Religio et Fides - 17 agosto 2025, 06:40

'Stammi vicino', 2011 - Vasco Rossi

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

'Stammi vicino', 2011 - Vasco Rossi

A volte siamo impantanati o, peggio, ci sentiamo persi in un pozzo profondo dal quale non vediamo via d’uscita, un po' com’è accaduto al profeta Geremia, di cui leggiamo nella prima lettura che venne gettato in una cisterna piena di fango. Successivamente il re ebbe pietà e lo fece tirar fuori. Per innumerevoli motivi possiamo sentirci in trappola, inguaiati, con la sensazione di aver toccato il fondo e questo accade quando viviamo una stagione di crisi, quando avvertiamo il peso dei nostri peccati ed errori pensando che non vi sia rimedio, quando siamo nella nebbia della depressione, nel buio del lutto o dobbiamo affrontare una grave malattia, quando una persona cara vive un momento difficile, quando siamo delusi di Dio o di qualcuno, quando pensiamo che non vi sia via d’uscita da una situazione. Nella vita si può cadere in pozzi profondi ma non dobbiamo mai disperare perché non vi è luogo e condizione dove Dio non possa raggiungerci. Vi cito alcune parole del salmo 138: “Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti… nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce”. Altrettanto incoraggiante è il salmo 39 che ci offre la liturgia domenicale: “Ho sperato, ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose, dal fango della palude; ha stabilito i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi”. Aggiungo a queste citazioni una frase della seconda lettura, tratta dalla lettera agli Ebrei: “non vi stanchiate perdendovi d'animo”. A volte invece abbiamo proprio la netta sensazione di essere perduti”. Per curiosità sono andato a cercare il significato della parola perso e ho scoperto con grande sorpresa che deriva dal latino persicus che è attribuito al colore blu, molto scuro, propriamente fra il porporino e il nero. Nel brano di Vangelo Gesù si rivolge ai suoi discepoli dicendo: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!”. Non si tratta di un fuoco distruttore bensì di uno capace di portare luce e calore anche nei luoghi più oscuri e gelidi dell’esistenza umana, fin dentro il nero totale della morte! Gesù poco più avanti afferma che questo fuoco può essere acceso solo in un modo: “Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!”. In questa affermazione non fa riferimento al sacramento che celebra la Chiesa ma alla sua morte e resurrezione. Gesù si immergerà nel buio della paura, dell’angoscia, del dolore fisico, della disperazione e infine nella paura della morte per farci capire che non vi è luogo nel quale Lui non possa essere presente e prenderci per mano. Se ripercorriamo la sua Passione scopriremo che facendosi uomo è passato per i luoghi più insidiosi e orribili dell’esistenza umana: ha provato l’angoscia del dover morire, il dramma di essere tradito, il dolore fisico e morale, la disperazione che viene del sentirsi soli ed abbandonati in un contesto di sofferenza. Sono emblematiche le parole che pronuncia poco prima di morire che troviamo sia nel Vangelo di Marco che in quello di Matteo: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato!”. Queste parole ci ricordano che vi sono delle situazioni che sono ancor più dure da affrontare perché non avvertiamo il sostegno e la presenza di Dio che sembra eclissarsi e questo perché il nostro dolore è talmente intenso che non riusciamo a percepire nient’altro. Non bisogna arrendersi e tantomeno perdersi d’animo , non occorre guardare solo al buio fitto, ascoltare solo la disperazione per renderci conto che c’è un fuoco, non immenso, ma è una piccola luce divina capace di illuminare e di scaldare l’animo che spesso si manifesta concretamente attraverso una persona, una Parola, un’esperienza, una canzone, un evento che ci fa intuire che non siamo del tutto persi e abbandonati nel nostro pozzo e che oltretutto si può risalire. Continuo anche per questa domenica con la musica, vi propongo un brano di Vasco Rossi dal titolo, Stammi vicino (2011). Il cantante si riferisce ad una donna ma le parole si possono adattare molto bene a Dio, ve ne riporto alcune: “Non lo so dove andrò ancora no, vado dove vai tu. E ti seguirò tanto non ho altro da fare più. Aspettavo te, da tanto tempo ormai che quasi non ci credevo che arrivassi più. Aspettavo sai, da tanto tempo ormai che quasi non ci credevo però non mi ero arreso. Stammi vicino e ogni cosa vedrai che col tempo tutto si aggiusterà”.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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