Religio et Fides - 26 ottobre 2025, 06:03

'Unzione del capo di Gesù' (1920); Elsie Anna Wood (1887-1978)

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

'Unzione del capo di Gesù' (1920); Elsie Anna Wood (1887-1978)

Il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone. Queste parole, con le quali si apre la prima lettura, ci rivelano che per Dio siamo tutti importanti mentre non sempre intuiamo la preziosità di chi abbiamo di fronte perché ci lasciamo sviare dalle apparenze, riteniamo che alcuni valgano più di altri in base a criteri mondani; certo può capitare di nutrire qualche antipatia ma non è un buon motivo per mancare di rispetto e dimenticarci che anche in chi non apprezziamo c’è del positivo e c’è la presenza dall’amore di Dio. Gesù ha insegnato che ogni persona va considerata, accolta, ascoltata e aiutata, tanto più chi è in difficoltà. Il brano di Vangelo inizia con questa premessa di Luca: ‘In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri’. Disprezzo deriva dal latino “dis” che è una negazione e “pretium” cioè prezzo, valore, stima. Quante volte non riconosciamo il valore di qualcuno in base a criteri puramente terreni, a pregiudizi o peggio ancora a pettegolezzi. Il 4 ottobre Leone XIV ha presentato la sua prima esortazione apostolica intitolata “Dilexi te” che ha per oggetto l’amore verso i poveri. Il testo, iniziato da Francesco, è stato completato dal Pontefice, invito me e voi a leggerlo. Il titolo, come tradizione vuole, è tratto dalle parole di apertura del testo: ‘Ti ho amato’ tratte dall’Apocalisse (Ap 3,9). Parole che ognuno deve sentire rivolte a sé stesso e che dovremmo imparare a rivolgere a quanti incontriamo sul nostro cammino. Nel salmo 33 leggiamo questo passaggio:’ Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti.’ Come riesce Dio a farsi vicino a chi è in difficoltà? Certamente mediante l’azione dello Spirito Santo che riceviamo nei sacramenti e nella preghiera ma non è l’unica via. Egli si fa presente attraverso quelle persone in carne ed ossa che si accostano al loro prossimo. Il Papa nell’esortazione al punto 4 cita l’episodio della donna che unge con olio prezioso il capo di Gesù e i discepoli la criticano perché si poteva vendere quell’unguento e il ricavato donarlo ai poveri. Riporto un passaggio dell’esortazione: Ma il Signore disse loro: “I poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avete me”. Quella donna aveva compreso che Gesù era il Messia su cui riversare il suo amore perché su quel capo da lì a qualche giorno sarebbe stato tormentato dalle spine! Era un piccolo gesto, certo, ma chi soffre sa quanto sia grande anche un piccolo gesto di affetto e quanto sollievo possa recare. Gesù lo comprende e ne sancisce la perennità: ‘Dovunque sarà annunciato questo Vangelo, nel mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche ciò che ella ha fatto’ (Mt 26,13). La semplicità di quel gesto rivela qualcosa di grande. Nessun gesto di affetto, neanche il più piccolo, sarà dimenticato, specialmente se rivolto a chi è nel dolore, nella solitudine, nel bisogno, com’era il Signore in quell’ora. Alla luce del brano citato dal Papa, andiamo con lo sguardo sull’opera: Unzione del capo di Gesù (1920), dell’inglese Elsie Anna Wood (1887-1978). Essa si considerava un’artista missionaria perché molte delle sue opere, spesso acquerelli, avevano come oggetto scene evangeliche con l’intento di aiutare le persone ad arrivare a Dio. Per dare ancor più forza alle sue immagini si recò diverse volte in Terra Santa e i soggetti che ritraeva erano sovente persone realmente incontrate. Chi sono i poveri di oggi? Quanti versano in condizioni economiche e materiali disagiate ma non solo, chi è in carcere, quanti sono in un letto di ospedale, i malati psichiatrici, le persone sole, i giovani sbandati, quanti vivono ai margini della società o nella delinquenza, chi non ha istruzione, chi non ha lavoro, chi non conosce Dio e la bellezza di credere in Lui, chi pensa di non valere nulla, chi è maltrattato. Sono tante e svariate le situazioni di povertà e tra queste c’è anche la nostra storia personale fatta di debolezze, fallimenti, incongruenze, paure e ferite. Lasciamoci raccogliere ogni giorno da Dio che ci sussurra queste parole: “Ti ho amato e ti amo ancora”. Percepire questo amore immeritato ci doni lo slancio per imparare ad amare nella concretezza e domandarci: quali sono i poveri che incontro? A quali sono mandato?  

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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