Minacce via email. Lettere anonime. Denunce alla Digos. Un trattamento sanitario obbligatorio. E sullo sfondo contatti - seppur marginali - di persone quantomeno 'disagiate' con consiglieri regionali. È un quadro denso e ancora opaco quello che emerge attorno alle pressioni che afferma di aver subìto nei mesi scorsi Giuseppe Argirò, amministratore delegato di Cva, la principale società energetica pubblica valdostana.
Tutto inizia alcuni mesi prima dell’autunno 2024, quando ai vertici di Cva giungono segnalazioni anonime dal contenuto altamente diffamatorio, indirizzate in modo esplicito contro Argirò. Dopo accertamenti interni e la collaborazione delle autorità, l’autore delle lettere viene identificato: è un uomo con disturbi della psiche già noto alle Forze dell’ordine per episodi specifici, nei cui confronti viene sporta una formale denuncia e, al termine di un'indagine di polizia, viene disposto un Tso psichiatrico.
Ma non è finita. A settembre dello stesso anno, un professionista valdostano invia direttamente ai vertici di Cva una serie di email dal tono duro e minatorio, accusando apertamente la governance di malagestione e minacciando esplicita 'vendetta'. L'uomo si firma con nome e cognome ma non viene denunciato: sarà lo stesso Argirò a chiedere alla Giunta regionale - e a ottenere - informazioni sullo stato di 'confusione mentale' in cui versa anche questo secondo personaggio.
A inquietare i vertici aziendali, però, è un altro elemento che emerge con forza ed è avvalorato da prove tangibili: entrambi i soggetti, nei giorni delle rispettive iniziative minatorie, avevano avuto contatti o interlocuzioni con consiglieri regionali. Il primo si era incontrato di persona con un rappresentante della minoranza consiliare di centrodestra, il secondo aveva inviato una segnalazione scritta a un esponente della maggioranza, paventando la presunta 'mala amministrazione' di Argirò. Segnalazione della quale il consigliere autonomista aveva reso edotti i colleghi (era a conoscenza delle problematiche ossessive del soggetto in questione?).
La percezione di un accerchiamento — non solo da parte di soggetti isolati, ma in un contesto che sfiora la dimensione politico-istituzionale — spinge Argirò a formalizzare la sua preoccupazione. Lo fa pubblicamente il 28 novembre 2024, in sede di audizione davanti alla Quarta commissione consiliare 'Sviluppo economico', annunciando di aver chiesto un incontro con il questore di Aosta per segnalare le minacce ricevute e il clima che si è venuto a creare attorno alla sua figura e che gli infonde "grande preoccupazione rispetto alla mia persona".
Vi è poi, anticipata nei fatti da Laprimalinea.it il 27 maggio scorso e resa nota 'in chiaro' con nomi e cognomi poche ore dopo da La Stampa l'ormai nota e 'confessa' (almeno da parte del commercialista coinvolto, mentre il politico nega) vicenda dei verbali di assemblea e del cda di Cva Eos trasferiti dal sindaco di Cva Daniele Fassin al suo trentennale amico Giulio Grosjacques, assessore regionale al Turismo, Sport e Commercio (a scanso di equivoci, non è Grosjacques l'esponente di maggioranza di cui sopra). Vicenda tutto sommato scevra di particolari conseguenze, men che meno giudiziarie, ma che restituisce bene il climax.
Tranne che per l'episodio delle lettere diffamatorie, questa stagione avvelenata si è finora mantenuta fuori dalle cronache giudiziarie, ma pone interrogativi rilevanti: quanto può pesare, in Valle d’Aosta, l’intreccio tra malcontento personale, accuse private e interferenze politiche? E quale deve essere il perimetro di tutela per chi amministra - indipendentemente da come lo fa - un’azienda pubblica in un contesto tanto ristretto quanto sensibile? Le risposte, forse, devono ancora arrivare.