Religio et Fides - 21 settembre 2025, 06:03

Fatti non foste- 2016; Matteo Pugliese (1969)

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

Fatti non foste- 2016;  Matteo Pugliese (1969)

Il tema centrale del Vangelo è l’amministrare, è un invito a riflettere sulla gestione delle proprie risorse. La parabola narrata da Gesù per certi aspetti è sconcertante infatti propone come esempio di comportamento una persona disonesta, un uomo che doveva gestire i beni del suo padrone e che invece si è comportato scorrettamente, ha sperperato, ha pensato più a sé stesso ed alla propria convenienza. Messo di fronte alla realtà dei fatti, comprende che è finito il tempo di fare quello che gli pare, è ora che si faccia degli amici, che faccia qualcosa per qualcuno e non solo per sé. Per salvarsi condona parte dei debiti a chi doveva dei soldi al suo padrone. Agisce con scaltrezza e disonestà ma lo fa perché comprende che il suo bene passa per il bene degli altri. Spesso noi pensiamo che per essere felici dobbiamo metterci al primo posto con i nostri bisogni, priorità ed interessi; crediamo che accumulando, costruendoci con ogni mezzo una certa immagine ci possiamo sentire realizzati, affermati, al sicuro e invece è esattamente il contrario. Il nostro bene prende forma quando ci preoccupiamo del bene altrui, quando usciamo da noi stessi amministrando in modo corretto la nostra vita. Facciamoci allora qualche domanda: come sto gestendo l’esistenza e i giorni che ho a disposizione? Il tempo che ho lo dedico prevalentemente alle mie esigenze? Al primo posto ci sono io e poi al massimo, se avanza qualcosa, c’è spazio per gli altri? Tutti abbiamo delle responsabilità, come sposo/a, come genitore, sacerdote, consacrato/a, studente, nel proprio specifico ambito lavorativo e occorre chiedersi se ci doniamo agli altri, se offriamo con generosità il nostro tempo, le nostre competenze e risorse personali oppure se ci illudiamo che viviamo meglio se pensiamo innanzitutto a noi stessi. Il brano si conclude con questa affermazione di Gesù: “Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”, nel testo originale più che di ricchezza si fa riferimento al termine aramaico, “mamon”, tradotto in italiano mammona che significa convenienza. Al primo posto nella gestione della mia vita, delle mie scelte, del mio tempo c’è solo ciò che mi conviene? Quando ci accade di sentirci infelici, insoddisfatti, insipidi, spenti, vuoti stiamo ben attenti che sovente dipende da una cattiva gestione del tempo e delle risorse, forse siamo troppo ripiegati su noi stessi e sulle nostre comodità. La parabola insegna che ciò che conviene alla nostra felicità è uscire da noi stessi, è donarci, essere disponibili, generosi…se viviamo così ecco che riceveremo la ricompensa sia qui che nell’aldilà, ci sentiremo realizzati e fecondi nella vita terrena e immensamente felici in quella eterna. Con il dono della vita riceviamo risorse, facoltà ed inclinazioni, a seconda di come le gestiamo ne va della nostra gioia. Nella seconda lettura san Paolo scrive queste parole rivolgendosi a Timoteo: “Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio”. Preghiamo affinché quanti hanno responsabilità di governo le esercitino con onestà, dedizione, spirito di servizio e non di sopraffazione ma questo vale anche per noi nel nostro piccolo; preghiamo ogni giorno perché il Signore ci aiuti ad amministrare bene il tempo, le capacità, le opportunità, le responsabilità che possediamo non per pensare solo ai nostri comodi e convenienze. Matteo Pugliese (1969) è uno dei più apprezzati scultori italiani contemporanei. Tra le sue opere più famose ci sono gli Extra Moenia, uomini di bronzo che tentano una dolorosa rinascita attraverso una lotta con una materia che li imprigiona come nel caso dell’opera dal titolo. Il titolo si rifà ad un celebre verso della Divina Commedia tratto dal canto XXVI dell’Inferno. La vita non ci è data per restare intrappolati nel nostro io, per pensare solo a noi stessi ma per donarla perché il nostro bene passa per il bene che compiamo per gli altri. 

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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