Religio et Fides - 30 luglio 2023, 08:04

'La parabola del tesoro nascosto', 1630 - Rembrandt (1606-1669)

Lettura d'arte domenicale a cura di Don Paolo Quattrone

'La parabola del tesoro nascosto', 1630 - Rembrandt (1606-1669)

“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”. Con queste parole di Gesù si apre il Vangelo della XVII domenica del tempo ordinario e quando ci troviamo dinanzi a questo testo solitamente pensiamo che l’uomo che trova il tesoro e il mercante che compra la perla siamo noi che contenga un invito a scegliere ciò che conta davvero, così come fa Salomone, di cui leggiamo nella prima lettura. Il Signore gli domanda cosa desidera per sè e il giovane re non chiede  ricchezze o potere ma il dono della sapienza; nulla di male a dare un’interpretazione di questo genere al brano evangelico però potremmo cambiare prospettiva e pensare che quell’uomo, quel mercante è Cristo e il tesoro, la perla sono io, siamo noi perchè Dio ci considera preziosi!

Ci credo a questo? Spesso i viviamo da seppelliti, sotterrati perché non pensiamo di valere mentre Gesù viene a cercarci e a stanarci e ci dice: “ma lo sai che tu sei importante? Tu ci credi che sei figlio di Dio?”.

Il brano di Matteo ci mette davanti alla verità e rivela la nostra autentica immagine, chi siamo davvero: persone preziose per Dio poichè siamo suoi figli! Sovente viviamo male perché non crediamo di valere e per questo ci buttiamo via, restiamo rintanati, nascosti proprio come il tesoro o la perla. Gesù si è fatto uomo, è venuto in mezzo a noi, ha annunciato una Buona Notizia, è morto in croce ed è risorto, ha compiuto tutto ciò per venirci a cercare e svelarci in modo molto concreto che gli stiamo a cuore.

Io ci credo che sono un tesoro, una perla per Dio, che la mia esistenza è preziosa e per questa ragione non va lasciata seppellita, inespressa ma deve venire alla luce? Forse uno dei peccati più gravi è quello di non sapermi accorgere del mio valore, della mia vera identità e questo fa sì che mi svaluto, che mi convinco che non ho nulla di importante da offrire, che se io esisto o meno non fa alcuna differenza mentre Gesù viene a cercarci e ci dice: “Oh! Ma vuoi convincerti che tu vali, che la tua vita è preziosa, che non puoi e non devi sprecarla!”.

La parabola del tesoro nascosto del 1630 è un quadro dell’artista Rembrandt Harmenszoon van Rijn noto semplicemente come Rembrandt (1606-1669).

L’Olanda in quel periodo era la più importante potenza economica mondiale grazie alle sue flotte navali e ai commerci e questo aspetto influenzerà anche l’arte poiché strettamente collegata con la storia e l’economia. Borghesi e mercanti erano la classe dominante, il protestantesimo la faceva da padrone e i pittori iniziano a creare opere ispirandosi alla vita quotidiana, a scene domestiche, a persone comuni non ritraendo più sovrani, papi o soggetti religiosi.

Rembrandt però ad un certo punto si discosta da tutto ciò per dedicarsi a numerosi ritratti ed autoritratti con i quali cercava la vera identità della natura del’umana. Scavando nella propria anima e in quella del soggetto che ritraeva, cercava l’espressività ed è per questo che utilizzerà sempre più, ispirandosi a Caravaggio. Il contrasto tra chiari e scuri per conferire maggiore intensità a quanto tentava di narrare. La sua ricerca per cogliere ciò che alberga nell’animo lo condurrà anche alla Bibbia, rappresentandone molte scene, come nel caso dell’opera da me scelta, conservata ed esposta presso il Museo di Belle Arti di Budapest: un uomo, dopo aver scavato, dissotterra da una sorta di buco che sembra richiamare un sepolcro, un tesoro.

Gesù viene a cercarci e a dissotterrarci per mostrarci il nostro vero valore, per rivelarci che siamo preziosi e riportarci alla luce, da un’esistenza vuota ad una piena e gioiosa, dalla chiusura all’amore, dal peccato al perdono e un giorno dalla morte alla vita eterna perché per Lui siamo preziosi. E’ per questa ragione che Gesù è morto e risorto, per stanarci dai nostri sepolcri e restituirci alla vera vita.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta.

Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte.

Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.

Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito.

Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.

 

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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