“Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?”, san Paolo dalla seconda lettura tratta dalla lettera ai Corinzi ci ricorda un aspetto fondamentale della fede che sovente ci sfugge: Dio non è da inseguire ma abita già dentro di noi, perciò, la preghiera e le pratiche religiose servono per godere di questa presenza preziosa. Tutti, quindi, siamo come piccole chiese che custodiscono l’amore della Trinità. Qualcuno potrebbe obiettare: se Dio è in me cosa serve andare a Messa, pregare con altri, andare in chiesa? Sarebbe sufficiente rientrare in sé stessi. Ecco che arriviamo al senso della festa della dedicazione della Basilica Lateranense che ricorre questa domenica, 9 novembre, con la quale si celebra la costruzione dell’arcibasilica del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista, comunemente detta san Giovanni in Laterano.
È la cattedrale di Roma, considerata la madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe, cioè della città di Roma e del mondo intero. La sua dedicazione avvenne nel 324 d.C. ad opera di papa Silvestro, sulla scia dell’editto di Costantino che permise ai cristiani di professare e celebrare liberamente la fede. L’imperatore, convertitosi al cristianesimo, fece edificare dieci basiliche, tra le quali quella Lateranense. Là dove ora sorge anticamente vi erano dei terreni di proprietà della nobile famiglia dei Laterani, da lì il nome. L’edificio custodisce la cattedra del Papa a simboleggiare che il Pontefice in primis è chiamato ad insegnare al popolo cristiano il messaggio del Vangelo ed aiutarlo a viverlo; per questa ragione il giorno dell’insediamento del nuovo Pontefice quest’ultimo si dirige alla Basilica Lateranense per prendere posto sulla cattedra.
Perché costruire chiese se Dio abita dentro di noi? Perché siamo umani e abbiamo bisogno di segni concreti e tangibili che ci aiutino ad andare con la mente e con il cuore alla Trinità. Qualcuno potrebbe obiettare: perché le chiese spesso sono sfarzose, ricche di opere di grande pregio mentre Gesù ha predicato la semplicità e la povertà?
Sovente lo sfarzo aveva come finalità, non tanto quella di celebrare il potere della Chiesa, quanto quella di creare dei luoghi preziosi, diversi da quelli che la gente frequentava quotidianamente e che dovevano dare l’impressione di essere in un’altra dimensione, in una realtà che travalicava il mondo terreno. La ricchezza dei decori e delle opere ha come finalità quella di sorprendere le persone e richiamarle al fatto che oltre la quotidianità spesso faticosa e povera vi è un Dio che ci ama, che ci ritiene preziosi, che ci sostiene, che non ci fa mai sentire soli. La festa della Basilica Lateranense ci invita a guardare a tutte le chiese del mondo che si trovano nei villaggi, nei paesi, nelle metropoli e che sono lì a testimoniare concretamente che Dio non abita chissà dove ma sta tra le nostre case, è in mezzo a noi, è dentro ad ogni persona, condivide la nostra esistenza là dove si svolge.
Ogni chiesa è un luogo che ci viene offerto per fermarci ed accorgerci che Dio è presente, ci abita e dal di dentro ci invita a fidarci di Lui, ad instaurare un’amicizia, a non ascoltare solo noi stessi ma anche la sua Parola che è guida e luce ai nostri passi. L’edificio chiesa ha senso anche per il fatto che è il luogo deputato dove i cristiani si radunano per celebrare insieme perché la spiritualità non possiamo ridurla a qualcosa di puramente intimistico ed individuale, per coltivarla è necessario camminare con gli altri anche se spesso può risultare difficile ma se riduciamo la fede ad un fatto privato rischia di smorzarsi, non può mai spegnersi del tutto perché è dono di Dio ma può atrofizzarsi con tutto ciò che ne consegue.
Dell’antica cattedra papale in san Giovanni in Laterano del IV secolo rimane solo la predella, cioè la base dove vi sono rappresentati quattro animali: un serpente, un leone, un drago e un basilisco una creatura mitologica composta da un gallo, un serpente ed un leone; essi rappresentano il male ma su quella predella poggiano i piedi del Papa che è il vicario di Cristo e questo a ricordarci che esiste sì il male, il peccato, la morte ma Gesù ci ha rivelato che non ci lascia mai soli, è con noi, è in noi per aiutarci a scegliere il bene, per offrirci il perdono e neanche nell’ora della morte ci lascerà perché ci condurrà alla resurrezione. Ogni volta che vediamo una chiesa e che vi entriamo stiamo ricordando a noi stessi che non siamo mai soli, Dio è presente in noi e in ogni situazione.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.






