Religio et Fides - 14 dicembre 2025, 06:03

Siviglia, Spagna, 1933 - Henri Cartier-Bresson (1908-2004)

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

Siviglia, Spagna, 1933 - Henri Cartier-Bresson (1908-2004)

La terza di Avvento è anche detta domenica Gaudete. Il Natale si sta avvicinando e occorre ricordare che la venuta di Gesù è portatrice di una gioia profonda. Questo aspetto sovente ci sfugge e lo è stato anche per Giovanni Battista di cui leggiamo nel Vangelo che dal carcere invia alcuni suoi discepoli per domandare a Gesù se fosse stato Lui il Messia tanto atteso.

Nel testo “Antichità giudaiche” dello storico del tempo Giuseppe Flavio, è detto che il Battista era prigioniero presso la fortezza di Macheronte perché Erode riteneva che la predicazione del profeta potesse portare a sollevazioni e disordini popolari. Per quale ragione Giovanni sembra nutrire dubbi sull’identità di suo cugino? Perché le parole e le opere che compiva non corrispondevano a ciò che ci si aspettava dal Messia annunciato dal Battista stesso e atteso da secoli ovvero un giustiziere portatore del castigo di Dio che con una scure avrebbe diviso i puri dagli impuri, i giusti dagli ingiusti e fatto piazza pulita del potere romano. Come sappiamo invece dai vangeli, fin dagli inizi della sua vita pubblica Gesù manifesta un’immagine di un Dio molto diverso da quello che la gente si aspettava e tanto più gli addetti della religiosità ebraica.

Ai discepoli del Battista che gli chiedono chiarimenti, Gesù risponde con sei azioni: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano e ai poveri è annunciato il Vangelo. Non si tratta di un numero casuale bensì simboleggia i sei giorni della creazione. Cristo è portatore di una nuova creazione, è venuto per ricreare una rinnovata relazione tra Dio e l’uomo, per donare all’umanità un messaggio di gioia e di luce, come leggiamo nella profezia di Isaia nella prima lettura, è venuto per riaprire il sentiero che conduce l’uomo alla fede e all’amore. Sottolineo in particolare questa frase: ai poveri è annunciato il Vangelo. Siamo dei poveracci se non ci accorgiamo che Dio si è fatto uomo per offrirci un messaggio di gioia, non a caso Vangelo significa buona notizia! Natale è celebrare che Dio è venuto in mezzo a noi per rivelarci che innanzitutto Lui esiste e non è un’invenzione, che ci ama e ci considera preziosi, che in qualsiasi momento ci sta accanto, che la via che conduce alla vera felicità consiste nell’amare, nel non vivere solo per noi stessi e infine, poiché ci ama di un amore inimmaginabile, ci ha promesso che ci viene a raccogliere ogni qualvolta cadiamo nel peccato per rialzarci e ci verrà a prendere per condurci nell’eternità quando compiremo il passaggio della morte. Altro che Dio vendicativo e punitore…

ed è per questa ragione che Gesù sempre rivolgendosi ai discepoli di Giovanni dirà: “E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!”. Qual è lo scandalo? E la rivelazione che Lui annunci un Dio di amore e misericordioso e a molti questo darà fastidio… soprattutto a scribi e farisei perché preferivano tenere la gente nella paura del divino in modo da controllare la situazione. Sembra assurdo ma anche Giovanni Battista che predicava alle folle la conversione del cuore e della mente dovrà convertirsi e questo vale anche per noi oggi perché c’è sempre il rischio di vivere la fede con il sospetto di fondo che il Signore non sia dalla nostra parte, che non abbia a cuore il nostro bene, che essere credenti sia vivere nella cupezza, nei sensi di colpa, nella paura, nel conquistarci a suon di preghiere e pratiche religiose il favore di un Dio suscettibile.

Siviglia, Spagna, 1933 è uno scatto del grande fotografo francese Henri Cartier-Bresson (1908-2004). Alcuni bambini giocano allegramente tra le macerie di una vecchia casa, inquadrati attraverso un enorme squarcio aperto su un muro. Da sempre l’uomo si aggira tra le macerie del male, dell’egoismo, del peccato, della fatica, della solitudine ma Dio è venuto in mezzo a noi per offrirci una gioia profonda che nasce dallo scoprire che non siamo mai soli, Lui è con noi per guidarci, sostenerci, aiutarci a guardare la vita con occhi nuovi.

C’è un ritornello creato e cantato dalla comunità di Taizè che dice: “Jésus, ma joie, mon espérance et ma vie” (Gesù mia gioia, mia speranza e mia vita). La fede non ha a nulla a che fare con le tenebre e la paura ma è incontrare ogni giorno Dio con la fiducia che Egli ha da offrirci una presenza amorevole, una Parola, una luce di modo  che possa aiutarci ad affrontare con gioia la complessità dell’esistenza. 

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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