Il commercialista Dario Spadavecchia è stato incaricato questa mattina dalla Corte di Appello di Torino di verificare la congruità dei redditi del ristoratore Antonio 'Tonino' Raso in considerazione dei suoi investimenti fatti nel corso degli anni.
Il professionista avrà 90 giorni di tempo per svolgere il proprio compito; la prossima udienza è fissata per l'8 febbraio 2024. Arrestato il 23 gennaio 2019 insieme ad altri 15 indagati, Raso è stato scarcerato il 31 marzo scorso insieme agli altri tre imputati nella 'costola aostana' dell'inchiesta Geenna (Monica Carcea, Nicola Prettico e Alessandro Giachino) dopo oltre quattro anni di custodia cautelare.
L'Appello 'bis' scaturito dalla sentenza di Cassazione del gennaio scorso per tutti e quattro è fissato per il prossimo 15 novembre; dovrà stabilire se vi fu o meno associazione per delinquere di stampo 'ndranghetista tra gli imputati e segue l'annullamento con rinvio, deciso lo scorso aprile dalla Cassazione, della precedente sentenza di secondo grado.
Per Raso e solo per lui, il 12 aprile 2021 era stata disposta anche la confisca dei beni: quote della società che gestisce il ristorante La Rotonda di Aosta, un appartamento, un'autorimessa, due autovetture, tre conti corrente (dei quali uno al 50%) e il saldo attivo di due carte prepagate.
In seguito nonostante fosse detenuto gli erano state applicate le misure di sorveglianza perché ritenuto portatore di 'pericolosità sociale', condizione ribadita dai giudici di primo e secondo grado ma non così chiara per la Suprema Corte di Cassazione, secondo cui "l'acquisizione dei beni confiscati non risulta correlata cronologicamente al giudizio di pericolosità sociale qualificata formulato nei confronti di Raso dalla Corte di appello di Torino, occorrendo verificare se tale condizione soggettiva, che si faceva risalire al 2009, si era manifestata al momento dell'acquisto dei beni confiscati". Tradotto: non è detto che Raso abbia ottenuto i beni che possiede in ragione della sua 'pericolosità pubblica' e quindi da condotte criminali, ma piuttosto potrebbero essere frutto del suo lavoro.
Per la Dda la condanna comminata a Raso in primo grado “corrobora il compendio univocamente orientato nel senso della pericolosità sociale”, mentre i suoi difensori hanno rilevato e ribadito oggi "l'assenza di contestazioni nei suoi confronti quanto alla commissione di reati-fine dell’associazione”, e anche "l'asserita interruzione dei rapporti con i coimputati quantomeno dall’anno 2017", ricordando “la risoluta dichiarazione di condanna dell’abito mentale e delle dinamiche operative 'ndranghetiste espressa nel corso del dibattimento di Aosta quando lui stesso aveva dichiarato "la ‘ndrangheta è la cosa più schifosa".
Martedì scorso è durata invece poco più di quarto d'ora l'udienza su un altro ricorso presentato dai difensori di Raso, che dopo la sua scarcerazione avevano chiesto l'annullamento delle misure di sorveglianza determinate da un'asserita 'pericolosità sociale' dell'imputato, richiesta rigettata dal tribunale; ed è proprio sulla presunta pericolosità sociale di Raso che i giudici martedì mattina, acquisita la richiesta di annullamento del provvedimento di rigetto da parte dei legali si sono riservati la decisione.