Fernando Botero, morto il 15 settembre 2023 all’età di 91 anni, ha lasciato un vuoto che va oltre la perdita di un grande artista: ha riaperto un dibattito mai sopito. I detrattori hanno spesso sostenuto che le sue opere non avessero nulla a che vedere con l’arte contemporanea, mentre i suoi ammiratori hanno sempre riconosciuto nei suoi ritratti un linguaggio universale. Quei corpi abbondanti e rassicuranti, oversize, sono il frutto di un intreccio di influenze che spaziano dal muralismo messicano di Diego Rivera al monumentalismo di Paolo Uccello, fino al primitivismo naturalista e naïf di Henri Rousseau.
Tutti elementi che, fusi insieme, hanno dato vita a uno stile originale e inconfondibile: le forme esagerate, marchio di fabbrica con cui Botero ha raccontato l’uomo, il mondo e la natura. Volumi che esaltano la bellezza assoluta, “volumi guerrieri” come li definiva lui stesso, impegnati nella battaglia quotidiana della vita.
In questo contesto di memoria e riflessione, il Forte di Bard dedica a Botero un grande progetto espositivo: Fernando Botero. Tecnica monumentale, aperto sino al 6 aprile 2026. La mostra, curata da Cecilia Braschi e promossa in collaborazione con 24 Ore Cultura e la Fondazione Botero, raccoglie oltre cento opere tra dipinti, disegni e sculture. Il percorso mette in dialogo le diverse tecniche utilizzate dall’artista sullo stesso soggetto — olio, acquarello, disegno e scultura — offrendo al pubblico la possibilità di cogliere la complementarità e la ricchezza della sua ricerca. È un omaggio che non mescola ma affianca. Da un lato la memoria di un artista discusso e amato, dall’altro la celebrazione concreta della sua opera in una cornice monumentale come il Forte di Bard.
"L'arte - diceva l'artista - è una tregua spirituale e immateriale dalle difficoltà dell’esistenza umana".
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Nato il 19 aprile 1932 a Medellín, in Colombia, crebbe lontano dalle istituzioni artistiche ufficiali, ispirato dalla pittura locale e dagli affreschi barocche nelle chiese. Dopo aver debuttato come illustratore all'età di 16 anni, aver lavorato come scenografo e aver viaggiato in Europa (a Barcellona, Madrid, Parigi e Firenze), nel 1958 vince il primo premio al Salón de Artistas Colombianos, facendosi apprezzare per le creazioni e per il suo stile già distintivo di esagerare le masse corporee delle figure che ritraeva (poi noto come boterismo).
E' nel 1956, infatti, quando realizza quasi involontariamente un mandolino più robusto e allargato rispetto alle forme ordinarie. In quel momento Botero comincia ad appassionarsi di forme all'occhio sfalsate e sensuali e comincia ad allargare e ingrassare tutto, quasi come se volesse allargare anche gli orizzonti della nostra stessa osservazione. Afferma: "Non dipingo donne grasse. - dice - Ciò che realizzo sono volumi. Quando dipingo una natura morta o un animale lo faccio sempre in modo volumetrico. Lo stesso vale per un paesaggio. Sono interessato alla sensualità della forma. Se io dipingo una donna, un uomo, un cane o un cavallo, ho sempre quest’idea: non ho affatto un’ossessione per le donne grasse…".
Naturaleza muerta con mandolina (fecha incierta) 1956. Fernando Botero
A partire dagli anni Settanta, dopo essersi trasferito a Parigi, iniziò a dedicarsi anche alla scultura.
Per diversi decenni non smise mai di declinare la sua predilezione per le forme nei contesti e nelle situazioni più disparate: “Un'artista è attratto da alcune forme senza sapere perché. Adotti una posizione intuitivamente e solo dopo cerchi di razionalizzarla o giustificarla”, disse. Le sue rappresentazioni immaginifiche e surrealiste, però, spesso incontravano anche un sottotesto sociale e politico più forte: dal 1999 al 2004, per esempio, realizzò una serie di disegni e dipinti dedicati a rappresentare la violenza che funestava il suo paese, mentre è del 2005 il famoso dipinto Abu Ghraib, divenuto poi ispirazione per una serie completa di opere di oltre 85 pezzi, in cui sublima la brutalità delle torture americane commesse durante la guerra in Iraq.
Fernando Botero - Abu Ghraib Trittico
Serie più recenti, come 'Une famille' o 'The Circus', tornano invece a temi più quotidiani o fantasiosi ma non di minore intensità.
Le sue figure femminili, in particolare, sono spesso state prese ad esempio - seppur esagerate e spesso oniriche - per portare avanti un discorso più inclusivo sulla rappresentazione dei corpi delle donne: quando altrove, soprattutto nella pubblicità e nei media, sono quasi sempre raffigurati come atletici e dalla magrezza irreale, Botero né da invece una raffigurazione voluminosa, rotonda e incontenibile.
Botero-Circus-People 2007- olio su tela
L'artista è anche famoso non solo per la prolificità delle sue opere ma anche per la generosità con cui le ha donate a varie istituzioni, tra cui in particolare il Museo Botero di Bogotà, a cui ha concesso 123 delle sue opere e una parte della sua collezione privata che comprendeva artisti come Chagall, Picasso e gli impressionisti francesi.
Nel 2016, al culmine del processo di pace che ha messo fine ai conflitti in Colombia, ha anche scolpito e donato al governo La paloma de la paz', auspicio di pacificazione universale.
Secondo Botero, il dipingere deve essere inteso come una necessità interiore, un bisogno che porta a un’esplorazione ininterrotta verso il quadro ideale; tuttavia, questo bisogno rimane sostanzialmente inappagato. Il colore rimane tenue, mai esaltato, mai febbrile, generalmente steso in campiture piatte e uniformi, senza contorni. Da notare l’assenza totale delle ombreggiature nei suoi dipinti, perché essi, secondo Botero "sporcherebbero l’idea del colore che desidero trasmettere".
"Ci sono quelli - disse a un giornalista - che mi dicono che non si sono mai interessati all’arte, poi hanno visto una mia opera e da allora si sono messi a studiare le opere antiche e moderne. Non credete che questa debba essere la massima ambizione da parte di un artista? Io sì“.










