa e nascosta identificazione, il Feudatario accettava di buon grado la situazione, purché non superasse i limiti da lui stesso fissati. Questa tradizione è oggi ancora ben viva ed il Pitù, nel suo testamento, ancora prende gusto a colpire le autorità pubbliche ed i personaggi più in vista del luogo. Dopo corteo storico, sfilata dei carri agresti, processo e condanna al Pitù ha luogo la corsa vera e propria. Il Pitù viene appeso al centro della piazza ed inizia una spettacolare giostra equestre fra le urla di  incoraggiamento o i motteggi dei borghigiani. I cavalieri, uno per ogni rione, si lanciano al galoppo e cercano di vincere la competizione staccando il capo al simulacro(fantoccio realizzato in tessuto). A colui che riesce nell'impresa spetta l'onore ed il suo borgo lo festeggia dando inizio alla caratteristica danza del 'brando', accompagnato dalla famosa banda 'La Bersagliera'.

Nella Festa del Pitù, il ballo del 'Brando', costituito essenzialmente da una variante della monferrina, dà inizio ai festeggiamenti al termine della giostra equestre. L'esistenza del ballo è documentata fin dalla prima metà del Seicento, in un'opera dello scrittore provenzale Claude Brueys e tra i balli che vennero eseguiti in piazza nella capitale di questa regione del nord nel 1643, per i festeggiamenti del compleanno della reggente Maria Cristina.

 

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