Non c'è odio negli occhi di Agnès. C'è, piuttosto, la serenità rassegnata di chi sa di essere stato toccato dall'irreversibile, dall'ineluttabile. Cinge con sguardo amorevole il figlio Gabin (nome poco comune, forse un omaggio al celebre attore francese) e il marito Ludwig (nella foto sotto la coppia all'arrivo in via Ollietti); dispensa pochi, timidi sorrisi ai cronisti e al personale del Tribunale.
Lontana dalla sua Saint-Priest, cittadina dell'area metropolitana di Lione dove sono nati e cresciuti Gabin e Auriane Nathalie, appena può vi si rifugia con il cuore e la mente, estraniandosi dalle voci che risuonano nell'angusto atrio al terzo piano del Palazzo di Giustizia di Aosta che mercoledì 7 maggio è stato per quattro ore - dalle 9,30 alle 13,30 - tutto il suo mondo, il solo universo possibile.
E' lunga l'attesa al di quà della porta che la separa dall'aula della Corte d'Assise dov'è iniziata la prima udienza del processo che, forse, le restituirà un po' di giustizia ma certamente non una figlia persa per sempre nel marzo 2024 dopo soli 22 anni: Agnès dovrà deporre in una delle prossime udienze e fino a quel momento l'accesso al dibattimento le è precluso.
A un certo punto le sue mani corrono al collo di Gabin, che cerca di non darlo a vedere ma è teso come una corda di violino: lo massaggiano con la pazienza e la tenerezza che solo una madre può avere, gli accarezzano la nuca dolcemente. Poi, con calma, torna a sedersi e ad attendere che accada qualcosa.
A pochi metri da lei e dai suoi familiari c'è Atika Choukri (al centro nella foto insieme alla sorella e ai legali del figlio) insieme alla sorella e altri parenti. Sono saliti da Fermo, dove vivono da tanti anni e dove è cresciuto suo figlio Sohaib Teima, quel ragazzo che oggi ha 22 anni e che le carte processuali descrivono come abile manipolatore, lucido calcolatore e, almeno in un'occasione tra il 26 e il 27 marzo 2024, freddo omicida. Sohaib è giunto al tribunale di Aosta sul cellulare della Polizia Penitenziaria dal carcere 'Lorusso e Cotugno' di Torino.
Al suo arrivo la madre e gli altri familiari hanno atteso di vederlo comparire in quell'atrio nella speranza di potergli regalare un saluto, un sorriso, un conforto: un figlio è un figlio; libero e ridente nei selfie all'ingresso della facoltà di Scienze all'Università di Firenze oppure con gli occhi bassi ammanettato tra due agenti della Polpen. Che a questa richiesta muta non si oppongono ma ammoniscono con gentilezza: "Salutatelo adesso; poi quando uscirà per rientrare in carcere non potrete più farlo", perché le regole di un penitenziario ti accompagnano anche quando sei fuori dalla cella.
Nemmeno Atika ha potuto assistere all'inizio del processo, anche lei vuole testimoniare e fino a quel giorno ne resterà fuori.
Agnès e Atika, oggi, in quei circa trenta metri quadri occupati da sedie e distributori automatici di caffé e snack che le hanno costrette a guardarsi almeno una volta negli occhi erano lontanissime l'una dall'altra, pur accomunate da un destino orribile di privazione e dolore.
Per l'accusa 'una montagna di riscontri', per la difesa 'solo indizi'
Intanto in aula, di fronte al collegio d'Assise presieduto dal togato Giuseppe Colazingari e composto dal giudice a latere Marco Tornatore e da sei giudici popolari, il capitano dei carabinieri del Gruppo Aosta Marco Simoncini e i colleghi marescialli Mattia Loddo e Andrea Cuozzo hanno ripercorso le diverse fasi delle indagini seguite al ritrovamento, elencando quelle che per loro costituiscono 'prove' della colpevole condotta di Sohaib Teima, imputato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dal fatto che era legato sentimentalmente alla vittima (aggravanti che prevedono l'ergastolo) nonché per occultamento di cadavere, aggravato dal fatto il nascondimento avrebbe avuto lo scopo di garantire l'impunità all'omicida. Auriane Nathalie Laisne (foto sotto) fu uccisa dentro o nei pressi della chiesetta diroccata di Equilivaz a La Salle con un'arma da taglio tra il 26 e il 27 marzo 2024 in base ai comprovati esami autoptici.
Tra i diversi elementi a riprova della colpevolezza e della premeditazione di Teima, giunto in Valle d'Aosta con Auriane il 25 marzo transitando dal tunnel del Monte Bianco, i carabinieri hanno ricordato, tra le altre cose, i riscontri su una una serie di azioni (come l'utilizzo di una rete privata virtuale vpn che crea un tunnel 'sicuro' e oltreconfine tra dispositivo e server) commesse dall'imputato per occultare le sue ricerche in internet o meglio per nascondere la sua navigazione in siti oppure evidenziare falsamente accessi alla rete tramite supporti non riconducibili a lui; altro indizio importante, dal telefono di Auriane vengono scritti messaggi ai suoi genitori il 28 marzo, quindi quando lei era già morta e mentre agganciava la cellula telefonica di un quartiere di Grenoble dove si trova anche il cellulare di Teima. Ancora, nel pc dell'imputato viene rinvenuto, ben nascosto, un telefono sul quale erano state inserite alcune sim di Auriane. Tutto questo fa il paio con altre e note vicende, quale il tentativo da parte di Teima di far arrestare la findanzata allertando la Polizia di Frontiera di Fiumicino che la ragazza sta trasportando con sé un ingente quantitativo di cocaina. Gli agenti ne trovano 35 grammi ma i riscontri sul dna di quella busta di stupefacente confermeranno che a maneggiarla è stato Sohaib Teima.
Il processo è stato aggiornato al 21 maggio per il conferimento degli incarichi ai periti tecnici; il 17 giugno sarà la volta delle deposizioni dei consulenti del pubblico ministero e di un ufficiale di polizia giudiziaria francese. Poi, udienze ancora a giungo e a luglio fino al 17 settembre, per ascoltare altri 45 testimoni e per le arringhe finali.
Al termine dell'udienza di oggi, prima di lasciare Aosta i genitori e il fratello di Auriane, assistiti dagli avvocati aostani Jacques Fosson e Giulia Scalise, hanno detto ai cronisti di avere 'piena fiducia nell'operato dei carabinieri e nella Giustizia italiana". Per i difensori di Sohaib, Luca Tommaso Calabrò del foro di Torino e Lucia Lupi di Fermo, "questo processo è unicamente indiziario". L'ultimo ad andarsene è stato l'imputato: Sohaib Teima è salito sul furgone della Penitenziaria alle 14. Nei suoi occhi, qualcosa di diverso rispetto al mattino: la certezza definitiva che comunque vada niente sarà mai più come prima.