“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”, sono parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli e se accenna a inquietudini e paure significa che erano già presenti in quel tempo, anche tra gli apostoli. Sono parole che valgono per ogni epoca compresa la nostra dove il turbamento si manifesta come stress, ansia, depressione e disturbi di vario genere. Turbamento etimologicamente deriva da turba che vuol dire confusione, scompiglio, agitazione. Quali sono nel nostro tempo, nella storia personale di ciascuno, i motivi che ci rendono inquieti, agitati e nervosi? Ognuno dia la sua risposta. Gesù offre un rimedio alle ansie e ai malesseri esistenziali che attanagliano bambini, giovani, adulti e anche anziani e lo fa offrendoci una pace diversa da quella che dona il mondo, spesso fondata sul sopperire alle difficoltà della vita rifugiandoci nel benessere, nel consumismo, nel curare la facciata anche se poi dentro ci si sente vuoti, soli e disgregati; nell’essere social, nel confidare esclusivamente nei beni materiali e in ciò che ci offre la ragione.
La pace di cui parla Gesù non si compra in un centro commerciale, non è disponibile su qualche applicazione dello smartphone e nemmeno su Amazon ma ci viene indicata con le parole che si trovano all’inizio del brano: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Osservare la parola di Gesù significa tentare di vivere ciò che Lui ha vissuto pur sapendo che siamo umani. Sono due i punti della vita di Cristo che, se assumiamo possono dissipare i motivi di turbamento e donarci un po’ di pace: il primo è che Gesù non si è fidato solo di sé stesso ma è rimasto sintonizzato con il Padre e lo Spirito Santo; il secondo aspetto è che si è donato con amore per l’umanità.
Dunque, veniamo a noi: sovente, se ci riflettiamo con attenzione e onestà, molte fatiche interiori, disagi e ansie provengono da questi due fattori: ci illudiamo di affrontare la vita con tutte le sue complessità e imprevedibilità confidando esclusivamente su noi stessi, sui nostri calcoli e ragionamenti credendo che per stare in piedi e che per reggere sia sufficiente avere cose e mantenere una certa apparenza. In più molte angosce e depressioni nascono dal fatto che siamo troppo ripiegati su noi stessi, molto preoccupati di possedere e poco di donare e questo è tremendamente pericoloso perché ci conduce inconsapevolmente verso una solitudine malata. Il turbamento spesso nasce da una mancanza di fiducia in Dio e da scarso amore verso il prossimo.
Riscopriamo allora la bellezza di fidarci non solo di noi stessi ma anche del Signore, ricordiamoci che ciascuno di noi possiede il dono stupendo della fede che ci consente di sintonizzarci con Lui e di non sentirci mai soli anche nelle fasi più complesse dell’esistenza. Inoltre, alleniamoci quotidianamente ad aprirci agli altri, a non confondere la felicità con il rinchiuderci in casa a pensare ai fatti nostri o nell’accumulare beni per sentirci al sicuro. Spesso molte forme di turbamento e di paura svaniscono come neve al sole quando ci dedichiamo agli altri, quando usciamo dei nostri gusci.
A proposito di neve, vi propongo un quadro di grande intensità nato dalle mani del celebre pittore inglese William Turner (1775-1851) intitolato: Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi (1812). L’artista è famoso per i suoi paesaggi montani e marini dove cieli, mari e fenomeni atmosferici raccontano ciò che accade nell’animo umano. Nel caso del dipinto citato, l’esercito di Annibale sta cercando di attraversare un tratto delle Alpi procedendo a fatica poiché sorpreso da una tempesta di neve che si abbatte come un’onda gigantesca ma sullo sfondo si intravede il sole che si fa largo con il suo bagliore.
Sia nei giorni sereni così come in quelli burrascosi impariamo a camminare insieme a Dio e restiamo sempre pronti ad aprirci agli altri solo così avvertiremo di possedere in noi stessi quella pace che è in grado di sostenerci in ogni età della vita.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.